lunedì 13 novembre 2006

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Zero non è un concetto così semplice da assimilare. E’ un numero, ma in realtà non è. Si comporta in modo bizzarro a seconda di come lo usi. Se vuoi sommare o sottrarre, lui fa l’indifferente, fa come se la cosa non lo riguardasse. Se moltiplichi invece rade al suolo qualsiasi cosa. Tu puoi prendere anche il numero più grande che si possa immaginare, elevarlo a potenze assurde, fino a che nemmeno una rete di playstation riuscirebbe a contarlo, poi lo moltiplichi per un pulcioso zerino e rimani con un pugno di mosche. Questo nonostante una soubrette in televisione abbia argomentato la teoria secondo la quale 3 per 0 dia 3, sostenendo che se ho 3 cose e non le moltiplico per nessun numero, mi rimangono le tre cose. Poco ci mancava che distraesse l’attenzione del pubblico dalle sue tette.
A dividere poi, non ci provate nemmeno, che lo zero si insolentisce e smantella le basi stesse della realtà modellizzata. Insomma lo zero fa un po’ la star. Si prende anche il lusso di essere minore di uno. Se fossi una mente umanista o, come molti, matematicizzato il giusto per controllare il resto alla coop, ti verrebbe da dire che zero è minore di qualsiasi numero, non essendo nulla. E invece no (o invece zero in caso di logica binaria), zero è maggiore di –1 e pure di –2 e se è possibile, è maggiore in misura maggiore di –3. In fondo se non hai nessuna pera ne hai sempre di più di chi ha – una pera. Come si faccia ad avere – una pera, la cassiera della coop non ha saputo spiegarmelo.
Nonostante questo lo zero ha sempre avuto un’accezione negativa. A scuola simboleggia il peggior risultato conseguibile. Quando si vuole rimarcare un certo astio sommato al già umiliante voto, lo si corredava con l’aggettivo “spaccato”. Persino la storia ricorda gli zero, aerei usati dai giapponesi per schiantarsi carichi di bombe sulle navi americane, come simbolo dell’annullamento, della distruzione.
Ma da dove arriva sto numero decisamente troppo presuntuoso per rappresentare niente? Pare siano stati gli arabi ad introdurlo, scopiazzando però la numerazione posizionale agli indiani (non quelli d’america, quelli d’india, come i fichi). In realtà i Maya, già molti secoli prima, rappresentavano una posizione vuota con una conchiglia o una chiocciola, simboli ricollegabili, insieme alla spirale, alla rinascita e in qualche modo legati a un simbolismo uterino (sempre là si va a finire, pure con la matematica). Gli egizi invece non lo conoscevano (lo zero non l’utero), anche se qualche scriba lasciava uno spazio vuoto tra gli ideogrammi per indicare la mancanza (non dell’utero, di un valore numerico). Probabilmente perché questo antico e saggio popolo aveva qualcosa contro le figure tonde, forse avevano problemi di linea.
Lo zero vive oggi un periodo di nuovo fulgore, trovandosi a sostituire consunte locuzioni, esprimendo lo stesso concetto, ma in maniera molto più sexy. Per esempio, dopo che quelli che ne sanno di marketing hanno sentenziato che se si dice che una cosa è gratis il consumatore medio percepisce un infimo livello qualitativo del prodotto, la parola gratis è stata sostituita da zero spese. Anzi zerospese che è ancora più sexy. Che vantaggio di marketing ci sia nel rendere più accattivante una cosa che, in teoria, è comunque gratuita, non mi è dato capire.
Un apparato meccanico che non inquina si definisce zero emissioni. Se poi lo comprate in un centro commerciale globale potreste anche pagarlo in comode rate interessi zero. Vantaggio talmente eccitante da farvi snobbare tutti quei TAG TAEN scritti in corpo 3 (che è più grande di zero) in fondo al volantino fatto con carta zero cellulosa naturale (poi magari è fatta con midolli di cuccioli di foca).
Lo zero è il vero nuovo confine dell’immaginario collettivo. Una volta ti allettavano con grandi numeri. Facevano a gara a chi ti offriva di più. Compri un materasso? Io ti regalo una bici, un televisore, una macchina fotografica, un telescopio, una batteria di pentole, una da suonare e un criceto della Patagonia. Grazie, ma io avevo bisogno del materasso, se mi metto a pedalare, suonare, fotografare e cucinare criceti della Patagonia, quando cazzo dormo? Adesso è tutto il contrario: il miglior offerente è quello che ti toglie più complicazioni. Compri la mia macchina? Non dovrai pagare l’assicurazione, il bollo, niente tagliandi, pulizie, cambi gomme, insomma dovrai solo guidarla, ma tra un po’ ti levo anche 'sta seccatura. Una zeromacchina.
Ci sono troppe cose al mondo, ce ne saranno tipo più di cento e nessuno sa dare un senso a tutta questa moltitudine. Il niente è più facile da gestire e la gente è stanca. Il nichilismo trova così una forza e un senso tali da negare se stesso, donandosi così una nuova vita eccetera eccetera.
Nella lingua inglese ci sono tanti modi per “chiamare” lo zero. Il nome della cifra è “nought” (si pronuncia nout) oppure, in modo originale, “zero” (originale perché si pronuncia sziro), ma leggendo una sequenza di numeri, si usa “o” (si pronuncia o). Dando risultati sportivi viene usato anche “nil” (dal latino nihil, niente), tranne che nel tennis, dove si usa “love”. Sì proprio la stessa parola usata per chiamare l’amore (solo con la o chiusa, la o però è anche il simbolo dello zero, che per i Maya aveva una radice uterina, quindi la o chiusa di love… va beh lasciamo stare).
Nel dolce naufragar nel mare dello zero, mi sono arenato. Arenato zero.
In un momento di opacità mentale mi sono chiesto perché, una volta, tutti i numeri telefonici privati cominciavano con lo zero. Ho afferrato il cellulare, ho digitato 0, invio. Una voce ben modulata (tanto da non farmi capire se fosse maschile o femminile) si è rivolta a me come se stesse aspettando la mia chiamata.
“Io posso darti qualsiasi risposta, ma tu puoi farmi una sola domanda, quindi pensaci bene”
“Qual è la domanda più sensata che potrei farti?” Ho chiesto, senza riflettere un secondo.
Ho sentito un fragore di transistor, il tipico rumore di una rete neuronale che frigge (chissà quante volte l’avrete sentito) e sul display del mio telefono è apparsa una scritta: division by zero.

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Finale geniale. Mi ricorda un racconto di Asimov in cui al megacalcolatore universale viene chiesto, nel corso della Storia, se esiste un modo per invertire l'entropia. E il computer risponde sempre "dati insuffcienti per poter rispondere". Fino a che, di millennio in millennio, si arriva alla fine dell'universo, al nulla assoluto. E allora il computer risponde, finalmente : "ora sì!". E luce fu...

Anonimo ha detto...

Quoto Bobby per quanto riguarda la genialità del finale.

Con questo post, sei riuscito a stropicciarmi i neuroni!!(va bè che non è cosa complicata) ;-)) Il mio dilemma è il seguente: Se 0 è definibile come nulla, nel caso dell' acqua che a 0° diventa ghiaccio, 0 è da considerarsi il valore, se è vero che è nulla, il valore viene a mancare e non è più possibile spiegare l'evento....o no? Penso che qualche ragione per comportarsi da star questo segno ce l'abbia davvero!

vfiore ha detto...

:D
a me e' piaciuto di piu' 'quasi riusciva a distrarre il pubblico dalle sue tette'...

'love'=0 nel tennis perche' viene da "l'oeuf" (l'uovo) con cui i francesi indicavano lo zero in ambiente tennistico. giuro, non lo invento.

ciao - v.