lunedì 10 dicembre 2007

Fette di San Daniele stagionato


A quanto pare sono stato profeta in blog. La settima scorsa ho espresso il mio disappunto per il cattivo gusto e per l'inutile volgarità da spogliatoio maschile di Luttazzi. Ho rischiato perché i paladini della libertà non accettano che a qualcuno non piaccia Luttazzi. Ti deve piacere altrimenti sei contro la libertà. Mentre rimuginavo su questo concetto venendoci per nulla a capo è accaduto l'ennesimo dramma, l'ennesimo atto liberticida: Luttazzi non può fare quello che vuole!
Ormai è chiaro: Luttazzi ce l'ha con i cattolici perché perdono tempo a venerare un Dio inconsistente quando potrebbero dimostrarsi più ragionevoli venerando lui. La megalomania del comico è paragonabile solo alla sua furbizia. Quando anni fa si fece salvare la carriera da Berlusconi era ormai alla frutta. Aveva finito tutte le battute (quelle di Woody Allen intendo) ed era costretto a sembrare trasgressivo mostrando merda in diretta TV. Grazie al cielo arrivò l'editto bulgaro e il buon Daniele, dopo aver messo in piedi una pantomima vittimistica degna di greche tregende, inanellò una serie di “tutto esaurito” in teatro con uno spettacolo composto di due ore di insulti a Berlusconi. Non due ore di satira, due ore di insulti. Intanto procedeva il suo cammino verso la beatificazione.
Tornato al catodico grazie a La7, emittente talmente libera che non si fa problemi a trasmettere un'intervista di Daria Bignardi a Fabio Volo ripresa da 17 telecamere per contenere i rispettivi ego, il comico si fa notare per la squisitezza della sua ironia. Il punto più alto della sua espressione picaresca lo raggiunge con la fine (non finissima, ma fine) immagine di Ferrara su cui Berlusconi e Dell'Utri pisciano in allegria mentre Previti gli caga in bocca. Questa ossessione scatologica deve avere qualcosa a che fare con quella che Freud chiamava “fase anale”. Inspiegabilmente questa perla di poesia lo rende il primo caso di censura dell'intera storia di La7.
Luttazzi è di nuovo alla frutta. Ha finito le parolacce disponibili, nonostante un corso di bestemmia comparata tenuto nelle campagne venete, ed ora cerca il nuovo dittatore di cui sentirsi vittima. Berlusconi non è più il male assoluto. Chi può quindi prendere il suo posto? Ovviamente la Chiesa. In un'intervista a Repubblica, Luttazzi dichiara che il vero motivo del suo licenziamento è una sua critica all'enciclica “spe salvi” di Benedetto XVI e non gli insulti a Ferrara. In questo modo si garantisce un futuro di libri e spettacoli teatrali impostati sul “sono vittima dei poteri occulti della Chiesa” cavalcando l'anticlericalismo che oggi fa molto aperitivo.
Ma di questa critica non v'è traccia nella memoria di alcuno e l'enciclica l'ha letta solo Paolo Mieli. Nell'intervista Luttazzi si scaglia inspiegabilmente contro Ferrara. Inspiegabilmente visto che ha affermato che non è Ferrara la causa del suo allontanamento. Facendo questo non manca di autoparagonarsi ai grandi della satira, da Ruzante a Dario Fo senza ritegno né un minimo di autocritica. Afferma anche che purtroppo la gente non arriva a capire la vera ironia (cioè la sua). Io ci posso anche stare. Mettiamo che la sua sia satira e che per assurdo faccia persino ridere, ma se la gente non la capisce il problema, da un mero punto di vista matematico, è suo non delle persone. Se vuole comunicare alle masse bisogna che elabori un sistema che arrivi a tutti o almeno ai più. Altrimenti si dovrebbe accontentare dei suoi teatri, del suo blog, della sua nicchia insomma. Come fanno tantissimi altri grandi artisti, non compresi dal popolo bue e che si accontentano dei pochi eletti che li stimano con devozione. O dobbiamo per forza tutti capire e ridere a ogni suo piè sospinto altrimenti siamo dei cerebroesenti fascisti?
Da tutta questa situazione ne deriva la solita scena madre. Se in Italia esistono milioni di disoccupati è un buono spunto per insultare Berlusconi o chi per lui, se il disoccupato è Luttazzi allora siamo in presenza di fascismo (Luttazzi ha definito “cilena” l'interruzione del suo programma) e tutti, compresi i disoccupati di cui sopra, si devono mobilitare per salvarlo e glorificarlo.
Deriva anche, tipicamente, che la censura verso il comico è sintomo della presenza di un regime ignorante e oscurantista, da cui però si riesce ad ottenere vantaggi economici e di immagine, mentre i poveracci bannati dal suo democraticissimo blog perché in aperta e civile critica con lui, sono semplicemente l'esercizio del far tacere degli stupidi stolti.
Qui non siamo in Cile. Qui si può dire praticamente qualsiasi cosa e ce ne accorgiamo stupefatti ogni giorno. Allora basta con questi furbi vittimismi. Se un artista, un giornalista, uno scrittore, si mette in gioco deve giocare. Se non vuole stare ai soliti schemi è giusto che rischi ed è già un privilegio per pochissimi, di questi tempi, avere l'occasione e le spalle coperte per rischiare. E se si rischia si deve essere consapevoli delle possibili conseguenze e avere un minimo di dignità per affrontarle e non piangere come un'aquila. Come hanno fatto tutti i grandi, visto che lui si ritiene tale.
Spero che questi stagionati mezzucci d'avanspettacolo non ingannino più nessuno e che qualcuno cominci a togliersi le fette di prosciutto dagli occhi e capisca chi ha davvero motivo per lamentarsi in un paese come il nostro. Un paese in cui le persone non possono scegliere il modo in cui curarsi, non possono scegliere chi li governerà e nemmeno se vivere o no. In situazione così drammatiche stiamo ad alzare gli scudi contro i nemici della libertà perchè uno non può dire in televisione che Previti caga in bocca a Ferrara. Guardiamoci un po' intorno e insolentiamoci per le cose importanti.

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giovedì 6 dicembre 2007

Le sorelle Grammatica


Un'altra giornata fuori da me stesso è finita e mi accingo a rientrare a casa, con l'espressione inconfondibile che ha uno quando si accinge. Salgo le scale pensando che “salire le scale” è un po' come “dormire un letto” e di fronte all'uscio capisco che la transitività dei verbi è qualcosa di invidiabile. Anche io vorrei essere transitivo. Vorrei poter crumanare qualcosa. Invece sono solo transitorio.
Infilo la chiave e apro la simpatica porta. Simpatica porta è un complimento oggetto. Prima di me entra luce a sufficienza per vedere che dentro è buio. Questa frase invece è un anacoluto. O un sicomoro, non mi ricordo mai. Uno ce l'ho in giardino, l'altro è quando non ci pigli con i soggetti e non si capisce chi faccia che cosa.
In fondo alla stanza due puntini luminosi e minacciosi mi fissano. Potrebbe essere il mio gatto o i led di standby della mia accroccaglia elettronica. Led è una parola straniera (quindi probabilmente trattasi di luci allo xeno), ma usata in italiano perde le regole della lingua madre. Quindi dico i led, non i leds. Se no dovrei anche dire i Leds Zeppelin.
Premo l'interruttore della luce che era proprio dove la mia mano si ricordava e di colpo smette di interrompere (l'interruttore non la mano). La stanza fa uscire il buio. Credo sia andato di là. Tutto tranquillo: “niente – penso – anche oggi ho dimenticato di lasciare il gas aperto”. Scopro anche che cos'erano quei due puntini luminosi. Era il mio gatto in standby. Faccio meccanicamente i gesti che accompagnano ogni rientro. Mi sfilo la giacca e la ripongo ordinatamente sul divano. Vicino alla padella per le piadine. Innaffio l'anacoluto e punto il telecomando verso la televisione, il cui schermo nero per un attimo riflette l'immagine di un tizio che mi somiglia molto e che mi punta un telecomando. Io però sono più veloce di lui e lo cambio prima che lui cambi me. Credo.
Il tizio è cambiato. Ora è la pubblicità di una bevanda che mette le ali. Deve avere in qualche modo a che fare con degli assorbenti e con quella pazza incosciente che in quei giorni si lancia con il paracadute. Certo lei sta tranquilla perché se succede qualcosa ha l'assorbente con le ali, ma se ha un incidente i soccorritori non capiscono se sia ferita o se sia proprio nel periodo in cui il flusso è più copioso.
Nella pubblicità si vedono quattro Re Magi recare doni al Bambinello. Il Magio (o il mago? Forse il magho) di troppo è munito di lattine di Red Bull. Avrebbero anche potuto farle portare al terzo, tanto nessuno ha ancora capito che cosa sia la mirra. Io lo so, ne ho una dozzina di lattine in casa.
Capire la grammatica delle cose è importante come capire le cose della grammatica. È importante sapere perché “qual è” si scriva senza apostrofo anche se il correttore di word non lo segnala. O capire che “eco” è femminile anche senza conoscere la mitologia, perché una cosa che ha sempre l'ultima parola non può che essere femminile. Perché a volte un dettaglio può stravolgere un significato oltre ad uccidere una poesia. Per esempio nelle domeniche messaline della mia infanzia (nel senso che andavo a messa non che mi prostituivo), mi ero convinto che rispondendo alla formula di congedo “andate in pace”, la gente dicesse “andiamo grazie a Dio”, condividendo la mia noia di ragazzino spiritualmente limitato. Ammetto di aver reso poca grazia.
Quello che ho capito è che la Red Bull è una bevanda che ti permette di vivere le due ore successive all'ingerimento, con un'energia e una vitalità che ti ricordano i 24 dicembre di quando Babbo Natale esisteva ancora. So anche almeno 2 leggi della termodinamica e un emendamento sull'entropia. Abbastanza per capire che da qualche parte nella tua vita vivrai morto per due ore o, al limite, rantolante per quattro.
A qualcuno però l'esegesi commerciale della Bibbia è andata di traverso e ha voluto far cessare questo carosello di blasfemie. La cosa, come al solito, ha fatto cadere il mezzo sigaro di mano a molti intellettuali. Io che non fumo e intellegisco poco più del mio gatto (solo quando è in standby) mi chiedo invece perché i pubblicitari della Red Bull non abbiano raffigurato una lattina del loro elisir nel centro della Kaaba. Forse per paura di ritrovarsela infilata in un posto dove le ali non servono. Nella mia alatissima ingenuità mi chiedo anche perché quelli col sigaro pendulo, non abbiano proferito parola quando il popolo bue e asinello ha chiesto la condanna a morte per una insegnante rea di aver chiamato un orsacchiotto Mohamed. Forse per paura di ritrovarselo infilato dove di miele proprio non v'è traccia se non digerito.
Io una volta ho conosciuto un Mohamed. Mangiava prosciutto fingendo di credere che fosse insalata rossa e beveva superalcolici di nascosto anche se non capivo da chi. Così mi è venuto da pensare che per quanto l'uomo mantenga una prosopopea superiore a quella di un peluche, il pupazzetto in questione ha sicuramente offeso la religione meno del mio amico Mohamed. Eppure nessuno ha chiesto la condanna a morte per chi l'ha chiamato così.
Che la censurabilità di un evento sia in proporzione consona al numero di schiaffoni che si rischiano è fatto ben noto ormai da tempo, sebbene si fatichi molto ad ammetterlo. Questa legge di natura umana non vale solo per la religione. Recentemente (principiare con un avverbio è consentito ma spocchioso quasi quanto usare il verbo principiare) uno spot che vede protagonista Buffon ha suscitato una ridda di polemiche. Io pensavo a causa del fatto che utilizzare uno con l'espressione comunicativa di un barbagianni fosse un affronto mediatico. Invece il problema risiedeva nel fatto che il buon Gigi appare abbarbicato su di una impalcatura indossando sì il caschetto protettivo, ma privo dell'imbracatura di sicurezza che lo salverebbe dal precipitare in situazioni terra terra e con la tomaia delle calzature non a norma (adoro il lemma tomaia, sa di nativo americano).
Nessun risentimento invece per Daniele Luttazzi che, in seconda serata, parla affabilmente di una donna che ricambia l'affetto del proprio cane donandogli sollazzo con quella che Eco chiamerebbe fellazione danese (o “al danese”), usando però termini alla cazzo di cane.
Buffon è uno che si sa dove va a parare. Non è un intellettuale e vende Fiat (probabilmente è anche un rapporto di causa ed effetto), quindi non può essere trasgressivo. Daniele Luttazzi invece dice non esserlo (un intellettuale non una Fiat) per sembrarlo e vende se stesso. Quindi nessuno gli dice niente per non apparire poco intelligente o Berlusconi. Io che lo sono (Berlusconi) dico tranquillamente che Luttazzi è uno che ha preso tutte le battute di Woody Allen e le ha infarcite di cazzofigatetteculo, ottenendo l'ottimo risultato di farsi ascoltare da quelli che capiscono le battute di Woody Allen e da tutti gli altri che ridono solo sentendo uno che dice cazzofigatetteculo in televisione.
Resto qui. Seduto sul mio divano, vicino alla padella e alla giacca e, non per dare giudizi affrettati, ma preferivo quello che mi puntava il telecomando. Oh questa è una preterizione: quando cioè si dice di non voler fare una cosa ma, indirettamente la si fa. Spesso è seguita da un'allegoria. Per esempio: non voglio dire che sei uno stronzo, ma galleggi con una certa scioltezza. In questo caso si intravede sullo sfondo anche un sillogismo, ma qui si sconfina nella grammatica spinta. Roba da seconda serata.
Una cosa l'ho capita: la grammatica e la vita sono sorelle. Tu te ne stai lì bello tranquillo, senza pretese, senza dare fastidio e tutto d'un tratto ti parte un congiuntivo talmente insolente da far finire tutta l'accademia della crusca in un pappone per bovini, e ti accorgi che erano tutti lì pronti ad indicarti col dito. Questo è un pleonasmo in quanto “col dito” è un dettaglio inutile, come in “uscire fuori” o “salire su”, “pensare con la testa” invece va bene perché è dimostrato che si può pensare con parti del corpo alternative. Forse è per questo che Luttazzi le nomina sempre.
Mentre tutti ti mettono alla berlina (se sei solo, altrimenti alla station wagon) ti accorgi che c'è uno, nemmeno troppo lontano da te, che parla che non si capisce niente e tutti lo acclamano e si annuiscono intorno. Vuoi per paura, vuoi per gloria di prossimità.
La gente sono tutti matti. Siccome io sono io (tautologia da pezzente) questo è uno strafalcione, ma fossi figo, sarebbe una costruzione ad sensum.

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