venerdì 31 marzo 2006

BerluscoMni


"Ancora co 'sto berlusconi, mario? Te sei malato mario!"

Cinzia Leone
Berlusconi è basso. E pure pelato. Lo sapevate? Queste due notizie svettano nella classifica delle cose più “sapute” al mondo, immediatamente dopo la nascita di Gesù ma prima dei Beatles e del video amatoriale di Pamela Anderson e Tommy Lee. Nella mia personale hit list di cose interessanti, si trovano invece subito dopo le avventure di Zequila (ma non era un cane? Zequila e Bonetti?) e se la giocano con l’abomaso (uno degli stomaci dei bovini). Il perché non si riesca a passare una giornata senza che qualcuno faccia cenno a queste cose è un totale mistero per me. Io personalmente non ne posso più di sentir parlare del nanerott…del presidente del consiglio. I suoi sostenitori non discettano d’altro, i suoi detrattori pure. Gli uomini di satira (menti sopraffine) fanno le stesse identiche battute in continunazione e la gente……ride! Ma cosa ti ridi?? Ma come si fa a ridere ancora a un’uscita sull’altezza di Berlusconi?? E’ come se ti raccontassero la stessa baerzelletta tutti i giorni e ti contorcessi puntualmente sul pavimento reggendoti l’epa. E poi si lamentano che ha troppa visibilità!!! In Italia c’è la censura?? Se sono queste le cose di cui la gente vuole sentir parlare…magari ci fosse! E santo cielo, basta martirizzare Santoro. Se n’è allegramente andato a fare l’europarlamentare percependo due lauti (non bruno) stipendi, quando si stuferà tornerà a parlare e i media si scanneranno per averlo grazie alla centuplicata fama che gli ha donato l’essere stato licenziato….da Berlusconi! Andate a chiedere a Fo o ar mitico Funari che cosa significa essere davvero emarginati. Andatelo a chiedere a bravi medici che si vedono scavalcati nella carriera dai duca conti Serbelloni Mazzanti Viendalmare. Possibile che l’argomentazione più incisiva che i critici e gli ironici opinionisti riescano a trovare sia la bandana o le canzoni di Apicella? Possibile che per apparire sarcastico e intellettuale, l’unico sistema sia buttare lì una freddura sul Silvio biscionato, di qualsiasi cosa si stia parlando? “Vedete, queste pianure sono ormai glabre a causa del disboscamento selvaggio e dell’autocombustione….certo non glabre come la testa di Berlusconi” E giu a ridere come campeggiatori ubriachi. Questa non è satira, è sindrome ossessivo – compulsiva. Da manuale. Immediatamente dopo si finisce a spegnere e accendere 17 volte la luce della stanza che si sta lasciando. Qui i casi sono due: o pensano che la gente sia rimbambita oppure la situazione è quella che descriveva il Guzzanti-Rutelli quando diceva “Ah Berluscò, ricordate degli amici!!”. Si dice in giro che gli italiani non si interessino più di politica. A parte che non è che la politica si interessi molto agli italiani, ma si riuscisse a trovare un posto dove se ne parli!! Non si può sfuggire…. Accendo la televisione, al telegiornale parlano del premier, provo un programma comico, Zelig, tutti fanno battute su Silvio, un altro programma di intrattenimento: il tg4, ancora il cavaliere. Esco compro un giornale di destra. Parlano di quanto sia bravo il Berlusca. Ne compro uno di sinistra. Mi spiegano che è un ladro anche nelle pagine sportive. Vado a teatro, c’è lo spettacolo di un comico: Cornacchione, è TUTTO su Berlusconi. Forse è meglio il cinema c’è un film di Moretti (che è in giro per tv e radio a fare marchette, come Benigni, come Boldi e De Sica), è su Berlusconi. Torno a casa, meglio che mi colleghi ad internet. Guardo un blog, il mio. C’è un nuovo post…..parla di…..

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mercoledì 29 marzo 2006

Party in soggiorno con lei


Mio cugino mi ha detto di uno che col passaporto in mano era andato in aeroporto per prendere l’aeroplanino mi pare per Richmond, Virginia, e manco gli avevano fatto fare il check-in perché ci voleva un passaporto speciale. E di un altro sbarcato mi pare a Denver, Colorado, e rimbalzato al mittente come un cane arrabbiato perché ci voleva un passaporto speciale. Mio cugino mi ha detto che coi passaporti per gli states è cambiato qualcosa, e siccome in america voglio andar mi sono allungato sino all’ufficio passaporti della questura a chiedere se è vera ‘sta storia che gli yankee ti rimbalzano se non ci hai ‘sto benedetto passaporto speciale e poi speciale in cosa, di grazia?
Un signore molto garbato e disponibile ed esauriente nell’esporre i fatti si è rivolto a me dandomi del lei, come si fa coi dottori, e mi ha detto che sì, ora per l’ingresso negli USA serve il passaporto a lettura ottica, mentre il mio non lo era (come pure non lo era quello dei rimbalzati in dogana di cui narrano i cantastorie).
Dentro di me s’è aperto un interrogativo: tutti leggiamo con gli occhi e la lettura è quindi necessariamente ottica, no? Vabbè, no, date le circostanze facciamo che sia oculare. Ma allora, come me la posso sbrigare?
Il signore dell’ufficio passaporti intanto ci aveva le sue belle gatte da pelare perché erano giorni di rinnovo del permesso di soggiorno e così c’era una fanfara di cittadini che attendevano non si sa bene cosa e per qual motivo e imprecavano in idiomi incomprensibili e non sempre eufonici e poi ogni tanto vedevi qualcuno che era felice. A questi cittadini il signore dell’ufficio passaporti dava cortesemente del tu.
Che il signore dell’ufficio passaporti, a modo suo, volesse indurmi a desiderare con maggior determinazione il documento necessario a espatriare? Non si sa. Resta il fatto che i cittadini apostrofati con il tu evidenziavano un assetto elettronico esterno molto meno stabile del mio che ero apostrofato con il lei. Uno di loro mi ha pure acciaccato un piede e manco mi ha chiesto scusa (o scusi). Io non lo so se ce l’aveva con me, ma nel caso non ne vedrei il motivo.
Comunque il garbato signore che dava del tu a quei caciaroni e del lei a me silenzioso e compunto nel mio ruolo di utente, in pratica ha riassunto ed esemplificato: lei, caro cittadino, col passaporto che ci ha adesso ci va dovunque ma non negli stati uniti. Se proprio vuole andare, mettiamo, a nuova york, lei deve chiedere il visto in ambasciata e ci vogliono cento euri e due mesi d’attesa perché c’è la coda. In alternativa, lei, caro cittadino italiano libero e gaudente dei diritti civili, può richiedere ‘sto moderno passaporto a lettura ottica, e in tal caso spende meno d’una cinquantina di euri e attende solo una quarantina di giorni.
Mi sono ricordato che questa necessità del visto per gli USA c’è sempre stata, per chi viaggiava per motivi di lavoro e non per turismo. Perciò era frequente incontrare in dogana qualche cameraman con tutto l’armamentario che dichiarava bellamente di essere un videoamatore cazzone in vacanza; questo però al gentile signore non l’ho detto per non urtarlo.
Esclusa la strampalata ipotesi del visto, mi sono lasciato sedurre dall’allettante proposta da 50 euro/40 giorni. All’uopo la Burocrazia mi ha domandato la fornitura di varie cose fra cui una marca da bollo da 40,29 euri (ho pagato con 41 euri e il tabaccaio, nell’impaccio del darmi il resto, s’è mostrato schifato della mia persona), la ricevuta di versamento di 5,92 euri all’ufficio postale (ho pagato con 6 euri e l’impiegato, nell’impaccio del darmi il resto, s’è mostrato schifato della mia persona), l’esecuzione di due foto tessera (quando ho visto com’ero venuto, mi sono schifato della mia persona).
Con ciò, assodato che nulla c’entra l’italico volere con le decisioni della immigration agency americana, mi sono purtuttavia domandato perché la Burocrazia non abbia previsto la possibilità di “conversione” del mio vecchio passaporto (valido) facendomi pagare solo il nuovo libretto e le foto invece di estorcere ulteriori bolli. Infine ho molto sofferto ancorché presentando la domanda per il nuovo passaporto, ho dovuto restituire il vecchio (di tre anni), tuttora valido e pagato per buono. Ma non potevo tenerlo durante questa quaresima d’attesa del nuovo yankee-allied passport, e magari usarlo per andare, che so, a Kutna Ora, Repubblica Ceca, ove m’avrebbero accolto, anziché a Big Tuna, Texas, ove m’avrebbero rimbalzato?
No, non potevo, perché in realtà io sono talmente figo che la Nazione non vuole rinunciare alla mia augusta presenza sul suo territorio. Il Paese, senza di me, è perduto, per cui è bene che io sia dissuaso in tutti i modi possibili dal recarmi all’estero. Quindi si favorisce innanzitutto la mia amicizia col tabaccaio (che ho poche occasioni di frequentare da quando ho smesso di fumare) e con l’impiegato delle Poste (versamento per il passaporto? Si parte, eh?) che di solito frequento solo per pagare le bollette e la rata condominiale. In sostanza il Sistema preferisce evitarmi di recitare la scomoda particina dell’italo figliuolo sperso nel Nuovo Mondo, dove tutti mi irriderebbero cianciando italiano pizza spaghetti mandolino e dandomi per giunta del tu (anche se “you” vuol dire “voi”, per la verità) come se fossi un caciarone qualsiasi, mentre qui mi danno del lei e io cosa faccio, invece? Ingrato, parto.
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lunedì 27 marzo 2006

Faccio un salto a Sidney, ma', torno per cena


Tra meno di vent’anni, potrete realmente dire questa frase. Ok potete dirla anche ora ma nel 2020 nessuno vi riderà in faccia (a meno che non abitiate nelle propaggini di Sidney, nel cui caso vi risponderebbero...WHAT???). Alcuni esperimenti, portati avanti dalla Nasa, da un team anglo australiano e da ricercatori giapponesi, stanno delineando una possibile rivoluzione nei trasporti su lunghe tratte. Una rivoluzione degna della successione tra elica e motori a reazione o quella dai pantaloni a zampa alle spalline. E’ stato infatti messo a punto un nuovo motore senza parti mobili (non c’è dentro roba che gira) e addirittura senza bisogno di carburante, in grado di spingere un velivolo fino a quasi 10 mila km/h. Vi spiego in due parole il funzionamento (cioè copio la spiegazione da un sito tecnico): il motore, ovviamente a idrogeno liquido, portato ad una certa velocità (circa mach 4, che non è un nuovo rasoio con la quarta lama che se la ride) sfrutta il cosiddetto “effetto Venturi” (noto ai più) per cui l’aria (evidentemente messa in soggezione da codesto Venturi) viene compressa e passando attraverso un tubo a doppio tronco di cono (eh? che te credevi?), si incendia generando un’automatica accensione dell’idrogeno presente nell’atmosfera. Questa reazione spinge il velivolo sempre più veloce permettendogli di aspirare maggiore quantità d’aria e quindi di aumentare ancora la propulsione…e via via verso mille altre incredibili avventure. Ora la sperimentazione è in fase leggermente embrionale. Gli scienziati hanno potuto osservare solo alcuni istanti di questa reazione a causa di non meglio specificate complicazioni avio-strutturali. Comunque, per il prossimo lancio (previsto tra qualche giorno) hanno assicurato di aver stretto bene tutte le viti e di aver ricontrollato con attenzione la marca della colla utilizzata.
Io vado pazzo per tutte queste ricerche, ma soprattutto per le loro applicazioni pratiche. Nel 2020 potrete (voi perché io ho paura di volare….più di cadere che di volare) andare a Sidney in due ore. Questo significa che ci metterete di più a raggiungere l’aeroporto di malpensa dall’uscita cascina gobba che a percorrere i 20 mila km che vi separano dall’Australia. Non lo trovate esilarante? Sì perché delle cose che servono non se ne occupa nessuno. L’automobile, che è il mezzo più usato al mondo, è rimasta, salvo qualche modifica (l’aria condizionata, le benzine colorate, la luce di cortesia dietro l’aletta del passeggero ecc.), né più né meno quella che era a fine ‘800 quando è stata messa a punto. E’ un mezzo obsoleto e con un rapporto di efficienza pari a quello che avrebbe un altoforno usato per forgiare uno stuzzicadenti. E’ pesante, dannoso e pericoloso. L’80% dell’energia che utilizza è usata dall’automobile per spostare se stessa e il resto per far muovere alla velocità dell’indimenticato Paul Gaza Gascoigne, un omino che pesa 1/10 del mezzo. Nessun vero e rivoluzionario passo avanti è stato fatto in un secolo e mezzo e le città non sono adeguate al traffico automobilistico. La cosa triste è che nessuno sembra interessarsene (per motivi economici o quello che sia) a parte Beppe Grillo e Cristian De Sica che smista il traffico di considerevoli gnocche. Quindi l’impressione è che si guardi molto lontano per evitare di vedere lo schifo che abbiamo sotto il naso. Così con internet comunichiamo con aborigeni maori, mentre ci sta sulle palle il vicino di casa. Con i nuovi motori arriveremo dall’altra parte del mondo in un lampo e continueremo a vivere tre quarti della vita in tangenziale nella speranza di raggiungere il posto di lavoro prima dell’aumento delle tariffe autostradali. Perché questi strumenti non miglioreranno la nostra vita di tutti i giorni. Per esempio non potremo certo coprire con quei veivoli la tratta Firenze Pisa, perché una volta raggiunta la velocità mach 4 saremmo gia a Berlino e da li raggiungere Piazza dei Miracoli con i bus navetta è un po’ scomodo.
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giovedì 23 marzo 2006

Non CICAPiamo


Il CICAP è il comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale. Se ci fate caso gia il nome di questo comitato è vagamente tendenzioso. Il CICAP controlla “le affermazioni sul paranormale” non i fenomeni paranormali. Questo perché al comitato non interessa scoprire il paranormale….sanno gia che non esiste. Così controllano quello che si dice a riguardo (altrimenti si sarebbe chiamato CICP che in effetti non suona benissimo). Fin qui niente da obiettare, ognuno è libero di credere alla propria miscredenza (reginetta della cucina) e io stesso, l’unico fenomeno paranormale in cui ho fede è il culo della Unzicher (anzaiscer). Quello che non sopporto è l’atteggiamento odioso della gran parte dei suoi membri. Sia chiaro, il CICAP annovera tra le sue fila molti miei amici e persone che stimo violentemente, come Odifreddi e D’Amore. Quando però indossano la tutina del super scettico diventano sopportabili come una mosca ubriaca. Se provate a sostenere una qualsiasi teoria non verificabile con le leggi della termodinamica o che non sia riproducibile in laboratorio (o almeno nel tuo garage), in presenza di un membro del CICAP, costui comincerà a guardarti con un’espressione tra la pietà e la commiserazione, scuoterà la testa con fare rassegnato e cercherà con ammiccamenti e gomitini, l’approvazione di altri scettici in zona.
A quel punto non avete più scampo. I clichè sono sempre quelli: dimostrabilità, ripetibilità e Popperismi vari. E non provate a parlargli di Galilei o rischiate una denuncia per ragionamento farlocco. Potete anche semplicemente dire che trovate intrigante il fatto di aver sognato una cosa che poi è successa, e li avrete addosso come dei vampiri (che non esistono, ndCICAP) e vi addenteranno con teorie scientifiche basate su sinapsi, neuroni e una cena pesante, in grado di spiegare ogni cosa. In realtà nemmeno loro possono dimostrare che la loro spiegazione “paranormal-free” sia davvero alla base del vostro sogno (esattamente come voi non potete dimostrare di essere dei veggenti onirici), ma per qualche bizzarro motivo loro ti parlano come se tu fossi un troglodita che sacrifica esseri umani a feticci costruiti con conchiglie e loro delle menti razionali e inattaccabili. Sebbene, come detto, la loro possibilità di dimostrare scientificamente che cosa sia realmente successo sia la stessa generata dal vostro essere “paranormal-addicted”.
Comunque se vi può interessare hanno messo in palio un milione di dollari a chi dimostri l’esistenza di un fenomeno paranormale. Premio che meriterebbero anche loro se riuscissero a dimostrarvi scientificamente come abbiate fatto a sognare una cosa che è poi accaduta proprio il giorno dopo (e ripeto, dimostrare, non snocciolare possibili spiegazioni).
I miei amici che CICAPiscono si offenderanno, lo so, se la prendono sempre quando dico loro queste cose (e questo mi fa sospettare che l’ironia sia un fenomeno paranormale), ma diciamo che è la mia rivalsa per gli sguardi di compatimento che ho dovuto subire quando sondavo possibilità acrobatiche anche solo per il gusto di farlo, per non dovermi accontentare di Piero Angela e Margerita Hack. Vi starete chiedendo che cosa c’entri Dida.
Il portiere del milan, è sempre stato un fenomeno. Questa stagione non è più niente di eccezionale, para come tutti gli altri portieri, normalmente. Insomma, come dire: il fenomeno…..paranormale. Mi si controlli questa affermazione!!
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mercoledì 22 marzo 2006

Un post apposta per l'apostata


Riprendo il discorso occidente - islam approfittando del curioso episodio occorso ad un simpatico afgano che, deciso a convertirsi al cristianesimo, ha notato che le istituzioni politiche e religiose del suo paese se la sono avuta un tantino a male. Così hanno pensato che una condanna a morte avrebbe fatto riflettere a modo l'abiuratore, posto di fronte alle giuste argomentazioni. Ma non temete, probabilmente tutto si risolverà con una bella perizia e un referto che certificherà la sua indiscutibile infermità mentale. Un po' come gli indiani d'america che non uccidevano i pazzi, anche se loro non li uccidevano perchè li pensavano posseduti da entità soprannaturali.
Io non mi ci metto nemmeno ad analizzare questi avvenimenti per motivi etici (cioè non ne ho voglia), ma mi chiedo alcune cose che riguardano noi occidentali incidentali: dove sono finiti tutti quelli che si battevano per i diritti umani e per le libertà d'opinione e d'espressione? Possibile che si siano tutti arenati nelle vignette danesi (vedi post del 9/02)? O sono rimasti tutti spiazzati da Berluscomni che, avendo definito questi avvenimenti come incivili, ha costretto tutti gli intellettuali di sinistra a scegliere tra l'eurislam e l'essere d'accordo con lui (bel dilemma). Dopo i fatti di danimarca (dove notoriamente sussiste del marcio) l'europa ha chiesto scusa, dicendo che bisogna essere più rispettosi verso i valori degli altri. E' evidente che questo rispetto non è reciproco...ma voglio rispettare anche questo. Ma perchè diamine ci affanniamo per l'integrazione con una cultura che non sembra interessata ad integrarsi? E adesso che abbiamo dimostrato di chinare la testa, tutti ne approfittano. Gheddafi (padre del noto calciatore), visto l'andazzo l'ha buttata lì: italiani, o mi costruite l'autostrada per andare al mare o vi mando i kamikaze!! E' vero che qualche annetto fa un discreto numero di disastri li abbiamo combinati in Libia (poi abbiamo, non era nata nemmeno mia madre, che ci mandassero Alessandra Mussolini con le betoniere e gli stendicatrame), ma qualcuno mi sa spiegare perchè proprio ora queste pretese e soprattutto perchè dietro minaccia di morte? Dove finiremo? Dove sono quelli che insultarono la Fallaci quando parlò dello spettro dell'eurislam? Non vedo l'ora che finisca sto petrolio e che si inventi un'energia a flautolenze, così basterà fare qualche grande fratello in più.
Ieri mi ha chiamato uno di Casalpusterlengo, mi ha detto che gli prude il culo e che se non vado a grattarglielo mi coibenta un femore.
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martedì 21 marzo 2006

Una volta per tutte...

  • Qual è si scrive senza apostrofo
  • Il pesce che ha inghiottito Geppetto (nella favola di Pinocchio) non è né una balena né uno squalo, ma un tonno
  • Eco è femminile al singolare e maschile al plurale
  • Einstein quando andava a scuola non era affatto un somaro in matematica
  • Summit è latino, non inglese
  • Garibaldi non era esattamente uno stinco di santo
  • Giocando a pallacanestro non si diventa più alti
  • Halloween non è un'invenzione americana
  • Non fu Balto l’eroe della staffetta dei medicinali
  • La foresta umbra non è in umbria
  • Redipuglia non è in puglia
  • Tanto va la gatta al LARDO non a largo

…..e inoltre…..

  • La medicina il poker e il tiro al piattello, non sono scienza
  • Il nichilismo sì (ossimoro)
  • Il fuoco coi legnetti non si può fare
  • Gillette non era un amico di Occam
  • L’87,9% delle statistiche è falso
  • Le streghe non esistono, ma a volare, volano
  • “Dio è morto” - F.W.Nietzsche -
  • “Nietzche è morto” - Dio -
  • Fisicamente i calabroni non potrebbero volare, ma loro non lo sanno
  • Bisognerebbe dirglielo
  • Al mio dentista il caval donato gli fa schifo
  • Amanda Lear è una donna (me l’ha detto un mio amico…o amica)
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sabato 18 marzo 2006

MIG (Men In Gray)


Lavorando in una multinazionale, capita spesso di entrare a contatto con personaggi di varia natura. Una specie umana che merita sicuramente qualche considerazione è quella dei consulenti, categoria assai discussa (e sulla quale girano quasi più barzellette che sugli ingegneri, con l’aggravante che le categorie molto spesso si sovrappongono) e molto spesso bistrattata.
Quello che mi piacerebbe fare è indicarvi pochi ma buoni elementi distintivi, che vi mettano in condizione di riconoscere a quale livello della “piramide” è collocato il signore vestito di scuro che siede a fianco della vostra scrivania…

Lo junior (o assistant): è il novellino della situazione. Solitamente arriva in azienda in branco, ed è riconoscibile a prima vista per la giovane età (è sempre un neolaureato) e per l’abito scuro o troppo largo o troppo stretto, segno evidente della sua scarsa attitudine a questo tipo di abbigliamento. Lo junior macina codice (o redige slide) per ore senza mai fermarsi, ligio al dovere e speranzoso che il lavoro gli offra presto una grande opportunità. Non accantona, comunque, l’idea di andare a fare il fornaio per potersi finalmente dimenticare dei dannati diagrammi di Gant. Vista la scarsa anzianità aziendale e l’appartenenza a una casta evidentemente disagiata, il suo strumento di lavoro è un portatile vecchio di 5-6 anni, tramandato da un collega passato a miglior posizione subito prima della sua assunzione. Il cellulare è talmente “modello base” da far sospettare che sia stato rubato per strada a un bimbo di 6 anni e gli sia stato dato in dotazione previa epurazione del ciondolo luminoso di Winnie the Pooh.
Visto lo scarso “inserimento” sociale e la giovine età lo junior vive male nell’azienda in cui si trova a lavorare: viene solitamente maltrattato anche dall’ultimo dei galoppini, non dispone ancora di biglietti da visita e non trova mai uno straccio di anima pia disposta a offrirgli un caffè. Ovviamente non parla mai e altrettanto ovviamente scompare – senza che nessuno se ne accorga – con la stesso preavviso con cui è comparso mesi prima.

Il senior: è la figura più diffusa. Arriva in azienda all’alba e passa la maggior parte del tempo a rincorrere sfuggevoli responsabili di funzione sempre troppo impegnati per dargli retta. Il suo elemento distintivo è il biglietto da visita, distribuito senza economia a ogni personaggio con cui entra in contatto, e la residenza ad almeno 400 km dal luogo di lavoro, distanza che copre quotidianamente da pendolare. Avendo superato le forche caudine dell’anzianità aziendale media (che solitamente si aggira sui tre mesi) dispone di un’auto aziendale e di un telefonino che suona costantemente ma al quale non risponde quasi mai durante l’orario di lavoro. In ragione di ciò passa solitamente l’intera pausa pranzo ri-telefonando a rotazione a tutte le persone che lo hanno cercato. Il senior è sempre molto ambizioso ma porta sempre stampata sul viso un’espressione di stanchezza mista disillusione. Vede raramente la fine di un progetto, dato che una volta finito il lavoro sporco viene sostituito da colleghi di casta superiore (mai visti prima nè da lui nè dall’azienda che ha commissionato il progetto) pronti a prendersi i meriti (qualora ce ne siano) del lavoro svolto.

Il project manager: il profilo più alto dei consulenti appartenenti al genere umano. Il project manager si presenta a bordo di una berlina di grossa cilindrata, dalla quale estrae sempre due borse di pelle umana (una per gli attrezzi da lavoro, l’altra per il necessaire e gli effetti personali) e un portabiti contenente, come l’armadio di paperino, tre completi esattamente identici a quello (costosissimo) che indossa. Quando sente un trillo provenire da una delle due borse suddette, provvede a vomitarne su un tavolo l’intero contenuto, ovvero: tre cellulari (tutti UMTS: uno personale, uno aziendale, uno sempre rigorosamente spento di cui probabilmente anche lui ignora il numero), il blackberry, l’ipod e il palmare, salvo non riuscire a identificare al volo quale fosse a suonare visto che tutti i dispositivi hanno al massimo tre giorni di anzianità. Porta al polso un rolex submariner tempestato di denti rotti a gomitate, segno ineluttabile della sua scalata al successo. Il suo lavoro consiste per il 90% del tempo nell’apparecchiare il tavolo riunioni: pc ultraportatile del peso di 120 grammi, dotato di collegamento cellulare a internet, videoproiettore portatile e sistema dolby surround miniaturizzato. Il rimanente 10% del suo tempo è occupato dalla proiezione di slide incomprensibili relative a improbabili processi di rinnovamento aziendale. La sua lingua madre è lo slang italo-americo-tecnocratese: il raccoglitore diventa il repository, le mansioni sono job, le competenze gli skill, la direzione il management. Lui, generalmente, viene simpaticamente appellato come dumb.

Il partner: è una figura quasi mitologica tanto è fitto l’alone di mistero che lo circonda. Il consulente che arriva a questi livelli viaggia tipicamente con una Mercedes SL aziendale, e l’unico oggetto tecnologico che porta con sé è un telefonino di ultimissima generazione (anzi, talvolta di quella prossima ventura: capita che il telefono di cui dispone non sia ancora sul mercato e lui lo possegga “in virtu di un particolare rapporto di collaborazione con una famosa società di telecomunicazioni”) che, pur acceso, suona pochissime volte al giorno e unicamente perchè chiamato dalla segretaria. Porta al polso un orologio di marca esoterica e/o di fattura artigianale del peso di una pendola del 1900 e non ha mai bagaglio al seguito. Nemmeno una borsa, dato che per il suo lavoro non necessita di alcun computer ne tantomeno di un palmare. Reca con se solo una pregiatissima agenda di dimensioni leggermente superiori a quelle del portafogli, e la consulta solo per fissare la sua prossima apparizione (generalmente occorrente nella prossima era geologica visti i numerosi impegni) che viene rigorosamente appuntata con una mont-blanc ricavata dal pieno di un corno di rinoceronte estinto. Da del “tu” all’amministratore delegato (che in tua presenza definisce “CEO”) e lo apostrofa con pacche sulla spalla quando ai comuni dipendenti è normalmente consentito solo il saluto utilizzando il “vossia” e genuflettendosi al suo cospetto.
Non ha mai appuntamenti e/o riunioni prima delle 14, dato che è sempre all’estero e “arriva dall’aereoporto”. La sua lamentela più ricorrente è che non esiste più la business class di una volta e sostiene, con assoluta indifferenza, che l’unico modo decente di viaggiare è ormai il jet privato, mezzo su cui si trova a viaggiare sempre più spesso viste le sue frequentazioni altolocate. Ogni sua uscita presso la tua azienda è preludio di eventi catastrofici a livello organizzativo e comporta l’emissione di una fattura da parte della società di consulenza il cui importo supera agevolmente il PIL della Tanzania.
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martedì 14 marzo 2006

Homo, homini pus

"Nasciamo nudi, coperti di sangue e in lacrime. In seguito le cose si complicano"


Non fatevi ingannare. Nessuna legge, religione o filosofia è in grado di dimostrare che gli esseri umani siano uguali e qualsiasi infrastruttura sociale basata su questo equivoco è destinata a crollare miseramente. Non fraintendetemi io sono un democratico liberale disilluso nichilista e catastrofista (e pure interista! sob!). Ma se Magalli e la Unzicher (si scrive così e si pronuncia anzaiscer) fanno parte dello stesso ordine e famiglia, qualcosa che non ci è del tutto chiaro ci dev’essere. Facciamo un passo indietro: l’uomo nasce cattivo (la donna pure). O meglio, nasce quello che è, non certo quello che quel sepolcro imbiancato che chiamano civiltà ci vuol far credere che sia. L’arroganza, la presunzione, l’egoismo, l’irrazionalità, la brama di potere e possesso che i bambini incarnano con tale naturalezza, dovrebbe essere sufficiente ad avallare questa mia teoria. In seguito, l’educazione, i sistemi sociali, le leggi, la necessità e un discreto numero di paure preconfezionate, fanno di questo cucciolo di licantropo un essere più o meno civilizzato. Una volta c’erano i dittatori, ora c’è la cultura. Le cose non sono molto diverse. Ora assistiamo ad altri tipi di ribellioni ad altri complotti… quello che può fare la differenza, oggi come allora, è la consapevolezza. Fenomeno odiato o sconosciuto ai più. Per comodità, pigrizia, incapacità e a volte cause di forza maggiore. Ma è questo che rende unici e veri. Altrimenti hanno ragione “loro”: siamo tutti uguali. E allora avrebbero anche senso tutti quegli alibi: è colpa della società, la droga, il disagio giovanile, i conflitti generazionali, questo o quel partito, le istituzioni….ma dietro a tutte queste parole c’è sempre l’uomo, il resto sono fantasmi. Non serve cercare la soluzione al problema droga, se non si affronta il problema uomo, sin dalle piccole cose. E’ come curare il vomito dato dall’epatite senza curare l’epatite. Basta filosofia, cerchiamo di essere più pratici….. vi propongo un esperimento. Ora vi illustrerò una giornata tipo di molte persone citando vari episodi. Provate a pensare a quanti di questi avvenimenti capitano anche a voi….. o ne siete autori.
Esco la mattina, prendo la macchina e alla prima curva rischio il frontale con uno che guida in mezzo alla strada (pare che il santo graal custodisca anche il magico segreto della curva a sinistra). Cerco di fargli notare il mio disappunto, ma lui, se è solo fa finta di niente, se è con una donna, mi insulta con aria da macho minacciando un’inversione a UUUU e un inseguimento alla miami vice. Giungo a lavoro, dove quattro impiegati dediti all’antica arte di non fare un accidenti ed evitare qualsiasi incombenza (solitamente in concomitanza con il perpetuo lamentarsi delle condizioni disumane in cui sono costretti a lavorare), mi rifilano tutte le cose che dovrebbero sbrigare loro, accampando scuse che spaziano dall’allergia al sudore al blocco cardio respiratorio. Pausa pranzo. Mi dirigo al bar, facendo lo slalom tra mamme inferocite all’uscita delle scuole e macchine parcheggiate persino sugli handicappati (si, non sui posti a loro riservati, proprio su di loro). Ma non perché ci sia una crisi di posti macchina, solo per poter fare 3 passi invece di 30. Le stesse persone che poi trovi la sera in palestra a sollevare 100 kg di panca. Entro nel locale. Tutte le persone presenti si girano e mi guardano per circa trenta secondi con l’espressione appena più idiota di quella di ciccio di nonna papera e la bocca semi aperta. Mangio. Fortunatamente non succede più che il povero bistrattato fumatore di fianco a me, finisca di nutrirsi (senza fumare perché gli da fastidio) e si accenda una sigaretta proprio mentre arriva il mio piatto di pizzoccheri. Grazie al cielo può rimediare facendosi squillare il cellulare con la lambada a tutto volume ed intrattenendomi con chiacchiere insulse urlate a tutto il locale (4° principio della termodinamica: più sono idiozie più vengono dette ad alta voce). Pago a una cassiera che mi tratta come se mi stesse facendo un favore. Esco e faccio un salto all’ufficio postale. In fila, il perfetto sconosciuto che ho dietro, borbotta inveendo contro lo stato, le poste, il tizio allo sportello, i clienti che ci restano più di 4 secondi, Berlusconi, Blatter e sua suocera (del tizio non di Blatter). Il tutto cercando la mia approvazione. L’impiegato (che ha scelto di lavorare alle poste. Poteva debeccare i polli, ma no, ha fortemente voluto fare l’impiegato alle poste) ritiene superfluo salutare, rispondere in modo appena percettibile alle mie domande e togliersi quell’espressione da pit bull in gabbia dalla faccia. Lui è l’unico essere al mondo che lavora e ha grane da gestire, ma per fortuna ha me per farmelo pesare. Ora capisco perché hanno di fronte un vetro anti proiettile. Tornando in ufficio, un tizio con una spider mi si mette talmente vicino che nello specchietto non lo vedo. Se non fosse per quei simpatici fari allo xeno che mi stanno bruciando il cristallino. Ha ovviamente due ruote nell’altra corsia, ma non sorpassa, non se la sente. Dal finestrino brilla il rolex daytona comprato in corea su ebay. E’ al telefono, sta parlando di quanto faccia schifo l’economia italiana per colpa di Tremonti. E dalla radio esce la musica scaricata da internet perché le case discografiche sono ladri. Finalmente mi sorpassa. Mi saluta lanciando con classe un mozzicone acceso di sigaretta (se no sporca la macchina) uccidendo un motociclista e dando fuoco alla foresta umbra (ma il suo posacenere è un amore per quanto è pulito). Arrivato a lavoro, passo gran parte del tempo a cercare di capire perché la gente si impegni tanto per cercare di far provare al prossimo l’esperienza di brokeback mountain (vedi post del 24 Febbraio). Fine giornata, mi rimetto in viaggio. L’autostrada che ho contribuito ad allargare con valanghe di euri di pedaggio, è ristretta da una fila di pecore marchiate “io sto dove mi pare alla velocità che voglio”. Tentando di evitare questi ingombri ci si imbatte in uomini a 8 cilindri attaccati alla leva del lampeggiante che sopperisce alla precoce polluzione. Alla prima curva però (talmente facile che la potresti fare a bordo di un 747) te li ritrovi incollati ai freni, gialli come la loro carta oro. Finalmente a casa, dove i vicini descritti al post del 3 Marzo, danno un senso tutto nuovo al concetto di serena convivenza.
Mi sono limitato a situazioni “normali”, evitando contesti tipo ospedali, palazzi di giustizia, università, cessi pubblici (che sarebbero ancora più spassosi).
Dunque. Quanti di questi episodi vi sono familiari? Se riconoscete oltre l’80% delle situazioni, andate avanti a leggere, altrimenti ditemi dove abitate e compilatemi un permesso di soggiorno.
Provate ora a traslare questi atteggiamenti ottusi e opportunistici negli ambienti di potere e controllo (di qualsiasi tipo). In quei contesti ci sono persone come noi, come quelli descritti in questo quadretto, non ci sono alieni. Ora la situazione mondiale vi appare più ovvia? Come si fa ad affrontare piaghe universali se non riusciamo nemmeno a comprendere che fare 27 passi in più cambierebbe completamente la vita a un disabile? E’ a questo livello che bisognerebbe agire, se ci fosse materiale su cui lavorare.
Non vi deprimete. C’è una spiegazione a tutto questo e c’è il modo di affrontare e vivere la realtà in un modo nuovo, a un livello diverso. Io so come. Però non ve lo dico, così posso continuare a dire quanto fa schifo il mondo e non stare a pensare quanto schifo faccio io.
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lunedì 13 marzo 2006

Il trono dei desideri


Di mestiere faccio il barbiere e questa mattina mi sono accuratamente tagliato le sopracciglia. Nella vita non si deve mai smettere di inseguire i propri sogni. Non è che me le sono tutte rasate, le sopracciglia, le ho solo tagliate in modo da renderle sottili sottili e quindi alla moda, trendy, di tendenza, da supergiovane d’oggi alla qual categoria io sento con fermezza d’appartenere. Alcuni treni passano e dobbiamo prenderli al volo. Avrei potuto rivolgermi a un collega o alla mia amica estetista, ma ho preferito tagliarle da solo davanti allo specchio, soprattutto per non farmi rubare l’idea, che poi magari al provino ci andavano loro e io niente. Il treno che passa una volta è difficile che passi di nuovo. Le mie sopracciglia nuove sono il biglietto del mio treno per il successo, poiché fra pochi giorni ciò il provino con la mariadefilippi per andare in televisione come ospite della maria, ma mica una volta, ospite fisso credo, mi sembra che quello stanno cercando. Non bisogna lasciar passare i treni. Non sono il tipo da perdere il treno. Di mestiere faccio il barbiere, ma non per questo sono uno che perde i treni che passano. Nella vita non si deve mai smettere di sognare, così la penso, io. La vita può sempre darci un’altra possibilità, eventualmente un’altra ancora, e per cogliere queste possibilità è inutile stare alla finestra a veder passare i treni. Il mio saper fare di forbici mi ha dato un notevole vantaggio nel rifilarmi le sopracciglia. Ho fatto tutto da solo, rifiutando con fierezza l’aiuto offertomi dalla mia amica estetista, mentre il barbiere amico mio quello che abbiamo studiato insieme alla scuola d’acconciatura nemmeno celò detto sennò mi rubava l’idea. Me le sono fatte decisamente arcuate, le sopracciglia, credo sia un attimino trasgressivo averle così, e infatti la conferma l’ho avuta da Alberto, lo sciampista che lavora con me, mi ha detto che ho uno sguardo da piccione piuttostoché. Lui è un regolare, per questo pensa che un trasgressivo come me abbia lo sguardo da piccione. Alberto non è trendy e ha le sopracciglia pesanti come elioelestorietese, e cià pure un sacco di peli sul petto. Mi sa che ora trovo un altro sciampista, altro che sguardo da piccione.
Stamani, mentre mi tagliavo le sopracciglia in modo un po’ alternativo, mi sono accorto che avevo smesso di sognare e che ero consapevole della mia personalità: il modo migliore di realizzare i sogni è svegliarsi. Per questo mi sono fatto ‘ste sopracciglia affilate. I sogni più belli sono quelli che si vedono quando si è svegli, come diceva bruce springsting.
Il mio sogno più bello è quello di andare in televisione, ma mica a leggere il telegiornale o a fare i quiz, no, io voglio andare a fare il tronista. Il tronista è quel ragazzo giovane che va in trasmissione da mariadefilippi e si siede su una poltrona e ha sempre, matematicamente, le sopracciglia rifilate coll’aerografo. Io non lo so bene perché non si chiama poltronista. Trono e poltrona non sono la stessa cosa, come non sono la stessa cosa sogno e desiderio. Io comunque ora sto sul punto di andare a fare il provino da tronista, così oggi mi sparo pure un po’ di lampada dall’estetista così mi si scurisce la pelle che fa sempre un certo effetto. Credo sia molto alternativo essere abbronzati d’inverno, visto che d’estate lo sono tutti quanti, bella trasgressione. Il tronista cià un gran culo perché lo pagano per fare niente o quasi, mica come noi barbieri che ci facciamo il mazzo dodici ore al giorno. Al massimo il tronista con le sopracciglie sottili sottili deve rispondere ad alcune ragazze che certe volte ce ne sono anche di quelle carine. Queste ragazze qui non è che ti fanno domande strane, tipo dimmi la formula dell’acqua ossigenata, no, ti fanno domande normali come quelle che mi fanno le mie amiche quando passano in negozio. Poi il tronista queste ragazze se le sceglie, una o due o più, non importa, come nella vita, e ci esce e ci va a cena, tutto pagato, tutto grazie alle sue sopracciglia disegnate col pennino. Magari poi non gliela danno, però almeno non ha speso per la pizzeria e tutto il resto. Prima pensavo che fosse soprattutto per via della palestra che si poteva andare in televisione da mariadefilippi, che a lei pensavo ci piacciono quelli coi muscoli, ma niente. Poi ho cambiato gel per i capelli scegliendo fra i 176 tipi che ciò in negozio, ma niente. Poi mi sono fatto la ceretta tutta quanta integrale, un male sul petto che non ve lo sto a dire, anche perché sono peloso, ciò i peli, anzi ciavevo, i peli anche sulle spalle. Ma niente, manco la ceretta era bastata. Alla fine però è arrivato il colpo di genio: le sopracciglia. Aspettavo il treno alla stazione sbagliata e non me n’ero accorto. Avevo la soluzione davanti agli occhi senza farci caso, finché per fortuna ci ho pensato e così mi sono messo sulla strada giusta per incontrare il mio sogno. Mi ci sono volute settimane a osservare sempre mariadefilippi e i tronisti e le loro fidanzate che alcune sono anche carine, certe. Mi sono portato un televisore in negozio, per questo, e una volta poco manca che per guardare bene taglio un orecchio a un cliente. Poi però i miei sacrifici sono stati ripagati e all’improvviso ho capito il segreto del successo televisivo: le sopracciglia. Ci ho messo mesi per arrivarci ma alla fine ho trovato la chiave dei miei sogni e ora ho un’espressione sempre molto attenta, quasi stupita, con le mie sopracciglia nuove sottili sottili. Non mi sento uno con lo sguardo piccione, mi sento un ragazzo alternativo e trasgressivo con l’aria di oggi in grado di realizzare il suo sogno di essere tronista. Stavolta vedrete che ce la farò, passerò le selezioni. Altro che sguardo da piccione, colle mie sopracciglia nuove tutte le donne cadranno ai miei piedi. Ho il provino lunedì prossimo e non devo nemmeno perdere un giorno di lavoro, visto che di lunedì noi barbieri siamo chiusi. Io lo so che è già questo è un buon segno, lo so che i grandi successi incominciano sempre da un piccolo colpo di fortuna e che i sogni muoiono all’alba.
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venerdì 10 marzo 2006

Cinematoma o il bernoccolo del cinema


Io non vado mai al cinema. Non mi piace. Non mi piace proprio il cinema come edificio, non come arte espressiva. Mi ci trovo male. Gia sono demofobico, poi il buio, le gambe troppo lunghe, il bracciolo condiviso…. In realtà è sempre il solito problema: non so stare in mezzo alla gente. Sarò sfortunato, ma regolarmente succede che un minuto prima (spesso anche dopo) che cominci il film, mi si siedano attorno quattro personaggi probabilmente assunti dal mercato dei dvd. Uno ha gia visto la pellicola e passa tutto il tempo a ripetere all’amico “guarda adesso eh”. Un altro crede di essere l’unico in sala a notare dettagli o particolari celati nelle scene e li sottolinea ad alta voce pensando di rendere un servizio agli astanti e allo stesso tempo rimarcando la propria arguzia. Per ovviare all’increscioso fatto che il buio impedisce al pubblico di ammirarlo anche nel suo fulgore fisico, di solito all’accendersi delle luci si alza in piedi e grida al suo vicino “VISTO CHE ERA COME DICEVO IOOOOOOO???”. Un terzo personaggio, a me adeso, mastica pacchetti di qualsiasi cosa come uno sciacallo con la testa nella carcassa di un dinko. Solitamente questo essere siede con la postura di Fantozzi sul puff e ride sguaiatamente durante scene affatto divertenti, espettorando la pietanza di cui si nutre, proiettandola 5 o 6 file avanti. L’ultimo soggetto è forse l’unico che mi suscita più tenerezza che disprezzo. E’ una persona ingenua e con le capacità intuitive di un tostapane. Rimane sconvolto ed ammirato per qualsiasi avvenimento sullo schermo e queste emozioni lo spingono a commentare con stupore. Ma non un tipo di commento critico, un commento stile radiocronaca. Per esempio se passa un aereo lui chiosa con meraviglia “è passato un aereo!!!”. Il tizio ha la sinistra caratteristica di non capire un accidenti dell’intreccio ed arrivare a pochi minuti dalla fine non avendo ancora ben chiaro chi sia l’assassino, soprattutto perché nessuno è morto durante il film.
Insomma, la mia scelta di vita è dvddivano. Ma ora sto cambiando anche quella. Non arrivo alla fine di un film dal 79! Non sono certo un critico, ma una sorta di analisi mi sento di farla (fosse solo per quei 3 euri del videonoleggio). Con i film francesi non è che mi addormento, svengo direttamente durante i titoli…..d’inizio (qualcuno cloni Luis de Funet). Ho provato con i filmoni impegnati tipo “La triste fine di un cammelliere siberiano sullo sfondo sbiadito del declino territoriale delle renne lapponi”, ma dopo 47 minuti di piano sequenza mi vengono le piaghe da decubito agli occhi. Il cinema italiano….non lo so. Quando vedo Muccino mi viene da coprirmi la faccia con le mani. Moretti è impazzito, Verdone…be’ Verdone, bravo eh, però dopo un po’….
E poi devo capire una cosa: ma perché gli attori, registi, produttori italiani hanno tutti gli stessi cognomi?? E poi c’è hollywood!! Buon vecchio hollywood, sai sempre cosa aspettarti, non puoi sbagliare. Poche regole, asssurde, ma precise! Adoro il senso di sicurezza che questi schemi ti infondono. Ti fanno sentire protetto e languidamente stupido. Ad esempio:
  • I poliziotti in divisa hanno le capacità investigative di una talpa sorda. Non vedono una prova neanche sbattendoci il naso. Quando devono capire una situazione la fraintendono regolarmente, accanendosi con l’innocente e spesso sono corrotti.
  • Quelli in borghese invece, inciampano sugli indizi, hanno le capacità logico deduttive di un campione di scacchi, hanno nozioni di chimica, fisica, biologia, balistica, storia dell’arte e uncinetto. Sparano come cecchini, guidano come Senna e menano come Alessandra Mussolini. Di contro, hanno sistemeaticamente una vita privata devastata.
  • Le macchine esplodono sempre, anche urtando un marciapiede in parcheggio.
  • I camion non danno mai la precedenza e trasportano sempre cromo esavalente o uranio impoverito.
  • Quando un personaggio deve fingere o mentire, balbetta, suda, si guarda la punta dei piedi e ha degli strani tremolii alle orecchie….ma viene regolarmente creduto!
  • I cattivi, quando vogliono uccidere un buono e ce l’hanno a un metro disarmato e ferito…hanno sempre delle idee bislacche.
  • Camicione a scacchi per lui, pantaloncini e scarpe basse per lei.
  • Il potere è brutto.
  • Il povero è simpatico.
  • Il ciccione muore.
  • Quelli che si baciano hanno sempre molta saliva in bocca.

Ma la cosa che mi fa veramente impazzire dei film americani è il rapporto tra adulti e bambini! Io non ci dormo la notte, davvero. I bambini sembrano docenti universitari nani mentre gli adulti, dei poppanti ipertrofici. Un ragazzino ha sempre una proprietà di linguaggio decisamente superioire a quella dei genitori e, evidentemente, un’esperienza di vita tale da consentirgli di analizzare correttamente qualsiasi tipo di vicenda umana. Così capita spesso di assistere a conversazioni del genere:

  • bambino: cari genitori, la tracotante prepotenza dei condizionamenti psicologici ai quali mi sottoponete con la vostra conflittualità e copulando come opossum con chiunque mentre io nella culla cerco di trovare il meritato sonno ristoratore, oltre a ledere l’armonia familiare, mi procurerà traumi tali da farmi ritrovare presto con una sindrome borderline, costretto ad assumere metadiazepine per il resto della vita. E papà, togliti le dita dal naso mentre parlo.
  • Padre: awwakkawoowoobungabunga uffa cicicicpipipi caccola lalalala lei è una troia e ho fame.

Io non ci sono mai stato in America, ma suggerisco di abolire i poliziotti in divisa e di consentire la candidatura alla presidenza solo ai minori di 13 anni.

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martedì 7 marzo 2006

Il miglior amico del cane


“Una persona che odia i bambini e i cani non può essere del tutto spregevole”.
M.W.&W.C.F.
Mi chiamo Sapporo. Lo so è un nome strano. Ce l’ho perché sono nato durante la finale di skeleton delle olimpiadi del 1972, appunto a Sapporo. Mi è andata anche bene, se fossi nato durante le olimpiadi del 1936 di Garmisch Partenkirchen ora sarei un anziano che non riesce a pronunciare il proprio nome senza sputare la dentiera. Come avrete capito, certi del fatto che la matematica non è un ombrellone, oggi ho 34 anni e vivo a Milano, in zona Paolo Sarpi (eminente studioso e teologo ora clonato dai cinesi e ribattezzato Paolo Salpi). Non sono sposato: una moglie richiede troppo impegno, troppa dedizione, non me la sono proprio sentita. Da dieci anni condivido il mio bilocale luminosofiniturepregiatenoextracomunitari, con il mio cane… Lillehammer (eh sì, ha 12 anni, c’era la finale di short track). Certo la stazza di Lille non è proprio adatta al mio appartamento: ho dovuto inchiodare i mobili al parquet altrimenti ogni volta che si gira mi cambia la disposizione dell’arredamento. Ma che posso farci? Quando l’ho preso sembrava un tamagochi e poi vivevo in campagna. Ora è parte di me, non posso certo liberarmene, dopo tutto l’amore che mi ha dato. E tutto senza chiedere niente in cambio……be’ insomma 32 mila euro per mantenerlo in tutti questi anni li ha voluti, ma che cosa sono in confronto all’amore. Pensandoci bene, ha voluto anche qualcos’altro. Ogni maledetta mattina all’ora in cui i mormoni cominciano le omelie, Lille deve concimare il cemento e seppur grande e grosso non può farlo da solo, così mi trascina a raccogliere il frutto di migliaia di euro di pal (c’ha dei pezzi bellissimi dentro, ma anche fuori). La rispettiva sera delle medesime maledette mattine, Lille concede replica dello stercoshow. E non manca un giorno, non fa ferie. A proposito di ferie: mi ricordo l’anno in cui quella affabile modella francese mi invitò a Mikonos (dove pare la gente non si faccia eccessivi problemi a mostrarti le terga e, se sei appena più piacevole di un facocero, anche a fartene dono). Purtroppo non potevo portarmi il cane e non sapendo dove lasciarlo (e non avendo il cuore per farlo) ho dovuto declinare l’invito. Ma non è stato un problema, davvero. Tanto non avevo più giorni di ferie, li avevo usati tutti per stare vicino a Lille quando ha avuto le ragadi. L’altra mattina invece sono stato male io: avevo 43 di febbre all’ombra. E l’amato quadrupede era lì, vicino al mio letto…..aspettava che lo portassi a defecare. Comunque lui è il mio migliore amico. E’ anche vero che non ne ho altri. Sapete la mia casa ormai ha preso quell’afrore un po’ selvatico. Il divano sembra una porcilaia e i mobili sono un po’ corrosi dalla bava. Forse avevo amici un po’ schizzinosi è vero, ma il fatto che Lille abbia tentato di possedere biblicamente la mia ex, non depone certo a mio favore.
Continuano a venirmi in mente considerazioni che mi inquietano….. certo lui è il miglior amico dell’uomo, ma anche io sarei il miglior amico di chi si occupasse delle mie esigenze, della mia nutrizione, delle mie pulci, della mia salute, di darmi una casa, e il tutto in cambio di qualche scodinzolata, una leccata ben assestata e due corse dietro a un bastone volante. Sì è vero è fedele (oddio fedele...se vede un po' di pelo sotto la coda è pronto a tracinarti come un vomero), mi ama con tutti i miei difetti. Non gli interessa il mio aspetto fisico (non che lui sia rintintin, sia chiaro) però….
Accidenti sono confuso. Perché i cani di cui ci occupiamo con tanto affetto, cercando l’alimentazione migliore, capendone la psicologia, facendoli dormire nel nostro letto il tutto per un po’ di affetto e compagnia, li consideriamo come dei figli? Ma un povero bue, che tira l’aratro che ci procura il cibo, per tutta la vita e che teniamo in una fredda stalla a mangiare papponi di farina animale fatta con la carne di suo cugino, senza nemmeno una carezza…..come dovremmo considerarlo? Poi quando muore il cane piangiamo e gli prepariamo una piccola tomba (un tombino) e quando muore il bue lo facciamo a tranci e lo cospargiamo di salsa di finta seppia. Va bene, il bue non è molto affettuoso o fedele, ma che ne sapete? Ci avete mai provato? Che qualcuno si tenga un bovino in casa, lo faccia dormire nel letto e lo porti a fare pipì, riempiendolo di carezze baci e coccole. Magari scopriamo che oltre che utile è devoto più di un cane. Che ci scondizola intorno ci salta addosso quando ci vede e va anche a riprendere il bastoncino (magari anche un ramo). E i somari? I cavalli? E quel poveraccio di Oriali??
Insomma non lo so, io amo Lille, ma ho il vago sospetto di tenere il guinzaglio dal lato sbagliato. La prossima volta, una gallina: non sarà il massimo della compagnia, ma almeno non piscia e con quello che gli esce dal culo posso farci colazione.
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venerdì 3 marzo 2006

Primo piano: articoli bizzarri.


Ho deciso, voto lega! Io non ce l’ho con i meridionali, ce l’ho con quelli che abitano nell’appartamento sotto il mio. Sì, d’accordo, sono calabresi, ma non è questo il punto. Fossero stati altoatesini avrei votato lista sacra corona unita o pensionati scissionisti. Credo si sia intuito ma lo dichiaro pubblicamente, tutto il mio impegno sociale e politico in questo momento è orientato alla debellazione dei miei vicini di casa. Verrò tacciato di qualunquismo di superficialità, ma aspettate a giudicarmi, prima dovete conoscere la famiglia che venne mandata da dio agli egizi subito dopo le cavallette ma immediatamente prima della moria delle vacche. L’allegro nucleo familiare, è composto da marito e moglie (difficilmente distinguibili) e da due marmocchi (anche se è possibile che uno sia solo un animale domestico) per i quali è stata elaborata una variante del metodo montessori adeguandola alle più famose prese del sumo. Per qualche insondabile motivo la piccola tribù è fornita di un numero spropositato di automobili, tutte con targhe dell’estremo nord (Aosta, Bolzano, Reykjavík) e tutte dello stesso colore. Il loro sistema di parcheggio all’interno dell’area condominiale si ispira smaccatamente a quello dei vasi comunicanti: una volta riempiti i loro spazi, si riempiono quelli degli altri. In caso di pioggia l’automobile viene incastrata nell’androne del palazzo in modo da non rovinare l’acconciatura, fatta con le mollette dei panni, della signora…..o del marito, non ne sono sicuro. Ad ogni modo, l'arrivo di una qualsiasi di queste automobili è puntualmente accompagnato da una elegante strombazzata. Gesto che deve avere qualcosa a che fare con l'abitudine di richiudere le porte di casa in modo che i sismografi del centro studi biofisici di Palo Alto possano averne traccia.
Entrambi gli esemplari adulti del nucleo familiare fumano come bonzi per entrare a corte dell’imperatore, della dinastia dei Ming. In segno di rispetto per il focolare domestico, sono avvezzi a svolgere la loro attività tabagistica passeggiando in balcone. In proposito ho maturato il sospetto che il fumare sia solo una copertura per stare in balcone lontani dal resto della tribù e impicciarsi bellamente dei movimenti dei vicini di casa. Il rituale della carcinogenesi culmina nel gesto macho del lancio del mozzicone (abilmente caricato tra medio e pollice) nel cortile antistante i box. Tempo due mesi e per raggiungere la propria auto è risultato necessario adoperare un piccolo bobcat con pala meccanica. Va però riconosciuto il merito di aver creato un’uscita secondaria dagli appartamenti: dal balcone, attraverso la montagnola di cicche di sigarette che, secondo un calcolo verosimile, dovrebbe biodegradarsi a cavallo tra la prossima glaciazione e l’estinzione del genere umano (cosa che sicuramente garantirà la loro sopravvivenza). Dopo lunghi giorni di osservazione posso affermare con un certo grado di sicurezza, che lo spostare mobili e gettare sul pavimento oggetti, sia il loro canale comunicativo preferito (credo anche il rincorrersi sui soffitti, ma in merito sto ancora raccogliendo dati). Questo a causa di una difficoltà verbale probabilmente congenita: l’impossibilità di esprimersi a meno di 175 decibel. Penso si tratti di difetto congenito perché anche i cuccioli (uno dei quali ormai posso dimostrare essere posseduto, pubblicherò in seguito documentazione filmata della sua testa che rotea a 360 gradi) presentano la stessa tara biologica. Le conseguenze sono catastrofiche: per qualsiasi tipo di conversazione (anche la scelta tra soppressata e coscia di bisonte della sila), uno degli interlocutori è costretto, per evitare che il riverbero sulle pareti mandi in frantumi il plasma 50 pollici, a spalancare la porta di casa e piazzarsi nel centro del pianerottolo (dove la tromba delle scale amplifica meglio di un sintetizzatore della Bose) per comunicare con l’altro all’interno dell’appartamento. Questa procedura ha gia causato diversi danni, tra cui l’infrazione del doppio vetro di una mia finestra e il franamento di parte delle fondamenta verso la falda acquifera. Dopo accurati studi, le spiegazioni più accreditate rimangono queste:
  • Ipotesi professionale. Si tratta di una famiglia di cantanti lirici rumeni clandestini che tengono allenate le ugole fingendo discussioni in calabrese.
  • Ipotesi religiosa. Nella loro religione il silenzio è portatore di sventure. Come per i bambini di tutto il mondo è pauroso dormire al buio per loro è spaventoso il silenzio.
  • Ipotesi darwiniana. Il loro tono di voce si è alzato nei secoli come il collo delle giraffe. Questo a causa del loro idioma che è una lingua morta (qualcuno deve averla ammazzata) e quindi incomprensibile. Probabilmente hanno cominciato a gridare pensando che il non essere compresi derivasse da problemi di udito. Probabilmente, per lo stesso motivo (ma all’inverso), tengono il volume della televisione paragonabile ad un'eruzione esplosiva. In questo modo riescono anche a far sapere ai loro parenti in calabria che programma stanno seguendo (creando così una sorta di auditel casereccio).

Sia chiaro io non ce l’ho con loro, come non ce l’ho con le zanzare e le formiche assassine, penso però che vadano costruiti degli edifici appositi. Come gli antisismici in Giappone, qualcosa che resista a un impatto di tale portata. Abbiamo le conoscenze tecniche per realizzarli ed è giusto che chi vuole utilizzare delle scale condominiali come ring, portascarpe o stenditoio, possa vivere in un mondo che glielo consenta. Io intanto, per non saper né leggere né scrivere, voto lega, ma sappiate che non si tratta di voto politico, ma condominiale.

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mercoledì 1 marzo 2006

Sono 4 Euro, grazie


Sono come noi, sono intorno a noi, ma si sentono meglio. Sono quelli col foglio di carta recante la dicitura Euro4 appiccicato con lo scotch al lunotto dell’auto. Uno di costoro, ieri, ha parcheggiato in doppia fila e mi ha tenuto sequestrata la 127 Sport per un tempo seccante. Nel mentre, ho scritto dieci pensierini sul tema Euro4 e poi, stufo di aspettare, ho ritenuto opportuno rubare l’auto del mio sequestratore e usare la medesima per andare dove dovevo andare. Più tardi, per non destare sospetti, ho abbandonato l’auto rubata nei pressi di un club F.I. e col bus sono tornato a prendere la mia 127 Sport, ove ho rinvenuto il taccuino coi pensierini. Eccoli qua.

  1. La dicitura Euro4 non indica una malattia (almeno non propriamente), né il prezzo dell’auto su cui è esposto il cartello, bensì si riferisce alla più recente direttiva europea in tema di emissioni nocive degli autoveicoli. Il proprietario dell’auto col cartello vuole comunicare al prossimo che la sua vettura è in regola con i dettami di tale direttiva. Sticazzi? Calma.
  2. In realtà la normativa ha una sigla molto più complessa, con cifre, lettere, sigle e stanghette, solo che nessuno se la ricorda (io la so, però non me la ricordo), sicché tutti dicono Euro4 e basta: per alcuni soggetti può essere utile far passare quest’informazione in favore di altri soggetti, ma senza le complicazioni che il linguaggio burocratico comporta.
  3. Sostanzialmente, che io sappia che la sua vettura è Euro4 a quel signore di stamattina non gliene sbatte una sega: io sono un barbiere, mica un vigile urbano. Se fossi un vigile urbano e oggi ci fosse il blocco del traffico, invece, costituirei il target comunicativo del signore che ha affisso il cartello. Ciò perché i provvedimenti di blocco del traffico non riguardano le vetture Euro4, ma solo quelle rispondenti a normative precedenti (Euro3, Euro2, Euro niente…).
  4. Se uno è convinto che mettendo un cartello Euro4 sul lunotto eviterà di essere multato, è necessario che sia convinto di poter essere multato senza essere fermato. Cioè: tu passi, un vigile ti prende la targa e ti manda il verbale a casa. Se poi potevi circolare perché hai l’auto Euro4, allora ti prendi una settimana di ferie e fai le pratiche per il ricorso amministrativo. Che le cose stiano proprio così, francamente mi pare un po’ eccessivo.
  5. Se fosse vero quanto esposto al punto precedente, e cioè che i vigili ti multano senza fermarti e accertarsi a quale normativa antipollution risponda la tua vettura, mentre non ti multano se leggono il cartello Euro4, allora basta affiggere un cartello con scritto Euro4 su qualsiasi auto e via tranquilli, alla faccia delle ordinanze comunali sui blocchi della circolazione.
  6. Ai rigori degli stop al traffico sfuggono, oltre alle Euro4, anche le vetture a gas, così ci si imbatte in lunotti con su un cartello con scritto “GPL” oppure “METANO”. Veritieri o meno che siano, i cartelli con scritto “GPL” stanno a ornare vetture solitamente molto più scrause di quelle cartellate Euro4. Per non dire di “METANO”, che si legge su vetture scrausissime, a riprova del fatto che la società è divisa in caste (e impure).
  7. Un’utilitaria, in città, fa 10 km consumando meno d’un litro di benza, mentre una berlinona cinquemila ne fa fuori due litri e mezzo. Posto che l’utilitaria sia omologata Euro3 e la berlinona Euro4, siamo sicuri che la seconda abbia un impatto sull’ambiente inferiore alla prima? I vocaboli “termodinamica” e “principi” vi attivano qualche sinapsi?
  8. Comunque sia, personalmente preferirei inquinare col V8 da 425 HP di una Plymouth Hemicuda del 1970 anziché con il lettore Mp3 e la margherita di plastica sul cruscotto di una Smart ibrida del terzo millennio.
  9. Da quando conversare di polveri sottili è cool, si giudica politicamente corretto l’acquisto di un’auto all’ultimo grido. Anche gli oltranzisti bolscevichi che per scelta ideologica imperversavano alla guida di vetusti relitti francesi con le valvole tarlate e la carburazione all’amatriciana, ora esternano: ho preso una Euro4. Fino a ieri l’auto nuova di pacca era un valore borghese, oggi sostituito dall’impianto di riscaldamento condominiale regolato a manetta.
  10. È giusto svecchiare il parco circolante per inquinare globalmente meno? Mica lo so: per ogni auto “innovativa”, da qualche parte c’è un catorcio vecchio o invecchiato per forza che si deve rottamare. Metallo, plastiche, più qualcosa di tossico come la batteria al piombo e i lubrificanti… Mi sa che per il Bene dell’Umanità mi tengo la 127 Sport, che fra l’altro, essendo di colore arancione, giova al mio fascino quando sgommo ai semafori.
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