giovedì 28 settembre 2006

Dio è morto (Nietzsche). Nietzsche è morto (Dio)


Eutanasia. Lo so, ieri ho parlato di Prodi, l’altroieri di treni, oggi parlo di morte, di questo passo finirò a raccontare cose mostruose, tipo le condizioni psichiche degli autori di Buona Domenica, ma portate pazienza. L’etimologia della parola ci arriva dritta dritta dalla saggezza greca: eu è un prefisso che indica qualcosa di buono, di bene. Thanatos, come sappiamo tutti noi che abbiamo fatto l’ITIS, significa morte. Che cosa avrà di buono la morte, ve lo saprò dire. Letteralmente quindi buona morte. Un augurio insomma, tipo buon natale. Qui c’è subito un equivoco sintattico. Quando si qualifica una morte (che brutta morte per esempio), in realtà si descrive solo la parte viva del trapasso, cioè gli istanti che lo precedono e le condizioni che lo causano. Per esempio una buona fine la immaginiamo, rapida, indolore e possibilmente una volta stufi di donne, alcol e macchine potenti. Una spiacevole fine potrebbe invece arrivare tra atroci sofferenze, tipo 2 anni di stitichezza o sei mesi con Mazzocchi. Dal momento in cui si smette di avere funzioni vitali, invece, la morte è, in teoria, uguale per tutti. 'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella. Quindi la buona morte è in realtà un buon avvicinamento alla morte.
Che cosa distingue l’eutanasia dal suicidio (dal greco me so’ stufato)? Tenete a mente questa domanda che rispondo dopo….un po’ di suspance ci vuole.
Inutile nascondere che la più forte resistenza all’eutanasia, sia di tipo religioso. In quest’ottica, il motto in difesa della vita a tutti i costi è “la vita è un dono di Dio e solo Dio può decidere come e quando togliercela”. D’accordo. Però sarebbe meglio limitarsi alla seconda parte, cioè che Dio può decidere quando è ora. Perché questa storia del dono crea confusione. Primo perché qualcuno potrebbe obiettare di non aver potuto scegliere se venire al mondo o meno e quindi più che un dono, trattasi di azione deliberata. Secondo perché il fatto che si sia di fronte a un dono, non ha come diretta conseguenza che il donante possa decidere se e quando riappropriarsi del regalo. Se è così ditemelo perché quel maglioncino che ho regalato a mio cognato mi starebbe proprio bene.
Io accetto pacificamente queste posizioni. Mi risulta più difficile accettare che siano le uniche. Non trovo corretto che a una persona non credente venga imposto di prendere decisioni assolutamente personali come se fosse un credente. Allora dovremmo costringerlo anche a confessarsi, cresimarsi, ungersi estremamente eccetera, impedendogli una vita dignitosa di scelte e responsabilità. Continuando sulla falsariga religiosa, si presenta la spinosa questione delle macchine che tengono in vita. Su questo abbiamo ovviamente solo il parere degli uomini. La chiesa accetta che un uomo, naturalmente condannato a terminare la sua esistenza, allontani artificialmente la morte. Dio ci ha lasciati liberi di agire, sbagliare e dire farloccate (io ne sono prova ontologica): come possiamo essere sicuri che l’esercizio di combattere il naturale corso degli eventi, sia cosa buona e giusta? Mi si potrebbe obiettare che la costruzione di codeste macchine fa necessariamente parte, come tutto, del grande progetto divino. Ma a questo punto se tutto è progettato, è inutile che stiamo a discutere e fare referendum, tanto è già scritto anche se l’eutanasia sarà prevista o meno dalla legge degli uomini.
Un ultimo spunto da teologo di ringhiera. L’essere umano ha la simpatica tendenza a convincersi di essere sempre nel giusto (vi garantisco che è così), però qui qualcuno si sbaglia per forza e nessuno ne tiene conto. Nel mondo si professano centinaia di religioni: dalla congrega di nonna felice alle grandi fedi. Ma facciamo finta che esistano solo le religioni abramitiche. Qualcuno di questi tre si sta sbagliando e non ci piove. Forse tutti (se vogliamo buttare nel calderone anche gli atei), ma certamente molti, considerato che ognuna delle relative leggi divine esclude l’esistenza di altre realtà ultraterrene. Ne possiamo matematicamente dedurre, che esiste una consistente probabilità che mi venga impedito di fare scelte personali, in nome di leggi teologiche completamente sbagliate. Detto questo, chiudo la parentesi metafisica (che di questi tempi ha spesso ripercussioni fisiche) e mi apro verso il sociale. Se una comunità, decide in libera democrazia, che l’eutanasia è una pratica deleteria per il mantenimento e l’evoluzione della comunità stessa, allora mi adeguo, al limite non capisco, ma mi adeguo (o cambio comunità). Ma imporre una visione deistica della vita, sulle scelte assolutamente personali (qui non si parla di embrioni, aborto o cose che coinvolgono altre vite), a persone che di religioso hanno solo il tifo per la squadra di calcio, mi sembra non sbagliato in sé, ma lesivo dello sviluppo della consapevolezza personale e della libertà sociale.
Faccio umilmente notare, che non sto prendendo posizione sull’eutanasia, ma sui metodi e sui parametri che vengono usati per valutarne l’impatto umano.
Che domanda vi avevo chiesto di tenere in mente? E va be’ ma se non tenete nemmeno la pipì. Era la differenza tra eutanasia e suicidio. A livello pratico, questa differenza sta semplicemente nel fatto che il suicida ha la capacità motoria (ed emotiva) per togliersi la vita. L’eutanasia coinvolge chi non ha queste risorse. L’uomo tenuto in vita da una macchina, che può solo pensare e muovere gli occhi, se avesse per 30 secondi l’uso di uno solo braccio, si strapperebbe tubi e tubicini e la farebbe finita, divenendo suicida. Quindi tutta questa discussione sull’eutanasia e la sua non applicazione, si basa su due limiti: l’impossibilità dell’aspirante morituro di porre fine con le proprie forze alla sua vita e sulla paura di chi lo aiuterebbe volentieri, di finire in carcere. Per questo si vedono molti processi per eutanasia (omicidio) e pochissimi per suicidio.
C’è una sensazione di forte fastidio, nel vedere giochi socio-politici su una cosa così personale ed è difficile per tutti sentirsi dire “la tua vita non ti appartiene”. Allora dialoghiamo pure, ma manteniamo un minimo di serietà e rispetto anche delle persone, non solo delle religioni…almeno la stessa serietà che hanno i morti, come direbbe il fantasma del netturbino di Totò: “nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"

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16 commenti:

Anonimo ha detto...

"La chiesa accetta che un uomo, naturalmente condannato a terminare la sua esistenza, allontani artificialmente la morte"....e non aggiungo altro, l'ipocrisia della Chiesa dice tutto! Sempre Grande Crù ;-)

Anonimo ha detto...

Concordo COMPLETAMENTE col tuo post. La penso esattamente come te. Purtroppo le invasioni politiche temo che finiranno per mangiarsi anche l'ipotesi sacrosanta di una legge sul testamento biologico (una legge sull'eutanasia in Italia mi sembra irragiungibile), così come fatto in modo ipocrita e oscurantista con quella sulla fecondazione assistita. Viviamo e vivremo sempre di più, temo, tempi di scontri religiosi (o con pretesto la religione). Siamo proprio sicuri che continuare ad infilare a piacimento il presunto volere di Dio nei discorsi riguardanti la vita personale e sociale delle persone (oltre che nella loro morte) sia il sistema per evitare quegli scontri ?

Anonimo ha detto...

Eh già...tutto lineare e semplice. Ma qui stiamo ancora a pensare alle guerre di religione....(bellissima quella sulla vita come dono che però il donatore non è libero di riprendersi...una specie di genialata dialettica....)

Anonimo ha detto...

Un paese che elegge Rutelli passato da ateo radicale a cattolico integralista mi dà poche speranze di maturità.

Che sia d'accordo col tuo pensiero lo sai già.
Purtroppo il propblema reale è che non esiste una maturità e un rispetto per l'altrui visione morale.
Un ateo chiede una legge che non obbliga al suicidio più o meno assistito, il cattolico impone la sua convinzione a tutti.
Ciò che è giusto per lui deve esserlo per tutti.

Anonimo ha detto...

un ateo non obbliga al suicidio più o meno assistito, ma vuole imporre la propria visione del mondo come legge dello stato né più né meno degli altri.
le nostre leggi si fondano sul principio per cui si condanna chi uccide come risultato dell'aver avuto intenzione di uccidere, e questo include anche la condanna del suicidio (naturalmente non perseguibile...).
Si può non essere daccordo, ma la propria non è la posizione più libertaria, è semplicemente un sovvertimento dell'ordine attuale, che ha tra l'altro l'ovvio rischio di consentire l'uccisione di persone che nel momento in cui stanno morendo potrebbero avere cambiato idea, in più cadrebbero anche le legislazioni contro l'istigazione al suicidio (un po' di pubblicità all'eutanasia andrà fatta, una cosa del tipo "lei sta male, ma perché non s'ammazza?") che influenzerebbe anche coloro che sono contrari all'eutanasia; un cittadino ha il diritto di proibire i fastidi che derivano dalle azioni altrui, siano essi fumo, schiamazzi, atti osceni o inviti a morire. A parte questo, ammazzate pure chi volete, staremo più larghi.

cruman ha detto...

posizione di tutto rispetto. mi sbilancio in un paio di commenti: come ho detto nel post io non ho preso posizione sull'eutanasia, ma su i meccanismi che portano ad imporre o vietare scelte quindi il tuo invito ad ammazzare chi mi pare, per quanto lusinghiero, lo faccio cadere in quell'enorme mucchio di cose che non capisco da dove vegono e dove vanno (e nemmeno da chi vengono visto che non ti firmi).
Detto questo, il ragionamento per cui si renda necessario vietare scelte personali perchè è possibile che questa libertà venga usata male o che l'esercizio di tale libertà influenzi qualcuno...be' mi sembra un tantino capzioso e che apra la strada a potenziali ragionamenti quatomeno fortemente limitativi dell'individuo e sottolineo quantomeno!
Per il resto mi beo del fatto che ora ho licenza di uccidere 00cruman!! :)

cruman

p.s.
questo è solo un blog...e fortemente ironico!

cruman ha detto...

eh già, qui si scivola lentamente nella mera diatriba dialettico-linguistica. Se io sostengo che tutti devono essere liberi di scegliere e uno sostiene che invece bisogna fare così e basta...da un punto di vista filosofico è vero che entrambi vogliamo imporre la nostra idea, ma da un punto di vista sociale c'è una grossa differenza tra imporre un divieto e imporre la libertà di scelta.
Ovviamente poi il fumo e gli schiamazzi danneggiano concretamente il mio vicino, il fatto che io stacchi la macchina che mi tiene in vita non danneggia nessuno. Discorso influenzare. Io l'ho sempre odiato questo discorso, per il semplice motivo che si da per scontato (ma non lo si dice mai) che la gente sia idiota. Allora se è così: primo ditelo. Secondo, vietiamo i film, i libri, la televisione, i quadri, la musica, internet...il problema è che è inutile che facciamo finta di niente, tutta questa roba E' l'uomo non sono mostri a se stanti con vita propria!
Allora se qualcuno si vuole prendere la briga di dire "per salvaguardare le persone che sono notoriamente dei pupazzi imbecilli, dico io che cosa si può fare, vedere, sentire, toccare, lo dico io che sono in grado di vedere sentire e toccare senza rimanere cranioleso". A me va benissimo, ma a meno di non volere una dittatura psico-sociale, bisogna che tutti (la maggioranza) siano d'accordo.
Io non capisco perchè tanto goffo affannarsi, ditelo che è solo una questione religiosa e basta. Io lo capisco benissimo: a un giainista girano le palle se qualcuno schiaccia una zanzara, di qualunque religione sia (chi la schiaccia, non la zanzara).

cruman

Anonimo ha detto...

Semplifichi troppo quando dici che il rifiuto dell'eutanasia è basato su motivazioni religiose. Semplifichi anche quando fai l'esempio di chi è 'in coma' e non può staccarsi i tubi... mentre altri poi semplifica - anzi fa intenzionalmente confusione - quando mescola eutanasia e accanimento terapeutico.
Andiamo con ordine: tu hai lasciato da parte il problema filosofico per limitarti a quello sociale; farò anch'io così, lasciando da parte pure il profilo etico (che sarebbe necessario, ma sarebbe anche interminabile...), facendo solo una premessa: altro è non curare o non curarsi, omettendo cure lievi o gravose, altro è uccidere con azione 'commissiva'. La prima ipotesi non è, ripeto: non è, eutanasia.
Ora, la Cost. garantisce a tutti libertà di curarsi e di non curarsi. Bene, anzi benissimo: ciascuno, se vuole, può:
a) lasciarsi morire, chiedendo magari la somministrazione di antidolorifici;
b) suicidarsi;
c) indicare preventivamente, per il caso o il momento in cui non sarà in grado di decidere, se e quanto a lungo intende essere curato e in quali condizioni (ma per avere certezza in proposito occorrerà introdurre il 'testamento biologico').
Restano tre problemi, oggi, per chi non è in grado di esprime una volontà attuale:
1. L'accanimento terapeutico, voluto in genere dai medici, per lo più per ragioni scientifiche, talvolta dai parenti. Ebbene, è argomento spinosissimo stabilire quando una cura sia 'accanimento', ma la persona non può essere mezzo o strumento di interessi altrui; può solo esere fine e, nei casi appropriati, le cure possono cessare.
2. Che fare di fronte a un tentato suicidio? Curare la persona o rispettare la volontà manifestata dall'aspirante suicida (e magari aiutare la sua libertà dandogli il colpo di grazia?). Non so; personalmente ho paura di una società talmente incapace di decidere se la vita è un bene da scegliere quest'ultima soluzione.
3. Che fare con i bambini e i malati di mente gravemente ammalati? L'ottica della eutanasia, che pretende di fare il bene della persona cd. sofferente, impone, non "consente" bensì "impone", di 'suicidare' anche costoro, come infatti è già stabilito in Olanda, dove l'eutanasia sui bambini si può praticare anche contro la volontà dei genitori. Accantoniamo pure il problema etico: quali saranno i costi sociali di tale sistema?, quale sarà l'impatto su tanti anziani deboli di mente e su tanti genitori di bambini gravemente ammalati: quanti eviteranno gli ospedali per il timore di essere 'eutanasizzati' per il loro stesso bene? E la cultura complessiva che in tal modo si diffonde - per cui la vita malata non è degna di essere vissuta - non incoraggerà troppi ad agevolare l'uscita di scena anche all'insaputa dell'interessato?
Sarebbe una via scivolosa terribile del resto già sperimentata nella storia: è esattamente la stessa vicenda delle "Lebens-unwertenlebens" (letteralmente: vite prive di valore vitale) dei nazisti che 'eutanasizzarono' centinaia di migliaia di malati mentali e di portatori di tare ereditarie. Non si può, per amore a una astratta libertà, non preoccuparsi delle ricadute complessive di certe scelte.
Guerinmeschino

cruman ha detto...

oh, mi compiaccio di vedere argomentazioni e non "ammazza chi ti pare" o "se a me da fastidio che tu pratichi l'eutanasia ho diritto di vietartelo".
In effetti la questione è molto, molto più complessa di quello che l'ho fatta sembrare e, onestamente, uno stupido blogo (seguito da un centinatio di persone, di cui 90 amici miei) non è il posto adatto per sviscerarlo e io non avrei comunque le risorse necessarie. Mi andava di gettera un sasso e comee sempre usare un po' di ironia anche dove regna il dolore (e quello lo conosco bene).
Fatto sto preambolo inutile, specifico che (al di là dei limiti del mezzo) io non ho semplificato dicendo che è solo una questione religiosa, se rileggi bene vedrai che io mi pongo il problema. Cioè dico "è solo una questione religiosa? se si non va bene perchè uno ha diritto di non essere religioso, e comunque andrebbe detto. Se no spieghiamo le motivazioni sociali e vediamo se tutti siamo d'accordo. Nessuna semplificazione.
Poi tratti questioni che io non ho trattato e su cui a grandi linee sono anche d'accordo. Io ho parlato di possibiliità di scelta. Ovvio che un bambino, un cerebroleso o uno in coma profondo non può usufruirne e a quel punto decidere di ucciderlo è una questione davvero ingestibile. E anche un testamento biologico fatto in stato di salute ha le sue pecche.
Però l'uomo lucido nel momento estremo della sua decisione non può mettere in pratica il suo intento solo per limiti fisici, non certo di presa di posizione.
Sul discorso accanimento terapeutico costituzione e macchine, forse sei tu a semplificare. E' vero che uno può rifiutare le cure e morire. Come i testimoni di geova che rifiutano le trasfusioni, per esempio. Ma se a uno viene un ictus e casca per terra privo di sensi, un'ambulanza lo carica lo porta in ospedale e lo attacca a una macchina. Poi lui riprende coscienza e ci si accorge che quella macchina è indispensabile per tenerlo in vita. Lui anche se lucido e nessun altro, in italia, può spegnere quella macchina. Lui può anche dire "la mia religione mi impedisce di vivere grazie a macchine" ma nessuno può più staccarlo da quella macchina.
Insomma è ovvio che quando parlo di libertà di scelta, parlo prima di tutto di una scelta fatta dall'interessato, nel momento in cui si trovi nella situazione che lo spinge a fare una scelta e ovviamente nelle possibilità mentali di fare scelte.
Quindi è ovvio che relazionare quello che ho detto con bambini, malati di mente, gente in coma ecc. ha poco senso e diventa di colpo inapplicabile.

cruman

cruman ha detto...

ah e io non ho mai parlato di uno in coma chee nonn può staccarsi i tubi, ho parlato di uno lucido e completamente paralizzato (come l'uomo della famosa lettera al presidente)

Anonimo ha detto...

Grazie per la replica garbata e attenta. Se mi consenti vorrei solo precisare due cose:
- Chi è lucido ha diritto, ripeto: diritto inviolabile, di chiedere la sospensione delle cure. Se il medico non lo fa è perché ha timore che qualche pm in cerca di pubblicità lo metta poi sotto processo: sarà bene allora ribadire il punto sul piano legislativo, ma già oggi, in caso di rifiuto del medico, basterebbe un ricorso al tribunale.
- Il discorso sui bambini e i malati mentali non vuol essere un discorso pietistico: è però, quella della eut. forzata, una conseguenza inevitabile, come già la storia e la cronaca di questi anni ha dimostrato. Possiamo illuderci che non finiremo col ripetere gli stessi orrori? Il rischio mi sembra troppo alto nel rapporto tra "costi" e "benefici" (che però ad essere sincero io non vedo).
Cordialità
Guerinmeschino

cruman ha detto...

eh no, un conto è sospendere le cure, un conto è staccare una macchina. Quello non lo si può proprio fare e non c'è ricorso che tenga.
Per quanto riguarda la tua domanda: Possiamo illuderci che non finiremo col ripetere gli stessi orrori? Ovviamente no, anzi, possiamo stare certi che li ripeteremo. La storia dell'uomo è la prova inconfutabile che l'uomo non impara dalla storia e ripete in continuazione gli stessi errori, perchè i valori sono sempre gli stessi e mai l'evoluzione personale, che è l'unica via. Quindi se dovessimo muoverci solo con la certezza di non ricadere in noti errori, staremmo costantemente fermi.
Mercì

cruman

Anonimo ha detto...

ciao finalmente il mio pc è risorto e sono in tema col tuo post a proposito d volere divino(da non confondere col volere di vino.Dopo queste stupidate dico la solita cosa,visto ke,per circostanze indipendenti dalla mia volontà,non ho potuto esprimermi per molto tempo,anke se nessuno se ne è accorto.Dunque ma ki ha detto ke dato ke Dio c ha donato la vita,solo Lui può togliercela? L'ha detto Lui a qualcuno? No perchè c'è sempre qualcuno convinto d conoscere esattamente la volontà divina e,soprattutto,deciso ad imporla a tutti.Io penso ke se esiste una Mente superiore(e non c vuole molto vista la piccolezza delle nostre)noi non possiamo nemmmeno lontanamente immaginare i suoi disegni e la sua volontà:ognuno,nel suo piccolo fa parte di un progetto ke non c è dato conoscere e tutte le sue azioni,belle o brutte ke siano,vanno viste in quest'ottica e non giudicate perchè tutto tende verso uno stesso fine.
E dopo questo predicozzo,tanti saluti e c sent presto.

T ha detto...

Caro Cruman, sono molto interessato dalle tue riflessioni proprio perchè esistono! Nel senso che sei una persona che riflette in maniera seria e si vede da quanto le tue riflessioni fanno ridere!!!
Una piccola notazione sulla questione del dono.
In questo caso ti sfugge la visione religiosa della vita quantomeno del cristianesimo. Dono è qualcosa di gratuto e che non si chiede in restituzione. Giustissimo.
In questo senso il momento iniziale della vita è comunque un dono e non una scelta arbitraria perchè se ti voglio fare un regalo non ti chiedo il permesso. Naturalmente è un dono particolare in quanto è un dono costitutivo della tua capacità di accettare o rifiutare, della tua libertà di scegliere.
Insomma il dono della vita è un dono composito e complesso come dimostra il fatto che anche dopo tanti anni quasi nessuno capisce una mazza di ciò che gli accade.
Per il cristianesimo la vita è donata e mai richiesta indietro, vita eterna e resurrezione della carne esprimono bene questo concetto.
Naturalmente come tutti i doni io sono libero di utilizzarli, chiuderli in un cassetto, farli a pezzi, pensare ammazza ma che cagata di dono, potevi farmi lo stesso regalo che hai fatto a Brad Pitt .....

cruman ha detto...

caroT,
per la prima parte del tuo interessante commento ammetto di aver reso un po' troppo semplicistica la faccenda dono, del resto questo è bislacco blog non un testo di hans kung (che quando morirà entrerà nell'olimpo delle arti marziali, perchè kung fu). Per la seconda parte sono d'accordo, soprattutto per la faccenda Pitt anche perchè il mio regalo somiglia più a bull che a brad.
Però riporto una domanda che ho già posto in questi commenti: "il dono a chi viene fatto?" cioè se non esisto prima di essere concepito, non mi si può fare un dono, se me lo si fa una volta nato, è troppo tardi. Secondo me il concetto di progetto divino e di dono entrano un po' in collisione. E' possibile?

T ha detto...

Non credo che riuscirò a risponderti con un ragionamento logico .... quindi tutto come al solito.
Potrei dire che le categorie di tempo che tu usi non esistono se non nella creazione e Dio "è" in un presente che racchiude anche il passato e il futuro ma credo che verrei rinchiuso immediatamente.
Potrei dire che coincidendo il dono con il donatario e in parte anche con il donante (fatti a immagine e somiglianza di Dio) ci troviamo di fronte a qualche cosa che trascende il dono come concetto pur includendolo.
Potrei dire non tanto "il dono a chi viene fatto" ma "il dono E' chi viene fatto" oppure anche io mi sono fatto e per questo tutto mi sembra un dono qualcuno potrebbe addirittura dire "io mi sono fatto da solo".
Per quanto riguarda il concetto di progetto divino e di dono sono d'accordo che esprimono un paradosso e un paradosso molto difficile da risolvere.
Ma supponiamo che il progetto di Dio sia un uomo libero di amare.
Supponiamo che il concetto di progetto che ha Dio non sia qualche cosa legato al soddisfacimento totale o parziale, diretto o indiretto di un proprio bisogno.
Inoltre nessuno ha sotto mano il progetto che Dio ha per la propria vita. Tale progetto è oggetto di scoperta esclusivamente personale con svariati aiuti esterni. In realtà la scoperta di tale progetto si chiama vita e finisce solamente con la morte.
Potrei dire quindi che la Vita stessa è il progetto di Dio e che il paradosso progettualità/gratuità viene risolto dalla vita stessa dell’uomo che è la dimostrazione ontologica della coesistenza dei due principi sotto lo stesso tetto.