giovedì 31 agosto 2006

La bambina dalle uova d'oro


La psicopedagogia ci insegna che è buona cosa rendere i nostri pargoli, fieri del prodotto della loro piccola ma mefitica digestione. In questo modo, quel buffo omino che vi gira per casa, svilupperà coscienza della sua fase anale (fondamentale secondo Froid – si scrive così e si pronuncia fruà -), garantendogli uno sviluppo puberale sano e contrastando efficacemente la tendenza, molto diffusa tra i bambini, a diventare serial killer. Altro beneficio, accolto con gaudio dai maggiori psicologi, è il fatto che l’infante la smetterà una buona volta di riempirvi la casa di merda.
Sono convinto che Tom Cruise (famoso dirigente di Scientology) aveva in mente questo, quando ha commissionato a un artista, la scultura della prima concreta produzione della figlia sua e di Katie Holmes (forse parente del noto attore di muto). Però, santiddio, addirittura metterla in vendita mi sembra un tantino eccessivo. Va bene, il ricavato andrà in beneficenza e va bene anche che pecunia non olet (speriamo), ma è una bambina non una gallina dalle uova d’oro (in tutti i sensi)!
Ci tengo a precisare che la notizia l’ho tratta da repubblica on line, cioè dove ho letto che la Fallaci si sarebbe schierata con la Casa delle Libertà, che un graffitaro aveva scarabocchiato l’Air Force One e via discorrendo. Quindi sono andato a controllare e pare proprio che la statua stronzea sia esposta in una galleria di Brooklyn (spero la galleria di una metropolitana).
Qualche sospetto, lo ammetto, me l’aveva destato la forma della secrezione raffigurata: questa bambina nasconde un terribile secreto! Magari non è davvero sua, forse è del padre (che non è molto più alto) o del levriero di casa Cruise (che invece è molto più alto). Inoltre mi domandavo se l’opera è stata scolpita in tempo reale o se, tramite processo crioconservativo (che però limita i principi attivi del prodotto), sia stato fatto un pacchettino e spedito all’artista con un pony. Certo l’artista può ritenersi fortunato. No, non perché ha pestato una cacca, ma perché ha avuto comunque un escremento solido. Se l’avesse fatta sciolta sarebbe stato costretto a scolpire una caccola.
Che considerazioni si possono trarre da questa vicenda?
Non è facile dirlo. Intanto mi sembra opportuno suggerire una perizia psichiatrica per chi ha partorito, anzi cacato, questa idea. In seconda battuta si potrebbero fare i soliti discorsi sull’eccentricità di queste ricche e famose personalità che si sposano ogni otto numeri di Eva 3000 e fanno figli come se andassero al cesso. Questa poi è una delle curiose caratteristiche della nostra specie: i più prolifici esemplari sono sempre i più disagiati socialmente e i più sfondati di soldi. Il sovraffollamento demografico è una questione di estremi.
Si potrebbero spendere due parole anche sull’artista. Provo a immaginare la conversazione intercorsa:
“Pronto, salve sono Tom Cruise
“Sì e io sono Nonna Papera
“No guardi sono davvero io se vuole le do il numero della carta di diamante”
“Ah mi scusi dottò, mi dica tutto (vai che ho svoltato, ora mi chiede una statua sua in grandezza naturale che mi costa pure poco in materiali e divento ricco e famoso)”
“Avrei bisogno del suo talento artistico”
“Troppo buono dottò, che le serve? Sono a sua disposizione”
“Dovrebbe scolpire il primo prodotto organico della mia figlia nuova fiammante”
“Certo dottò senz’altro…ma che devo fare che non ho capito?”
“Fare un scultura che rappresenti il primo stronzo di mia figlia”
“Ma come si permette??? Io sono un artista non un buffone!! Ho una dignità io”
“Vanno bene 8 milioni di dollari? Giusto perché li ho qui nel marsupio”
“La vuole in bronzo o lavoro direttamente sulla cacca dottò?”
Infine mi sento dentro (evabbè) un’amara considerazione che non posso trattenere. Nel mondo c’è la fame, ci sono le guerre, le devastazioni geoclimatiche, l’intolleranza, ci sono assassini, stupratori, ci sono persino gli amici di Maria De Filippi, ma io credo fermamente che sono le cose come queste i veri segnali dell’imminente fine del mondo. Non sottovalutate questi dettagli, l’apocalisse è vicina, non può esservi altra spiegazione.
Persino l’etimologia ci porta in questa direzione: l’uomo si è sempre occupato del fine ultimo delle cose, di come sarà la fine e che cosa ci sarà dopo. In una parola l’escatologia. Nulla a che fare con la trattazione di temi escrementali: la scatologia.
Non trovate questa vicenda molto seria e…scatologica?

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mercoledì 30 agosto 2006

Lettera equidistante dal fronte


Ciao ma’, scusa se ti ho fatto attendere mie notizie, ma qui al fronte la vita non è semplice. Che poi qui non è esattamente un fronte, sembra più una pancia: siamo nel ventre della guerra. Praticamente occupiamo risoluti, le traiettorie balistiche di artiglierie contrapposte. Non credo che risultiamo proprio furbi a questa gente. Qui è un guazzabuglio, ci sono libanesi, israeliani, tedeschi, spagnoli, francesi, americani, tutti armati fino ai denti e incazzati come scimmie. Capire chi può darti una mano e chi staccartela, non è un’impresa facile. Anche perché le istruzioni che ci hanno dato non sono chiarissime: non si parla di nemici ma di equidistanza. Io però sono un soldato non un geometra. Anche gli obiettivi sono vaghi, ma io eseguirò gli ordini, come ho sempre fatto.
Ci hanno anche spiegato fino alla nausea 'ste benedette regole di ingaggio, che sono poi le condizioni necessarie e sufficienti per utilizzare le armi a scopo di difesa nei confronti di uno che mi sgozzerebbe anche mentre cago. E’ tutto complicato ma’, non come mi raccontava il nonno, qui devi anche stare attento a come parli. Sì perché c’è sempre qualche patito dei souvenir che comincia a riprenderti con la sua telecamerina di mediaworld proprio mentre stai cercando di non farti ammazzare. Poi mandano il filmato a porta a porta e la gente seduta in poltrona si indigna per il cinismo e il mancato rispetto lessicale della vita umana. Così qui capita di sentire cose del genere:
“Collega leggermente inferiore Stromendo, si accerti che quell’individuo pregno di dignità, che si staglia nel cielo nubicondo di questa gloriosa terra, non covi in seno progetti lesivi della nostra sacra libertà. In caso contrario agevoli in prima battuta un’opera di rispettosa intimidazione psicologica. Nell’eventualità il nostro equidistante amico non dovesse desistere, tenti di ostacolare i suoi scriteriati intenti con l’ausilio delle dotazioni d’ordinanza, avendo cura di procurare il minor danno necessario, perché siamo qui per garantire pace e serenità, non per combattere come soldati in zona di guerra….Collega Stromendo?….Stromendo????”
Però ci sentiamo fortunati. Noi facciamo parte di una missione storica. Lo ha detto il primo ministro. Mica come i colleghi in Iraq, quelli pare siano soldati veri, di quelli cattivi, che usano le armi e fanno le guerre (anche questo l’hanno detto a porta a porta). E le guerre sono sbagliate, sempre. Infatti noi siamo qui per fermarne una.
Il mio tenente, in confidenza, mi ha detto che non è possibile fermare una guerra coi soldati. Che fare la guerra alla guerra crea un conflitto in più e a questo punto ha più senso schierarsi sperando di risolvere la questione in fretta o starne fuori. Io non ho capito bene, ma il tenente è uno che ne sa e mi fido.
Intanto qui i missili viaggiano da far invidia all’alitalia e sotto la gente muore ammazzata. Io di politica internazionale non ci capisco molto, ma ho capito che se aiuto un israeliano in più mi danno del sionista, mentre se tiro fuori un libanese dalle macerie passo per filoislamico. Io sono un lagunare ma’, manco so che significano quelle parole. So solo che vedere la gente morire fa schifo e la paura di fare la stessa fine ti fa diventare un altro. Uno che non conosci ma’, che non conosco nemmeno io. Eppure la televisione, i giornali, parlano di noi, di me, come se conoscessero bene questo soldato e lo giudicano per quello che fa, per quello che è, senza sapere come si vive stando dietro e di fronte a un fucile.
E’ strano ma’, tu parti con le tue idee e le tue convinzioni, su cosa è giusto, su chi è tuo amico e chi non ha interesse a vederti vivo. Poi tutto si confonde, perché sei lontano da casa, perché i valori si mischiano alla paura, la vita alla morte e l’assurdo è il solo nemico che combatti giorno e notte.
Comunque sta tranquilla ma’, io faccio il mio lavoro per il mio paese e sono sereno. Mica come il tenente poveraccio, che non sa più da che parte girarsi. Ha un esercito straniero dietro e uno davanti, ha il suo plotone da riportare a casa sulle proprie gambe e superiori che gli parlano di politica. Lui sì che non sa che scrivere alla mamma. L’altra notte è rimasto per ore con una penna e una cartolina davanti al naso. Poi, non ci giurerei, ma sono quasi sicuro di averlo visto scrivere “saluti da pinarella di cervia”. Perché non ci parli tu ma’? Sua mamma abita vicino allo zio Silvano, vai da lei e le dici che ci penso io a suo figlio, che gli starò vicino e cercherò di capirlo, anche se sono qui solo perché centro una monetina a 100 metri con un FAL Truppe Alpine, ma questo non vuol dire che non capisco il peso del comando.
Mi raccomando non ti preoccupare, andrà tutto bene e puoi capirlo da sola: se i pacifisti non protestano vuol dire che siamo al sicuro.
Ah un’ultima cosa: se vedi la madre di Stromendo, dille che non è successo niente e stanno tutti bene. Il collega ha solo male interpretato un ordine e ha tirato un anfibio a un passante, che ha reagito con una testata. Comunque vedrai che nessuno ci farà caso, il tenente dice che siccome siamo una missione storica, nessuno dirà “10, 100, 1000 testate a Stromendo”.
A presto ma’, un bacetto al babbo.

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martedì 29 agosto 2006

In Nico Veritas


Vi interessa la verità? Non parlo della Verità assoluta in senso filosofico o religioso, ma proprio sapere sempre come stanno le cose, realmente. Non fatevi prendere dall’orgasmo, pensateci bene prima di rispondere. A volte seguo, con un volermi male tutto mio, quei programmi televisivi in cui giovani uomini e giovani donne si espongono come cernie occhiovivo dal pescivendolo, dichiarando le proprie tendenze e che cosa vanno cercando tra discoteche e centri commerciali. Alla richiesta che per stupidità è seconda solo a “fai la faccia più buffa che puoi” e cioè “descrivi il tuo uomo ideale”, le giovani donne tendono a delineare panorami del tipo “lo vorrei simpatico, intelligente, responsabile ma divertente e soprattutto sincero”. Il fatto che poi finiscano in caccia di un tricipite che fa provincia, a bordo di una macchina del valore pari al PIL del Venezuela è risvolto psicologico ancora in fase di studio. Gli uomini invece sono più in contatto con la propria spiritualità: “io cerco una alta, bionda con tante tette e un culo loquace. Se poi sa anche parlare va bene, ma senza esagerare, c’è già il culo”. L’uomo nell’esprimere i suoi alti valori sociali, difficilmente parla di sincerità (anzi, in ambito tette gli va bene anche la falsità). Forse perché sa che il dna umano non è programmato per questa funzione o forse perché pensa di riuscire a capire e gestire tutto con facilità. Sta di fatto che, a ben guardare, la sincerità non interessa a nessuno. E non parlo del fatto di essere sinceri che, sappiamo bene essere uno sport estremo. Parlo proprio della sincerità che diciamo di cercare negli altri. Quello che interessa la gente è avere, per quanto possibile, ciò che desidera e come lo desidera. Se la verità agevola la realizzazione di queste volontà, la si apprezza, altrimenti una qualsiasi fuffolata è meglio. Per questo motivo molte tipologie di rapporti umani, sono “facilitate” da una serie di regolamentazioni che non richiedono l’esercizio della verità. La condizione primaria è dimostrare sempre di muoversi all’interno dei canoni definiti. Questo vale nelle relazioni professionali, sociali, sentimentali e via discorrendo. Spesso, di fronte ad ostacoli di rilevante portata, si tende persino ad affrontare, con enorme dispendio di energie, falsi problemi generando un vortice in grado di frullare qualsiasi rapporto come un centrifugato di carota. Generalmente le persone, messe di fronte alla possibilità di considerare le cose nella loro vera essenza e alla facoltà di fare una scelta ponderata in merito, reagisce lamentandosi con qualcuno o qualcosa. Facendo un passo indietro, si può anche affermare che la ricerca stessa di ciò che è ragionevolmente vero, è un’attività detestata quanto il portar fuori la spazzatura. E’ per questo che le persone si ammazzano a vicenda per imporre la propria, perché non è la loro verità, perché non l’hanno cercata.
L’espressione di ciò che realmente abbiamo dentro e l’accettazione del corrispettivo altrui, richiedono poi una comunicazione di tipo diverso, a più livelli. Troppo faticosa. Faccio un esempio:
Lei “caro ti dispiace accompagnarmi a Recco a prendere la focaccia?”
Lui, in pantofole di fronte all’intera serie di Scrubs scaricata dal suo amico Peppe l’hacker “No che non mi dispiace cara” esprimendo mentalmente valutazioni eresiache sulla settima stazione della Via Crucis.
Nella comunicazione a più livelli lui avrebbe risposto “Certo che mi dispiace, simpatico ammasso di bigodini, avevo appena finito di sistemarmi il pacco comodo comodo, ma siccome ti voglio bene, faccio volentieri questo sacrificio per te”.
La vera essenza di un rapporto umano è la discriminante tra il viverlo e il gestirlo. Non voglio certo giudicare questo sistema di relazione. Probabilmente rende le cose più vivibili, però trovo inutile fingere che le cose siano perfette o dichiarare di apprezzare valori che poi non si sa gestire.
Sin da bambini ci insegnano che le cose seguono uno schema fisso. I problemi matematici hanno dei dati, una elaborazione e, sempre, una soluzione. Ma ci sono problemi che non ne hanno di soluzioni, non con i dati a disposizione. Come ci sono dei momenti in cui i desideri personali divergono o dei binari rinunciano al loro parallelismo (certe volte sono così poetico che mi andrei a nascondere). Bisogna accettare anche questo. Di fronte a questi eventi bisognerebbe riuscire a continuare a considerare le persone, l’identità delle cose, il rispetto e non farsi accecare da desideri non più soddisfatti.
In tutto questo, spesso, chi raggiunge un equilibrio che gli consente di esprimersi senza artifici, viene considerato uno squalo, quindi forse, conviene essere un pesce palla.
Si finisce regolarmente in oriente quando si cerca un po’ di saggezza allo stato brado. Anche al pub del mio amico Nicola non si fischia affatto per essere sinceri, come da argomento del post. Ma è Chuang Zu, nel Sacro Libro di Nan Hua (chi non ne ha una copia di fianco al futon?) a dire “la verità è infinita, ma l’intelligenza umana è finita (non nel senso che non ce n’è più…sebbene… ndr). Perseguire l’infinito con ciò che è finito è un'occupazione pericolosa”.
Il tutto è stato sintetizzato a dovere da Barricco “La verità è sempre disumana”.

Nico, fammi una media va’.

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lunedì 28 agosto 2006

Comunicazione coatta


Una zanzara mi ha parlato di un coniglio. No, non parlo con gli animali, almeno finché non mi chiederanno scusa, ma l’amica zara la zanzara mi ha informato dell’esistenza in commercio di un coniglio emozionale. Nabaztag è l’ultimo ritrovato in campo di intelligenza artificiale applicata all’intrattenimento e alla comunicazione interattiva….un accrocchio infernale insomma. Trattasi di sistema informatico assemblato a guisa di comune leporide, in grado di svolgere alcune funzioni di cui, pare, circa 50.000 acquirenti avvertissero l’esigenza.
Per esempio: torni a casa con i testicoli in tasca, dopo aver cercato, per tutto il giorno, di spiegare cose elementari a un branco di scimmie urlatrici e il coniglio ti accoglie enumerandoti tutte le faccende per cui qualcuno, in qualsiasi luogo del mondo, ha deciso di interpellarti. Non solo, il cyborg zoomorfo, ti fa anche delle faccette a tema (triste, arrabbiato ecc.) con tanto di lucette e suoni, trasmettendoti lo stato d’animo di un tizio dall’altra parte del pianeta che non ha mai salutato il suo pizzicagnolo, ma sente in cuor suo l’assillante impulso a renderti partecipe del suo umore. Qualche illuminato analista postmoderno, ha tributato un plauso a questa nuova frontiera della comunicazione mediata perché “include un avatar fisico con cui è possibile agire”.
Ma a qualcuno è mai venuto in mente che forse si comunica troppo? Che l’apertura di sempre nuovi canali mediatici, ha creato un enorme frastuono di roboanti e inutili chiacchiere, che soffoca le poche cose davvero degne di nota, ma che soprattutto sotterra quel già esiguo spazio di vitale e salutare silenzio? Se entro in casa mia e chiudo fuori per qualche ora il resto del mondo, perché devo avere un pupazzo che mi intristisce con le sue faccette, mentre rigenero il mio io con l’erotico rito del taglio delle unghie dei piedi tramite tronchesino opinel registrato in questura come arma ad uso sportivo? Vorrei scegliermi da solo i momenti in cui dedicarmi alle persone, ai loro stati d’animo e vorrei poter scegliere quando comunicare, ascoltare e agire. Voi direte “basta che lo spegni”. Ebbravi! Questo è l’inizio della fine. Dicevate così anche del cellulare e delle sigarette. Ora siete anche voi nel tunnel: sapete bene che coprire carnalmente la moglie di qualcuno è affronto meno grave del farvi trovare con il telefonino spento. E poi chi ha il coraggio di spegnere un coniglio? A rischio di trovarvi un canotto di greenpeace nella vasca da bagno!
La quantità di canali comunicativi e di traffico che vi scorre, non è necessariamente sinonimo di sviluppo o di evoluzione sociale. Il concetto di comunicazione richiede molto più di una sorgente, un mezzo e un destinatario. Occorre il momento giusto, un’informazione sensata e dei ragionevoli motivi per farla passare. I giornali, la televisione, internet, i cellulari, stanno diventando sempre più la dimostrazione della comunicazione intesa come occupazione di spazio (come quando Prodi emette un suono continuo in risposta alle domande sugli interventi miltari) o al limite, come merce da bancarella. Insomma, meno rapporti, ma più umani….sono per un’ecologia dell’interconnessione umana! Anche perché ho il sospetto che la possibilità di dire tutto a tutti, abbia ridotto drasticamente la capacità personale di analizzarsi, di sviluppare la consapevolezza e l’indipendenza emotiva.
Temo che il coniglio si riprodurrà come da antonomasia, specie qui in Italia, dove siamo tutti esibizionisti con il culto della privacy. Abbiamo 3 cellulari per ogni mano, 20 indirizzi email, due siti internet, 8 carte di credito, 2 bancomat, un telepass, 1 fax, 2 linee telefoniche, un coniglio emozionale, un citofono, 2 caselle postali, senza contare 132 tentativi di apparire in televisione, 391 telefonate a quiz televisivi, 8 abbonamenti nominali a siti porno…..poi se ci arriva una lettera di questua da un’associazione di beneficenza, sporgiamo denuncia per violazione della privacy perché non siamo stati avvisati di essere inclusi in un database anagrafico.
E finiremo così:
“Allora non ti frega niente che sono triste!”
“Scusa ma ho il coniglio a riparare”
“Ti ho mandato anche 6 sms”
“Un virus telefonico, tutto cancellato. L’hanno creato De Sica, Amendola e Muccino”
“E il fax con l’immagine del panda nepalese in lacrime?”
“Inceppati i fogli”
“La raccomandata urgente con due gocce del mio sangue?”
“Il postino ha morso il mio cane e ora siamo in causa”
“Non è che per caso non hai voglia di sentirmi?”
“Come puoi pensare una cosa simile??”
In realtà il coniglio l’avete fatto in fricassea, il cellulare l’avete usato per condirlo, con la carta del fax vi ci siete puliti il culo dopo averlo digerito e alle poste avete comunicato la vostra morte per intossicazione alimentare. Il tutto per un po’ di pace, perché ora non farsi trovare da chi vi cerca pare essere il vero peccato capitale.
Allora, cari fenomeni del marketing, invece di inventare un coniglio che parla e fa le facce, create un procione che ascolta, un opossum comprensivo, uno stercorario che annuisce partecipe.
Provate a pensare a quante cose sono state dette solo e soltanto perché c’era il mezzo per dirle. Rifletteteci e quando sarete giunti a una conclusione….non ditela a nessuno che non abbia espresso il desiderio di sentirla.

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venerdì 25 agosto 2006

Traffico intenso in Via Lattea


Uno è lì teso come una corda di tamburo, a seguire vicende di rilevanza mondiale e questi che fanno? Ti mischiano il sistema solare come un mazzo di carte da tressette. Non vedevo l’ora che terminassero quei noiosi servizi sul medio oriente zuffarolo per poter seguire l’evoluzione della storia del veliero fantasma e poter così placare la mia ansia. Droga, terrorismo, pirateria, lo squalo squallido che balena tra i cetacei: mi hanno distratto con ipotesi a rotta di collo e poi compare un tizio del Lussemburgo (una nazione grande come Pieve di Cadore) e dice:
“Scusate, l’avevo legata male”
“Si dice ormeggiata” puntualizza la capitaneria di porto in persona
“E’ uguale” e se ne va orzando di bolina in stretto dialetto lussemburghese.
Così tu, spettatore attento agli eventi epocali, ti riai (mirco dei riai) e con lo spirito sollevato e lo sguardo pure, ti accorgi che qualche burlone ha giocato a palla coi pianeti e che il sistema solare in cui hai scorazzato a velocità folle per anni, non è più quello di una volta. La colpa è dei pezzi grossi dell’Unione Astronomica Internazionale (che poi mi chiedo: se è astronomica ci mancherebbe altro che non fosse internazionale) che in quel di Vienna, hanno declassato per demeriti morfologici, Plutone da pianeta a pianetino, promuovendo di contro tre sassetti a corpi celesti degni di orbitare ostentando una certa tronfiaggine. Il conto finale parla di 11 pianeti e un nano bagonzo. Ma pare che le sorprese non siano finite: altri corpi siderali gravitano intorno alla capitale austriaca nell’attesa di essere vagliati, sondati e nominati per poter entrare nei sussidiari dei pargoli di tutto il mondo. Per questo motivo mi sento di dover pubblicare una lettera affranta, ma garbata, inviatami dal signor Panebianco, presidente della FICA, Federazione Italiana Cartomanti e Astrologi. Ipse dixit:

“Spettabile lo cruman, viviamo in un mondo confuso sparato come un proiettile in un sistema solare che è divenuto ancor più confuso. E’ per questo che affidiamo a lei questa nostra, fiduciosi che la di lei attenzione verso le più scottanti problematiche sociali (dimostrata magistralmente nella causa AFASIA contro il Spaggio), non mancherà di dimostrare sensibilità verso il nostro dramma. Non vorrei peccare di presunzione affermando che il dramma, più che nostro, è di milioni di persone che affidano ai nostri precognitori, le sorti della propria esistenza. Abbiamo passato tante difficoltà: persecuzioni, caccia alle streghe, processi sommari e non ultimo la lotta intestina per definire il nome dell’associazione, ma di fronte a questa premeditata mossa delle lobby scientiste per screditare il nostro lavoro serio e complesso, non sappiamo più che pesci prendere. E capirà bene che se non sappiamo, noi astrologi, che pesci prendere, è grave.
Abbiamo già ricevuto migliaia di lettere di protesta: gente che aveva Plutone nella seconda casa ora lo vuole fuori dalla sua proprietà. Fedeli clienti che ci rispediscono piani astrali completamente sballati dalla nuova configurazione cosmica. Migliaia di ansiosi oroscopodipendenti vogliono sapere in che modo questi nuovi pianeti influiscono su amore, lavoro e sesso. E se vale ancora l’ultima divinazione che recitava “partirete per un viaggio, conoscerete una persona, sesso ok, fortuna boh”.
I nostri calcoli, esimio lo cruman, non sono semplici e ridefinire tutti i quadri astrologici ci procurerà un danno valutabile intorno al fantastilione di euri. Senza contare le emittenti televisive magiche, le rubriche sulle riviste femminili, i cartomanti alle fiere, i programmi radiofonici….magnifico lo cruman, sarò sincero, Branco è ricoverato in una clinica per un grave esaurimento nervoso, la situazione è spaventosa, soprattutto per chi è nato nella prima decade.
E poi mi permetto di fare un appunto sulle tecniche di nomenclatura utilizzate da questi sedicenti scienziati. Che cosa avevano di sbagliato Venere, Giove, Mercurio? Divinità mitologiche fantastiche e conosciute da tutti. La gente andava via contenta sapendo di avere Mercurio che entra in Venere proprio sulla sua capoccia. Che bisogno c’era di chiamare un pianeta 2003 UB313?? Come possiamo rivolgerci con aria ieratica a un disperato utente, bisognoso di essere illuminato, dicendogli - amico Giovanni (è un nome inventato), purtroppo lei ha 2003 UB313 in opposizione quindi pugnette per almeno altri quindici giorni – Non si può proprio illustre lo cruman, non si può e so che lei può capire. Abbiamo pensato a lungo prima di scegliere il veicolo della nostra vibrata, ma garbata protesta e abbiamo deciso (immediatamente dopo aver deliberato il nome dell’associazione) di rivolgerci a Ce Lo Dice Hillman, guidati dalla coerenza, dalla indipendenza, l’apertura mentale e il colore dello sfondo, che caratterizzano il suo sito, gentile lo cruman.
Sicuri che il suo vasto pubblico navigante saprà apprezzare anche questo risvolto sociale volutamente taciuto dai maggiori mezzi di informazione, le porgo i miei più sentiti ringraziamenti e mi fregio di metterla in guardia dall’uscire di casa nei giorni dispari con Giove rovescio, questo se Cerere non diventerà un pianeta, altrimenti esca pure che il suo sex appeal farà un successone (premonizione gratuita aut. min. ric.). Dott. Panebianco. FICA”

Come da accordi telefonici (al numero 899 000 ***) pubblico l’umile protesta, a cui ho risposto in forma privata, nella speranza di smuovere le coscienze dei molti appassionati di astrologia (sì sì anche tu del cicap, lo so che leggi il tuo segno in fondo a vanity fair).

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mercoledì 23 agosto 2006

La matematica non è un ombrellone


Questo curioso esemplare di ominide ipertricotico, non è lo strangolatore di Boston e nemmeno il mostro di Dusseldorf, come qualche lombrosiano potrebbe ipotizzare. Trattasi bensì di Grigory Perelman. Corbezzoli, direte voi. Senza che stiate a fare troppo i sarcastici, codesto russo è considerato una delle menti matematiche più sbalorditive del pianeta e, come da classica letteratura biografica, non si discosta molto da un completo svalvolato. Tra le sue bizzarre abitudini, c’è quella di assurgere agli onori della cronaca qualunquistica più per i suoi rifiuti che per le sue geniali teorie e dimostrazioni. Il matematico ha recentemente rispedito al mittente la medaglia “fields”, una specie di nobel della matematica (o un oscar euclideo se volete), con allegato un gruzzoletto da 780 mila euri. Già nel 2002 rifiutò un premio di un milione di dollari offertogli per aver dimostrato che la famosa congettura di Poincarè non era poi solo una semplice congettura. Destinatario dello sprezzante rifiuto fu il Clay Mathematics Institute di Boston, che mantiene ancora in palio altri 6 milioni di dollari, non per costruirci un uomo bionico, ma per la soluzione di altrettanti quesiti matematici rimasti irrisolti. Non so dirvi quali siano, ma sospetto che comprendano il conteggio esatto delle cartelle elettorali delle ultime politiche e l’identificazione di quello stramaledetto ferroviere che fa sempre partire il treno A a 40 km/h e il treno B a 60, diretti uno contro l’altro.
Certo, nemmeno il fatto di rifiutare riconoscimenti internazionali è nuovo. Anche Sartre rifiutò un nobel per questioni politiche e la sua eterna compagna Simon de Beauvoir ebbe a commentare “che palle l’esistenzialismo”.
Poincarè non credo sia quello che ha inventato il pane per i toast, ma uno che durante la sua vita ha avuto lo spunto per congetturare teorie, ma non la genialità per dimostrarle. Così ha lasciato ai posteri l’ardua incombenza. Altri furbetti prima di lui fecero la stessa cosa. Fermat elaborò un noto teorema, scribacchiandolo a margine di un libro di matematica adducendo poi come scusa alla mancata dimostrazione, che in quello spazietto non ci stavano le parentesi graffe. Morì prima di trovare un foglio protocollo a quadretti.
Tornando al vecchio Grigory, cercherò di spiegare a quale problema si è voluto assolutamente dare soluzione, tanto da mettere in palio tutti quei soldi che avrebbero potuto trovare più dignitoso utilizzo in alcol e macchine veloci. E’ molto semplice: Poincaré pensava che la superficie della sfera fosse essenzialmente caratterizzata dalla proprietà di connessione semplice (cioè cammini chiusi contraibili in un punto) e congetturò che la cosa fosse vera anche per il caso della 3sfera (cioè un'ipersfera nello spazio a 4 dimensioni). La congettura è stata poi generalizzata a n-sfere di dimensione qualunque……. Semplice no?
E poi state a chiedervi che senso ha dare dei miliardi a gente che tira calci a un pallone! Noi comuni mortali normalmente matematicizzati, stiamo ancora cercando di capire che gusto ci sarà nel prendere degli epsilon piccoli e attendiamo con ansia il giorno in cui un logaritmo ci tornerà utile nella realtà di tutti i giorni. Figuriamoci se possiamo esultare alla risoluzione di un problema che riguarda un’ipersfera nello spazio a 4 dimensioni. Io poi devo ancora capire chi si mette a costruire quadrati sui cateti.
Però in fondo li capisco. Il matematico vive in un universo parallelo, anzi, vive in questo ma lo vede modellizzato. Avete presente matrix? L’eletto alla fine vedeva la realtà sotto forma di serie numeriche. Ecco il matematico vive così e credo che risolvere la congettura di Poincarè sia per lui come trovare l’amore o capire a che cosa serva. Mi piace pensare che è per questo che Perelman ha rifiutato tutti quei riconoscimenti. E’ un po’ come il primo uomo che ha scalato l’Everest, magari ha aperto la strada ad altri, ma a lui non interessa. Lui è seduto sulla vetta del mondo e ci è andato “perché era lì”, non perché gli fosse riconosciuto qualcosa.
Io in fondo sono un umanista e invidio la capacità della matematica di dimostrarsi. La filosofia è solo in grado di arrotolarsi su se stessa generando piacevoli figure ideografiche. E’ una specie di arte figurativa, un frattale concettuale. Sarebbe bello poter lasciare congetture o teoremi filosofici che un giorno, a distanza di secoli, qualcuno si prenderà la briga di dimostrare per poi comprarsi un cabinato di 24 metri con il compenso. Anzi ora lo faccio:
Primo teorema di cruman I rapporti umani tendono al nichilismo
Congettura di cruman L’isolazionismo converge verso il nichilismo
Corollario di cruman Il nichilismo è piuttosto invadente per essere una cosa che non esiste
Chiosa di cruman Brutta bestia le vacanze

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martedì 22 agosto 2006

Vola con Farnesina Tour


Questa pazza estate, uguale a tutte le altre pazze estati che si susseguono da quando esistono i telegiornali, non si è fatta mancare nulla. Come ogni given summer. Ha ovviamente stabilito una manciata di record assoluti, di caldo, di freddo, di ombelichi, di acqua, di non acqua, fuoco, fiamme e nevicate. Ha sparpagliato per il paese prodi (ops mi è scappato) inviati speciali che, avvolti in una canicola equatoriale, chiedevano a giovani in ammollo in fontane berniniane se per caso facesse caldo. Altri impavidi opinion scout hanno gentilmente domandato a ragazzini intenti a prendersi a pallate di neve, se avvertissero una punta di refrigerio fuori stagione. Espertissimi climoveggenti hanno prospettato imminenti glaciazioni curiosamente associate al discioglimento delle calotte (polari non craniche). Non ultimi, i veri eroi ferragostiani da riporto, si sono messi in coda sulla salerno – reggio per poter documentare i disagi dei 400 milioni di italiani in viaggio (stima approssimativa), allungando così la coda da 5 a 14 chilometri. Controindicazione accettabile, considerato che alla fine potremo sapere come si sente un camionista dopo 14 ore a passo d’uomo sotto il sole. Il tutto spruzzato da culi velinici e panzette vippiche. Fortunatamente i programmi di intrattenimento giornalistico hanno potuto sopperire ad una carestia di incendi boschivi, riempiendo gli spazi lasciati vuoti da ettari di foreste tristemente rigogliose, con i soliti quattro rambo vacanzieri.
Però non è colpa loro. Vorrei spezzare un braccio in favore di quelli che aprono il sito della Farnesina e leggono “non vi recate nel Ciad, è uso folkloristico rapire e scorticare con un pelapatate”. Poi uno dove vuoi che vada? A Vetralla? No, va nel Ciad naturalmente. Quel sito è diventato una sorta di agenzia viaggi: la gente scorre i posti più pericolosi e decide.
“Dunque nello Yemen mi sono fatto sodomizzare l’anno scorso, nel Chapas hanno scambiato un mio orecchio con due rivoluzionari nel 2001….. vada per il Ciad”. In pratica è come un safari, con la differenza che nei safari tu, cacciatore, vai dove ci sono le prede, in questo caso tu preda, vai dove ci sono i cacciatori. E poi chi resisterebbe all’idea di far sbattere un po’ D’Alema per le nostre vacanze?
Allora cambiamo strategia. Tanto le vacanze avventurose si possono fare anche qui in Italia e non c’è nemmeno bisogno di mandare dei C130 a recuperare le persone. Io per esempio in una settimana scarsa di ferie potrei segnalare decine di siti (nel senso di posti non www) ad alto rischio. Strade che scompaiono, cantieri nomadi che ti seguono armati di autovelox, indicazioni stradali labirintiche, truffe di ogni fattura e fatture truffaldine.
Parti con la tua macchinetta, accendi un mutuo, fai il pieno e ti metti in autostrada. Ti ritrovi in coda già nella corsia di accesso e cominci a scomodare divinità notoriamente suscettibili. La coda è dovuta a due motivi principali: cantieri acrobatici che costringono gli automobilisti a fare pezzi in senso unico alternato, incrociato, in galleria, in retromarcia (ovviamente i cantieri sono chiusi, ma tutti rigorosamente abbelliti da una sagoma di poliziotto sopra a una macchinetta fotografica spaziotemporale). L’altro motivo è la presenza di un branco di estatomobilisti che sanno usare l’autostrada come io so usare un modulo lunare. Così, alla prima uscita, ne approfitti e usci.
“Faccio la panoramica che è bella, rilassante e gratis” (pensi metà falso e metà ingenuo). Dopo aver interpretato la segnaletica attraverso il codice da vinci, ti ritrovi di fronte a un cartello ocra che recita “la statale, panoramica, naturistica e rilassante rimarrà chiusa tutto agosto, girate di là”. Non senza aver espresso opinioni personali in merito ai maggiori dogmi delle religioni abramitiche, torni in autostrada e ti fai tutta la coda, producendo bile ad ogni cartello che ti suggerisce di moderare la velocità. Giunto nel paesello marittimo di destinazione, ti sistemi nell’alberghetto in cui hai riposto le tue speranze di agio, anche a causa del costo esorbitante. Speranze presto scacciate dalla consapevolezza di dover fare i turni in bagno con uno scarafaggio peloso che, per di più, usa il tuo pettine. Il mare però è bello, limpido e tiepido. Peccato che tu non ci possa entrare a causa delle alghe assassine e delle meduse delinquenti. Vorrà dire che ti godrai la sdraio pagata vendendo i gioielli di famiglia. Insomma che cosa c’è di più avventuroso di un’estate passata a farsi derubare, mentre qualcuno vi sta svaligiando l’appartamento in città?
Quindi è inutile invogliare all’esterofilia i rambovacanzieri, qui non ci manca niente. A Napoli forniscono anche orologi farlocchi per vivere l’emozione di uno scippo senza rimetterci il rolex (farlocco, comprato a Singapore). Da adesso, al primo posto della classifica dei paesi pericolosi ci voglio trovare Vetralla, Brugherio, Casalpusterlengo o Anagni. Così tutti i professionisti delle ferie, ormai stufi di Ibiza Marittima, Mikonos e Maldive, non dovranno perdere tempo in burocrazia, vaccinazioni, riscatti e interviste a Malpensa, per un po’ di sano divertimento adrenalinico.
Sia chiaro, molta gente si reca in questi luoghi esotici e pericolosi, esclusivamente perché la loro sete di cultura etnica supera di gran lunga la paura, ma avete mai visto il centro storico di Cappelle sul Tavo?

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giovedì 10 agosto 2006

Fassino salvi la regina (coeli)


E’ una questione di punti di vista. Secondo Pierino Fassino il sovraffollamento delle carceri italiane è da imputare a 5 anni di malsano governo di (io non) centro destra. Alcune delle leggi varate dal governo Berlusca, hanno cioè provocato la deprecabile conseguenza di tenere chiusi in prigione i criminali. Per esempio, la ex Cirielli, ha allungato i tempi di detenzione per i recidivi. In pratica se rubi una caramella ti do uno schiaffo, se ne rubi un’altra due e così via fino al diabete o ai crampi alla mano. Pensate che con questa logica in alcuni stati americani si può arrivare al patibolo per aver sputato in faccia a un poliziotto (però tantissime volte). Poi, per continuare ad esempiare, c’è la Bossi-Fini che spedisce in carcere chi non rispetta i fogli di via (senza nemmeno prelevare le ventimila lire). Insomma sto vecchio governo s’è intestardito a punire chi viola (occhio all’accento) la legge riempiendo le carceri come uova dell’isola di Pasqua. In pratica la colpa della situazione carceraria non è dei criminali ma di chi li manda in galera. Punti di vista.
Il governo di (ho fatto) centro sinistra, molto probabilmente si bullerà a fine mandato di aver ristabilito un’accettabile densità di popolazione delinquenziale tramite un accurato lavoro sul tessuto sociale: tutti a casa. Operazione che già più volte si è dimostrata deleteria e comunque risolutiva solo per un breve periodo di tempo. Viene da chiedersi poi il perché dell’allargamento dell’indulto ai reati finanziari e similia: se l’obiettivo è sfoltire la popolazione carceraria, che senso ha indultare un reato per cui esiste un numero di condannati talmente esiguo che starebbero tutti in una celletta senza nemmeno dover fare i turni per il bagno?
Insomma chi sbatte in galera, chi manda a casa. Tanto per cambiare ci si dimentica di due cose fondamentali: cosa numero A agire sulle cause (umane e sociali) che causano i crimini, cosa numero B preoccuparsi delle vittime dei reati almeno la metà di quanto ci si preoccupa della poltrona in parlamento. Io ho ascoltato Fassino mentre spiegava perché l’indulto è una cosa giusta e l’ho pure capito, ma a metà discorso cominciavo a temere che dicesse cose del tipo “la strega cattiva dell’ovest ha preparato una pozione magica per la principessa di Tannauser” e così ho provato a informarmi meglio. Una discreta controanalisi dei fatti l’ha elaborata Marco Travaglio, quindi non starò qui a travagliare per farne un’altra, andatevi a leggere quella.
Una cosa che non ho trovato da nessuna parte è un conto di quanto costi un indulto di questo tipo, non solo dal punto di vista economico. Così mi sono lanciato in una serie di considerazioni sull’impatto sociale conseguente all’apertura di più di 20 mila celle.
Intanto vanno presi anni uomo di lavoro da parte delle forze di sicurezza, di indagini delle autorità giudiziarie e di processi e vanno allegramente buttati nel cesso. Poi ci sono tutti i recidivi. Una stima approssimativa e ottimistica fatta da chi ne capisce (quindi non da me) prevede che almeno il 40% dei criminali messi in libertà, tornerà a delinquere in breve tempo. E tutto il lavoro di cui sopra andrà ripetuto (senza contare il numero di nuove vittime). Per alcuni non si è fatta molta fatica, visto che all’uscita dal carcere hanno cercato di rubare il portafogli all’agente di polizia penitenziaria in garritta, fingendo di abbracciarlo per salutarlo.
Poi ci siamo noi. Le vittime. Non rientriamo mai nei conti, nelle statistiche, nelle parole dei politici. A volte il rapporto è di uno a uno o uno a pochi. Cioè un uomo in galera ha rapinato una persona, stuprato una o più donne. A volte il rapporto è uno a molti, come nel caso dei reati finanziari (vedi parmalat). Per ogni dieci persone scarcerate ci sono almeno dieci persone che non hanno giustizia e almeno altre 4 potenziali nuove vittime.
Poi c’è il terrore, lo scoramento: in Italia si accusano spesso i cittadini di omertà. Una marea di reati rimane impunita perché non denunciata, per paura o per mancanza di una posizione sociale ed economica che dia un margine di sicurezza. Quelle poche persone che hanno avuto coraggio, ascoltando i richiami dello stato a collaborare, ora come si sentono? Molti sono stati minacciati. Come quella famiglia vittima di rapina, violenza e stupro sotto gli occhi della bambina piccola, che ora vede i suoi aguzzini liberi e ripensa alle parole che avevano pronunciato “se ci denunciate, torniamo per ammazzarvi”. C’è da mettere in conto l’angoscia di queste persone, che dopo il dolore, la mancata giustizia, ora devono sopportare il terrore. Svegliarsi di notte ad ogni minimo rumore, temere per la vita dei figli, andare in giro guardandosi le spalle come una spia da film americano. E le forze dell’ordine non possono che cercare di rimettere dentro i criminali quando avranno commesso un altro delitto, creando altre vittime. Perché non si possono certo controllare 22 mila persone (o anche solo il 40%).
Insomma penso ci fossero altre strade oltre a quella di rimetterli per strada. Dicono che per costruire un carcere ci vogliano 20 anni. Come dice Bisio anche Diabolik ha avuto i suoi problemi con i piastrellisti e gli imbianchini per il suo rifugio sotterraneo, ma si potrebbero costruire strutture meno “poderose” dove rinchiudere i soggetti meno pericolosi, intanto.
Mi rendo conto che non si tratta di un tema di facile gestione e che forse questa si dimostrerà la strada giusta, ma sono molto deluso dal sentire sempre parlare delle condizioni vita dei detenuti (indubbiamente difficili) e MAI delle condizioni di vita (se ancora ne hanno una) delle loro vittime.

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martedì 8 agosto 2006

Costituzione di una frase uguale per tutti

Immaginate, dio ve ne scampi e liberi, di essere coinvolti in una disputa giudiziaria a causa, chessò, del vostro barboncino che ha strappato a morsi un quadricipite del postino o per quella cartella esattoriale che avete distrattamente incenerito nell’altoforno della vostra fabbrichetta. Pensate alla vostra prima volta in un’aula di tribunale: immagini di nero wolf, ellery queen e ally mcbeal si mescolano nella vostra mente, mentre sedete intimoriti aspettando che qualcuno dica “mi oppongo vostro onore” o “prego la giuria di non tenere conto dell’affermazione che precede” o ancora “eccheciazzeccha santiddio??”. Ebbene dopo anni di rinvii per le cause più assurde (dall’umidificatore di bolli che non umidifica al parkinson del vostro avvocato che avevate assunto appena laureato), dopo milioni di euri buttati al vento, smarrimenti di prove, dislocazioni dei processi a Brescia, verso che cosa sarebbero rivolte le vostre preoccupazioni?
Secondo l’ex ministro della Giustizia Castelli e il suo successore guardatore di sigilli Mastella il Clemente, è fondamentale che nelle aule di tribunale sia rappresentata in bella vista la frase, inerente l’esercizio della giustizia, più rilevante dal punto di vista politico, sociale e umano. In pratica i nostri responsabili del dicastero pensano che, entrando nelle sacre stanze del giudizio dell’uomo, imbufaliti da ritardi, avvocati alle maldive e toghe in sciopero, voi esclamiate soddisfatti “va’ che bella frasetta pregna di significati che c’è lì”. Questo dev’essere il motivo che ha spinto Castelli, nel 2002, a far cospargere i fori italiani con l’articolo 101 della Costituzione, che recita “La giustizia è amministrata in nome del popolo”, affiancandola alla classicissima “la legge è uguale per tutti” e sperando, di rimbalzo, di indispettire l’animo indipendentista e autonomista della magistratura italiana. Per contro, il cerchiobottista Mastella, concede ai togati l’eliminazione dell’insolente dicitura perché, parole ministeriali “Quella frase sul popolo sarà pure corretta, per carità. Sulla Costituzione c'è anche scritta. Ma messa lì, sul muro, toglie qualcosa all'altra frase che invece rappresenta un valore universale, un richiamo eterno, un invito alla saggezza”. Insomma secondo il Clemente semiologo, le due frasi insieme insozzano i loro relativi significati. Ci si sente quindi liberi di constatare che le due sacrosante sentenze possono convivere nella Costituzione, ma non sul muro di un tribunale. I due ministri saranno lieti di aver scoperto l’importanza che il contesto assume nell’annosa dicotomia “significato – significante”, ma ardisco di pensare che per l’omino martoriato dalla macchina infernale della giustizia italiana, potrebbe anche esserci scritto scemo chi legge (verbo, non sostantivo), basta che si ponga fine all’odissea giudiziaria.
Del resto, tutto è perfettibile (anche la parola perfettibile) e va già bene che i logici matematici non abbiano la Costituzione tra le loro letture preferite, altrimenti farebbero quattro salti mortali in padella leggendo “Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno”.
Da bravo cittadino modello non ho assolutamente pensato che questa faccenda che tanto preoccupa i governi, sia semplicemente un affare di lotte intestine tra dipendenti statali. Così, sicuro che il dicasterato Mastella abbia usato il suo tempo e i nostri soldi per stabilire se due frasi della Costituzione possano coesistere in un’aula di tribunale, per una diretta utilità sociale e fruibilità da parte del cittadino, ho indetto una sorta di sondaggio per verificare che cosa ne pensino gli italiani e che cosa gradirebbero trovare scritto mentre vengono condannati a 4 anni di reclusione per abigeato con l’aggravante della configurazione laucontica (per chi non lo sapesse l’abigeato è il furto di bestiame che riguardi 3 o più capi. Probabilmente perché significa che sei proprio andato lì con un carretto per prenderli. Se invece ti carichi sottobraccio un paio di vitelli, potrebbe anche configurarsi la cleptomania).

Nell’ambito delle frasi estrapolate dalla Costituzione, le più votate sono state:
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25)
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività (art.53)
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (art.56) Utilizzabile solo in aule di grandi dimensioni.
Molto gettonato l’articolo 98:
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione
La più votata è stata però:
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane (art.44)

Al di fuori della Costituzione la gente ha così votato:
Il mio avvocato c’ha le corna (21%)
Aridatece lo scudetto (2%)
L’assistente d’aula è bona (69%)
La legge è uguale, ma Luxuria è diverso (3%)
Tutti siamo uguali di fronte e Giano pure di nuca (2%).
Chiudete la porta che fa corrente (2%)
Altro (1%) non nel senso di altre frasi, proprio la parola “altro”.

Fosse per me, ci metterei delle deliziose tendine.

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lunedì 7 agosto 2006

Zara la zanzara

Zara la zanzara trovò la sala d’attesa noiosa e irritante, come tutte le attese, con o senza sala. Le due cimici berciavano senza sosta. Facevano venire voglia di ribaltarle e guardarle zampettare affannosamente nel tentativo di avere di nuovo la giusta visuale del cimicioso mondo che le circonda. Poi sono sempre così maldestre: l’ultima volta si sono schiacciate un piede e sono dovuti uscire tutti per il mefitico odore. Zara la zanzara odia andare dal veterinario. Insetti che ti guardano in ragnesco, entomofarmaci, ronzii lamentosi e quel nauseante afrore di amaro montenegro. Ma questa volta ne aveva bisogno (del veterinario non dell’amaro montenegro). Ultimamente qualche piccola disfunzione aveva reso meno efficace la sua attività preponderante: punzecchiare a destra e a sinistra (soprattutto a sinistra), ma sempre con il sorriso sul pungiglione. Spesso edulcorava i suoi attacchi con benevoli suggerimenti: “su, non farti il sangue amaro (che poi mi fa acidità di stomaco)”.
Il dottore la visitò minuziosamente: le alucce erano in perfetta forma, del resto Zara era veloce come Cassius Clay. Le zampette erano talmente forti che sei sembravano davvero troppe. Il veterinario le disse di togliersi il vestitino tigrato per poterle fare una puntura e prelevare un campione di sangue. “A me?!” pensò Zara. Pensò anche che il dottore non voleva farsi sfuggire l’occasione di vendicare anni di bollose notti estive. Sapeva bene che un prelievo non sarebbe servito a niente: avrebbero analizzato il sangue dolciastro di quel ciccione che dormiva sulla panchina del parco, per non parlare della tracannata fatta a quel tizio (o tizia), intrufolandosi nelle pieghe della sua palandrana. Poi avrebbero trovato anche quello strano liquido aspirato dal seno di quella ballerina della televisione. Non era male, ma la fece sentire tutta gonfia e dura.
I suoi sospetti erano fondati. Il medico, millantando nuove tecniche diagnostiche, mise un cuscino sotto la testa di Zara conciliandole il sonno, spense la luce e cominciò a girarle intorno sussurrando frasi sconnesse, avvicinandosi ripetutamente alle sue orecchie con la siringa in mano. Zara sopportò la pantomima del veterorepresso e si prestò al prelievo.
Il dottore, visibilmente soddisfatto, sparì nel laboratorio analisi per ricomparire con 218 pagine di referto. Lo lesse tutto di fronte a Zara, mugugnando ad ogni voltura di pagina. Ad intervalli regolari ruttava qualche “ahiahi” per poi lanciare un’occhiata sorniona alla paziente come a dire “è tutto a posto”. Zara sentì l’irrefrenabile desiderio di riprendersi il maltolto attingendo alla giugulare del veterinario. Ma il suo grande autocontrollo e una boccetta di autan che spuntava dalla tasca del camice, la fecero desistere. Finalmente l’amante degli animali si sguainò gli occhiali di tartaruga dalla faccia e sentenziò:
“se lei è un terrorista ciccione con le tette rifatte è tutto a posto, altrimenti che manitù mi strafulmini se ne so qualcosa!”
Dopo una ieratica pausa la diagnosi proseguì
“Le consiglio una vacanza in un ambiente locuste”
“Locuste?”
“No volevo dire lacustre”
“Ci sono le rane, non è esattamente una villeggiatura salutare per me”
“Ah giusto, allora guardi prenda queste supposte”
“Supposte? Le è mai capitato di pestare una cacca di zanzara?”
“No, in effetti no”
“E questo non le dice niente?”
“Mmmm quindi il fatto che il vostro nome scientifico sia culex pipiens…. Ok, non potrebbe succhiarla?”
Zara assunse un ronzio minaccioso.
“Lo sa che sono una zanzara anofele?”
“Ok d’accordo, prenda queste pastiglie”
“A che servono?”
“Servono a cosare il coso ricosando eccetera eccetera”
“Certo, stupida io a chiederlo”
Zara ingurgitò le medicine e stette (siliconate) subito meglio. Non le parve vero e volò ad avvolgere il naso del veterinario in un abbraccio a sei zampe. Persino il sapore dell’autan le sembrò piacevole.
“Grazie dottore, ma come ha fatto?”
Il veterinario si esibì in una saggia postura da umilissima divinità, si schiarì la voce, perché ogni divinità che si rispetti, articola le parole con una voce ben modulata e proclamò:
“Che gli dei del valhalla mi possano sbriciolare una palla se ne ho una minima idea” e corse a farsi un’iniezione di antimalarico.

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venerdì 4 agosto 2006

Come si chiama il fiume di Bottego


Come si chiama il fiume di Bottego? Provate a porre questo quesito ad un italiano medio, di media cultura e con tutta probabilità vi sentireste ribattere: “ma dove si trova Bottego?” nel tentativo di assimilare qualche utile indizio; ebbene a questa domanda sareste costretti a rispondere “sotto terra!”. Già, perché Bottego non è una località o una regione, ma un ardito esploratore parmense (o parmigiano o parmenide) vissuto alla fine del secolo scorso (anzi di quello prima), le cui avventure sono degne di un libro di Salgari o di un film di Cameron. Ma sto divagando e non ho ancora dato la risposta al quesito. Anche se molti di voi la conoscono benissimo, e non mi riferisco a quanti, esperti di storia o fenomeni della geografia, potevano contare su di una cultura specifica, ma a chi, come me, è un semplice appassionato di parole crociate! Senza dubbio alcuno, posso infatti affermare che chiunque abbia perso il sonno e l’appetito litigando con gli schemi di Bartezzaghi senior (pace all’anima sua, ma con tutte le maledizioni che avrà preso, una salute ferrea proprio non poteva averla) e colleghi, che riempiono i periodici di enigmistica, avrebbe risposto senza indugio “Omo!” (finalmente). Omo è proprio il nome del famigerato fiume scoperto da Bottego in terra d’Africa. Una delle definizioni ricorrenti negli schemi di parole crociate. Del resto questo monosillabo si può “definire” così o con “prefisso per uguale” (ma è troppo semplice) o, al limite, con un acronimo, ma gli acronimi di tre lettere non sono di qualità (ma qui si sconfina nella filosofia della parola crociata). E così, dai e dai, ti entra in testa, come ti entra in testa che Aci fu ucciso da Polifemo, che Leandro amò Ero, ma anche che Antananarivo è la capitale del Madagascar o che i baffi del gatto si chiamano vibrisse e i denti delle forchette rebbi (o viceversa?). E che emozione scoprire che queste informazioni fuori dal gioco sono cultura; “decontestualizzata” è vero, nozionismo sterile forse – perché ammetto di non sapere che avrà mai fato il povero Aci per far arrabbiare tanto il ciclope monocolo, che per lungo tempo ho pensato (in gran segreto) a Leandro ed Ero come ad una coppia omosessuale e Antananarivo mi sembrava tanto una bibita esotica – ma, accidenti, io Omo lo sapevo ed ero l’unico nel mio condominio!
Non voglio certo esaltare questa sorta di pseudocultura (anche se metà delle cose che so, cioè quattro, le ho imparate dalla settimana enigmistica), ritengo solo interessante porre l’accento sull’incisività e l’importanza di queste fonti “alternative” del sapere, che trovano radici prolifiche in tanti altri insospettabili angoli della nostra era. Chi non ha letto almeno un Topolino, con tutti i suoi misteri e le contraddizioni zoologiche, è comunque un vero e proprio crogiolo dello scibile umano: i racconti ambientati splendidamente in vari periodi storici, le invenzioni di Archimede Pitagorico (una sorta di Verne a fumetti) con eta beta e le sue mutande magazzino, le lezioni pratiche delle Giovani Marmotte (anche se io il fuoco con il legnetti non sono mai riuscito a farlo e avevo il sospetto che il gran Mogol suggerisse le parole delle canzoni durante le gite) e infine quanti come me hanno appreso da Paperone tutto il possibile sull’oro e le monete? E che dire delle strisce di Penauts? I fumetti di Charlie Brown sono il miglior sunto del pensiero filosofico occidentale che io abbia mai letto.
Scavando in quel limbo di informazioni precariamente connesse che è il mio bagaglio culturale, trovo altri esempi di “sapere involontario”: il gioco di società Trivial Pursuit, il mitico quiz televisivo Doppio Slalom (condotto da un Corrado Tedeschi praticamente in fasce). E quante volte ho provato la strana sensazione di riscontrare nella realtà nozioni apprese per gioco. Perché proprio qui è il punto focale: queste esperienze ludiche non hanno mai millantato doti educative o formative, volevano solo farci divertire. E’ la “fregatura” nascosta che scoraggia: provate a pensare alla Divina Commedia a fumetti o il catechismo “rappato”: non può essere la stessa cosa, l’approccio è diverso (del resto anche l’acqua fa schifo se ce la ordina il medico) ed il risultato conseguente non ha lo stesso impatto emotivo del rendersi conto, un giorno, di conoscere involontariamente una cosa. Il pensiero corre a quelle generazioni di adolescenti che non hanno potuto usufruire di questi aspetti così allegri della cultura e che probabilmente hanno vissuto il passaggio dal mondo giocoso (limitato ad attività creativo-fisiche) a quello scolastico (troppo impostato e repressivo) molto più traumaticamente di chi, oggi, arriva a scuola (fortunatamente un po’ più elastica) sapendo navigare in internet, sapendo come vivevano i dinosauri nel giurassico (il perché siano scomparsi, questo Spielberg non lo dice) o sapendo che niente può viaggiare alla velocità della luce (a parte superman naturalmente, o nembokid per chi ha qualche anno in più). Probabilmente i bambini “pre-televisivi”, traevano stralci di conoscenza dai racconti degli anziani (perlopiù storia, un po’ di geografia e molta fantasia), ma i tempi e la tecnologia stanno soffocando questa tradizione. Se questo sia un bene o no, lascio a voi stabilirlo. Certo è un po’ triste l’immagine del nonno che la sera a casa dice al nipotino – puoi lasciar perdere un attimo Dylan Dog che ti racconto di quando mi hanno deportato? -. Già, perché queste “lezioni” facevano bene ai bambini, ma almeno altrettanto facevano bene agli anziani. Purtroppo questo, un bambino non lo capisce e i cartoni animati annoiano meno e fanno bene alle case produttrici (comunque anche gli anziani hanno sempre meno voglia di stare a casa e sempre meno cose da raccontare). Chissà, forse un giorno i bambini spiegheranno al loro insegnante di come il loro eroe dei fumetti abbia sfruttato le teorie einsteniane per sbarazzarsi del terribile nemico che minacciava la terra. E’ ovvio che questo andrà a penalizzare altri aspetti della vita di un ragazzo, siano essi i rapporti con la famiglia o due sani calci al pallone (o a un amico) nel cortile, ma il progresso fa il suo corso e le sue vittime.
Vi lascio con un inquietante interrogativo: durante le spedizioni di Bottego persero la vita trentasei uomini (tra cui lui) e furono scoperti nuovi territori in terra africana. Avrei saputo tutte queste cose se lui non avesse dato alla sua ultima scoperta un nome di tre lettere che ben si adatta alla costruzione di schemi di parole crociate?

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martedì 1 agosto 2006

Facoltà di Incoscienze Politiche


Non fu semplice per me scegliere la facoltà adatta alle mie. Il diploma di Filologia Fotovoltaica, conseguito con il massimo dei voti alla Radioelettra di Boston Massachusetts, mi aveva aperto così tante strade da rendere impossibile prendere una decisione ragionata senza l’ausilio di una cartomante di Teleracconto. La Normale di Pisa mi mandò una lettera supplichevole in cui l’accento era posto sulla mensa liofilizzata della facoltà di aeronautica spaziale e sulle vincitrici di miss tuta lunare bagnata. La lettera forniva la busta preaffrancata con scritto “sì accetto” e quella non affrancata con scritto “no, rifiuto consapevole del fatto che il rettore subirà gravi ripercussioni psicologiche che lo porteranno a uno stato di melanconia permanente e a picchiare la moglie con un frustauova”. Il Politecnico di Torino mandò due scagnozzi con un modulo di iscrizione precompilato e un pezzo dell’orecchio del mio criceto Varenne. L’Advanced Institute of Tuttology di Carini di Licata, mi mandò una cartolina. C’era scritto “saluti da pinarella di cervia”.
Alla fine provai ad entrare alla facoltà di Scienze Inutili di Barcellona. Ero molto attratto dal corso di Giaculatorologia con specializzazione in Cacogiaculatoria e quello di Ingegneria Speculativa, con particolare riferimento a Opere Civili Inutili come i ponti isoritornanti e i porti montani.
Ma la scelta ricadde sulla Facoltà di Irrilevanza Comparata, fondata e diretta da tale Umberto erto erto erto (Eco). Il dipartimento di ossimorica rappresentava la mia realizzazione intellettuale. Preparai Fonetica del film muto, Urbanistica tzigana, Oceanografia tibetana e Istituzioni di devianza nello scorrere di una brevissima eternità. Fenomenologia del colpo di glottide nella fellazione danese, mi creò qualche problema, soprattutto nelle sessioni di laboratorio, ma gli esami del dipartimento di Tetrapiloctomia (scienza dello spaccare il capello in quattro) salvarono il mio programma di studio.
Conseguita la laurea con 110 zeresimi e limonata accademica, trovai subito lavoro come spalaneve a Honolulu. Ma la mia fame di cultura non era saziata. Capii che la mia vera passione era la politica (e di questo devo ringraziare grandi statisti come Speroni, Luxuria e Pivetti, sorella della famosa attrice), ma nessuna cattedrale del sapere soddisfaceva le mie reali pretese nozionistiche. Così, preso da delirio di onniscienza, posi rimedio a questa lacuna socio culturale fondando la Facoltà di Incoscienze Politiche.
Il corso universitario porta alla laurea dopo il superamento di 28 esami, ma con adeguate conoscenze politiche si può trarsi d’impaccio con solo una dozzina. Ecco alcune delle più prestigiose cattedre istituite:
Bipolarismo multiplo (Metamatematica 1): il corso permette di definire precisi algoritmi per millantare di essere in due essendo in realtà in settantacinque e facendo casino per settecentocinquanta. Le stesse formule possono tornare a fagiuolo anche per trovare un tavolo da Sardi.
Riconteggiologia (Metamatematica 2): tecnica avanzata per ridefinire i concetti di maggioranza assoluta e maggioranza relativa, sostituendoli con la numerologia bislacca. L’esame pratico consisterà nel far passare una legge senza il numero legale e con i voti di scambio degli uscieri e dei cameraman di Teleparlamento. Garantirà il superamento dell’esame l’essere stati eletti a qualsiasi carica politica non avendo avuto nemmeno il voto della propria madre, che ha annullato la scheda per mantenere un briciolo di dignità intellettuale.
Vacuoretorica comiziale: come dire a una claque preselezionata, cose che già conoscono, su cui sono già d’accordo, nascondendo lo stupore per il successo che le parole, scritte da quel ragazzino che gira in calzoncini per la sede del partito, riscuotono sulla folla (poche decine per la questura).
Pecuniodinamica: alla scoperta dei segreti che regolano i flussi di denaro virtuosi ed etici. Durante le sessioni di esame si prega di passare il contante agli assistenti e non direttamente al professore gridando “bastano questi??” grazie.
Condonologia domestica: come far diventare la necessità di un nuovo garage per il vostro suv, una questione nazionale.
Prolissistica nichilista: l’esame consiste nel sostenere un monologo propagandistico della durata di almeno 7 minuti, in un italiano mediatico (quindi niente congiuntivi), senza esprimere alcun concetto, né astratto, né tanto meno concreto. Emettere un suono continuo non verrà conteggiato nel calcolo del tempo perché la tecnica è diretta esclusiva del presidente del consiglio.
Ginecofilia architettonica: studio dei più accoglienti uffici statali per l’attività socialmente utile della copertura di soubrette. Complementi di storia politica: dalla segretaria dell’ufficio catasto alla velina nella Farnesina.
Copromorfia somatica: tecniche maxillofacciali (e due!) atte a dimostrare come sia consono mantenere una faccia come il culo quando i fatti vi hanno coperto di merda. Utile anche per partecipare a funerali di persone di cui si è augurata la morte prematura.
Transpartitismo: tecniche di manipolazione mentale di massa indirizzate al camuffare l’opportunismo politico della ricerca affannosa di poltrone, come profonda scelta di coscienza e onestà intellettuale. Oppure, come partire con un parlamentare sessualmente incerto. A scelta.
Presenzialismo ubiquo: come trovarsi in qualsiasi luogo ci sia una telecamera accesa: dall’inaugurazione di una fogna a cielo aperto alla finale dei mondiali. Costituirà nota di merito, apparire in almeno 3 filmati di real tv (cercare di infilarsi nel costume della presentatrice non è considerato sport estremo).
Indulto dell’insulto: dicotomia della cacodefinizione dell’avversario politico e perdono. Tecniche di estensione dell’indulto ai reati finanziari, per consentire all’opposizione di sottrarre il portafoglio a un ministro del governo mentre manifesta in via del corso (divenendo così ministro senza portafogli).

Facoltà di Incoscienze Politiche: non fare opposizione, iscriviti anche tu numeroso!

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