martedì 16 maggio 2006

La società in C vile


Un po’ mi secca continuare a parlare di Moggi e dell’operazione “piedi puliti”, ma voglio provare a seguire un ragionamento di più ampio respiro (diamine come mi esprimo bene!). Luky Luciano sostiene di essere stato contro i poteri forti e per poterli fronteggiare, ne ha creato uno più forte ancora. Il sistema si basa su un elemento molto semplice: gli italiani. Non è una questione di regole o leggi, la questione è che le banane al polo sud non nascono (oggi invento anche dei proverbi) e se il marciume è nato qui è perché c’erano le condizioni sociali e umane affinchè potesse nascere. I regolamenti vengono dopo e dovrebbero servire a delineare un’idea di funzionamento di un sistema, non a dire “guarda che se imbrogli ti punisco”. Perché questo concetto racchiude in sé la consapevolezza che si ha a che fare con gente che appena può tenta di fregare. Il sistema Moggi era composto da protezionismo, favori, minacce e il maggior tornaconto economico possibile. Se vi guardate intorno non vedete le stesse cose ovunque? Per fare carriera in qualsiasi posto non bisogna entrare nelle grazie di qualcuno ed evitare di pestare determinati piedi? Non si ingoiano rospi e si tacciono cose che non si possono dire? Non si sfrutta un’amicizia influente per un vantaggio personale? I giornalisti si sono, al solito, avventati come mosche sulla cacca, dentro a questo calderone, ma nel mondo del giornalismo funziona allo stesso modo. Si scrivono articoli per favorire una forza politica o anche solo per distruggere uno antipatico. Nel mondo del lavoro si viene spesso considerati o emarginati a seconda di chi si accontenta e la minaccia è sempre quella del posto di lavoro o della carriera. La politica è sempre stata la mamma di questi sistemi (per non parlare della stessa giustizia), ma anche lo sport vive di queste cose da secoli. Persino nelle categorie più basse se si ha un amico in federazione lo si sfrutta. E così, a livelli più alti, si sfrutta il generale della finanza, il ministro, Lele Mora (si sa mai, un paio di modelle) in un giro di favori che camminano su un confine tra amicizia e favoritismo illecito, molto difficile da definire, anche perché si finisce ad essere raccomandati anche se non ce ne sarebbe bisogno, anche se una posizione la si merita comunque. Alla fine questa è la solita insurrezione contro la “normalità” che nessuno ammette di vivere, ma che fa molto figo denigrare.
Questo non per giustificare Telecom Italia Moggi, ma per evidenziare che qui non è un problema di regole ma di civiltà. Tutto viene giustificato. Oppure si criticano gli atteggiamenti che ci ledono nel personale, salvo poi fare di peggio alla prima occasione. Questo atteggiamento “mammone” è espresso bene da un pezzo di Alberoni, che dice “buona parte del buonismo di oggi è una miscela di tolleranza infinita per se stessi trasferita agli altri. Al compagno che allaga la scuola, agli zingari che scippano per strada, alla ragazza che ammazza la madre e il fratello o al giovane che uccide la nonna perché non gli da i soldi per la droga”. Così ascoltiamo impassibili frasi tipo “questi ragazzi che lanciano sassi dai cavalcavia sono vittime di questa periferia di provincia, che non da stimoli, non offre niente”. Io posso anche capire che l’abitudine italica di occuparsi in tutto e per tutto dei figli fino all’età della pensione, porti i giovani in situazioni in cui il cervello comincia a girare a vuoto perché non ha nulla di cui occuparsi, problemi da risolvere, cose da costruire. In molte culture, specie nordiche, quando un figlio comincia a camminare gli si dice “bravo, non ti fermare” e gli si apre la porta. Ma intanto continuiamo a fare regole (e se ne faranno di nuove per il calcio) ma se non si fa niente per un’evoluzione civile nulla cambierà. Le regole diminuiranno la libertà, limitando la fantasia per proteggersi dai disonesti. In Danimarca c’è un tasso di disoccupazione inferiore al 4% anche se i datori di lavoro sono liberi di licenziare persone non adatte all’attività che si svolge. Ma la gente è spinta e aiutata a riqualificarsi e rimettersi in gioco. In Italia non puoi licenziare un dipendente nemmeno se durante l’orario di lavoro si scopa la moglie del titolare. E il tasso di disoccupazione è più del doppio di quello danese e il mondo del lavoro è al collasso per troppa rigidità e per mancanza di professionalità. E’ sempre e solo una questione di civiltà e cultura sociale.
Come ci si può stupire tanto di questa situazione nel mondo del calcio? Abbiamo sempre criticato ma accettato le follie delle tifoserie, le scorrettezze in campo, persino le raccomandazioni nello sport. Ora pare che si sia scoperta una realtà pazzesca. Abbiamo scoperto la normalità.
Ecco perché Moggi è rimasto sconvolto dalle accuse rivoltegli: perché lui non faceva niente di anomalo, perché le cose funzionano così. Ho sentito Feltri (che amo e odio come un bel gatto che si fa le unghie sul mio polpaccio) dire una cosa illuminante, che come al solito è caduta nel vuoto: si parlava dei problemi derivanti dalla quotazione in borsa delle società di calcio e qualcuno ha obiettato che anche in inghilterra è così e tutto va bene. Feltri ha candidamente risposto “in inghilterra ci sono gli inglesi”. Lo stesso direttore ha però anche troppo candidamente addossato molte colpe agli arbitri dicendo “se qualcuno mi telefona per dirmi cosa scrivere nel mio giornale lo mando a farsi fottere”. Giustissimo, ma se da come rispondi a quella telefonata dipende la tua carriera, prima dici sì va bene e poi imprechi una volta attaccato. Non credo vada considerato un atteggiamento vigliacco. Non si può giudicare una persona sulla misura del coraggio, perché si rischia di creare un modello di giustizia per cui non tutti sono “attrezzati”. Bisogna piuttosto criticare aspramente l’inciviltà di fondo che ha portato all’esistenza di quella telefonata. Allora mandiamo pure la juve in C, creiamo nuove regole, nuovi paletti….sperando di non ritrovarceli in posti disdicevoli. Quanti di voi pensano, vedendo un uomo in una posizione di potere (che sia politica, industriale o giornalistica) che se è arrivato lì qualche amicizia importante deve averla e che a qualche compromesso deve essere sceso? Sareste invece stupiti di sapere che è arrivato lì con il lavoro, l’impegno, l’onestà e la coerenza.
La normalità è una questione statistica.

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