E facemmo delle lugubri urne, governo. Certe notti, coi bar che son chiusi, sono poetico come un'alba su Bagnoli. Ha vinto quello lì, non l'altro ed ora ucciderà una capra o qualsiasi altra cosa faccia per celebrare il successo. Che poi è uguale, almeno a me sembra uguale, dico a quell'altro non alla capra. Che ha vinto quello, per ora, lo ha detto uno che va fuori dai seggi a chiedere di dire quello che la gente ha espresso nascondendosi in una cabina non più telefonica, però tutti gli credono, sebbene abbia l'affidabilità di un oroscopo coi dadi. Non tanto perché non si impegni o non sia bravo, anzi è capacino. Non è colpa sua se per quarant'anni alla domanda “ha votato DC?” ha visto gli elettori rotolare per le scale reggendosi la panza, per poi ritrovarsi con lo scudo crociato in vetta alle classifiche dei partiti più fighi. La democrazia (quella vera, non quella cristiana), tra le tante controindicazioni annovera il privilegio di non perdere mai. Anche quell'altro, quello condannato dalle percentuali (non dai tribunali), non dice di aver perso, dice che è il primo partito in Italia con a capo uno che si chiama Walter. Ma non è di elezioni che voglio parlare in questo giorno in cui si deve parlare di elezioni. Voglio parlare della legge fondamentale della democrazia: tutti siamo uguali. Fra noi, non a una cosa in particolare. Questo dovrebbe rendere meno amaro il pensiero che Rita Borsellino, al senato, ha trovato chiuso, mentre Cuffaro è entrato offrendo paste e mani all'interno. Tanto siamo tutti uguali no? Sia chiaro, essere la sorella di un uomo eccezionale non fa di nessuno una persona eccezionale, guardate Caino e Abele. Però purtroppo essere Cuffaro ha sicuramente i suoi genotipi a corredo.
L'uomo vive in maniera contrastata l'uguaglianza che la democrazia gli impone. A me persino la vaga somiglianza fa venire le bolle, ma questa è un'altra storia che merita di non essere raccontata. Ognuno di noi ha nella propria struttura mentale, nella funzione stessa dei propri sensi, un sistema di valutazione che rende ogni cosa diversa dall'altra. È abbastanza semplice rendersene conto ascoltando un virtuosismo di Tartini e immediatamente dopo la Iervolino che canta Napule mille colori. Ma non sempre è così facile capire perché una cosa, un essere vivente, sia, percettivamente (non esiste questo avverbio, ma è uguale... a quelli che esistono) diverso da un altro.
Se c'è un delfino in difficoltà si mobilita mezzo mondo, se un toporagno è sull'orlo del suicidio a causa delle continue crisi di identità, bene che gli vada qualcuno lo schiaccia nella sua toporagnatela. Nessuno lo dice, ma tutti sono convinti che un delfino meriti più attenzione di un toporagno. Ne cala che un musetto simpatico e qualche comparsata hollywoodiana delimitino il confine tra la vita e la morte. D'accordo, il delfino è più intelligente, più evoluto, almeno secondo noi. Perché magari il toporagno possiede la telepatia, la transustanziazione, il teletrasporto e conosce personalmente il sindaco di Vetralla. Ma se muore un delfino, raccapriccio, se muore un toporagno, la prossima volta cerchi di avere una connotazione più chiara. Essere meno intelligente, meno evoluto non dovrebbe essere un buon motivo per non meritare attenzione. E il fatto che Bush guidi il paese più potente del mondo, dimostra questa mia tesi.
Tornando alla razza umana si trovano altre misteriose disequazioni. A parte qualche raro (e spesso ingiustificato) caso di complesso di inferiorità, le persone si pongono generalmente nel confronto con il prossimo, basandosi sul presupposto del “sei un idiota” e non provate a negarlo: pensate ai precedenti partner del vostro consorte o alla gente in macchina la domenica. Inoltre il sistema democratico consente la libera competizione, vale a dire la ufficializzazione della diversità qualitativa (basata su valori imposti) tra le persone. Il desiderio di primeggiare in questa tenzone qualitativa che solitamente dà accesso a privilegi, macchine veloci e donne di malaffare, scatena comportamenti spesso antidemocratici. Questo non succede, per esempio, nell'ambito dell'intelligenza: tutti sono convinti di averne abbastanza.
Eppure la cultura sociale spinge da un lato sì, a darsi un tono, ma dall'altro a darsi un toner, per fotocopiarsi. Non a caso è la cultura che ha portato alla clonazione. Tutti desiderano essere come qualcun altro, di avere i suoi privilegi e questo non è un dettaglio irrilevante perché significa che solo loro vogliono essere così, perché se lo fossero tutti, quelli che prima erano privilegi diventerebbero normalità, quindi indesiderabile. Kierkegaard chiamava questa “la malattia mortale”, sebbene Barnard insistesse nell'affermare che la miocardiopatia dilatativa era “la malattia mortale”.
Guardiamo quello che facciamo con i nostri figli... vabbe' i vostri io non mi riproduco per decenza.
Siamo contenti quando i nostri bambini sembrano già grandi a un'età in cui sarebbe acconcio essere piccoli. Che ometto, che signorina...che palle. I bambini si vestono, si atteggiano, si muovono come degli adulti. Come degli adulti deficienti però. I maschietti sembrano delle rockstar nane, giocano a calcio e scimmiottando i comportamenti dei grandi, simulando falli, chiudendo piccoli arbitri negli sgabuzzini ed entrando in campo con i capelli unti. Le bambine sembrano delle veline riassunte, hanno le zinne accennate ma fanno le dive (cit). Vengono educati alla modellizzazione per poi ritrovarsi a cercare la propria personalità nel cesso di qualche discoteca, aspettando un genitore rassegnato che li venga a prendere.
L'uomo vive in maniera contrastata l'uguaglianza che la democrazia gli impone. A me persino la vaga somiglianza fa venire le bolle, ma questa è un'altra storia che merita di non essere raccontata. Ognuno di noi ha nella propria struttura mentale, nella funzione stessa dei propri sensi, un sistema di valutazione che rende ogni cosa diversa dall'altra. È abbastanza semplice rendersene conto ascoltando un virtuosismo di Tartini e immediatamente dopo la Iervolino che canta Napule mille colori. Ma non sempre è così facile capire perché una cosa, un essere vivente, sia, percettivamente (non esiste questo avverbio, ma è uguale... a quelli che esistono) diverso da un altro.
Se c'è un delfino in difficoltà si mobilita mezzo mondo, se un toporagno è sull'orlo del suicidio a causa delle continue crisi di identità, bene che gli vada qualcuno lo schiaccia nella sua toporagnatela. Nessuno lo dice, ma tutti sono convinti che un delfino meriti più attenzione di un toporagno. Ne cala che un musetto simpatico e qualche comparsata hollywoodiana delimitino il confine tra la vita e la morte. D'accordo, il delfino è più intelligente, più evoluto, almeno secondo noi. Perché magari il toporagno possiede la telepatia, la transustanziazione, il teletrasporto e conosce personalmente il sindaco di Vetralla. Ma se muore un delfino, raccapriccio, se muore un toporagno, la prossima volta cerchi di avere una connotazione più chiara. Essere meno intelligente, meno evoluto non dovrebbe essere un buon motivo per non meritare attenzione. E il fatto che Bush guidi il paese più potente del mondo, dimostra questa mia tesi.
Tornando alla razza umana si trovano altre misteriose disequazioni. A parte qualche raro (e spesso ingiustificato) caso di complesso di inferiorità, le persone si pongono generalmente nel confronto con il prossimo, basandosi sul presupposto del “sei un idiota” e non provate a negarlo: pensate ai precedenti partner del vostro consorte o alla gente in macchina la domenica. Inoltre il sistema democratico consente la libera competizione, vale a dire la ufficializzazione della diversità qualitativa (basata su valori imposti) tra le persone. Il desiderio di primeggiare in questa tenzone qualitativa che solitamente dà accesso a privilegi, macchine veloci e donne di malaffare, scatena comportamenti spesso antidemocratici. Questo non succede, per esempio, nell'ambito dell'intelligenza: tutti sono convinti di averne abbastanza.
Eppure la cultura sociale spinge da un lato sì, a darsi un tono, ma dall'altro a darsi un toner, per fotocopiarsi. Non a caso è la cultura che ha portato alla clonazione. Tutti desiderano essere come qualcun altro, di avere i suoi privilegi e questo non è un dettaglio irrilevante perché significa che solo loro vogliono essere così, perché se lo fossero tutti, quelli che prima erano privilegi diventerebbero normalità, quindi indesiderabile. Kierkegaard chiamava questa “la malattia mortale”, sebbene Barnard insistesse nell'affermare che la miocardiopatia dilatativa era “la malattia mortale”.
Guardiamo quello che facciamo con i nostri figli... vabbe' i vostri io non mi riproduco per decenza.
Siamo contenti quando i nostri bambini sembrano già grandi a un'età in cui sarebbe acconcio essere piccoli. Che ometto, che signorina...che palle. I bambini si vestono, si atteggiano, si muovono come degli adulti. Come degli adulti deficienti però. I maschietti sembrano delle rockstar nane, giocano a calcio e scimmiottando i comportamenti dei grandi, simulando falli, chiudendo piccoli arbitri negli sgabuzzini ed entrando in campo con i capelli unti. Le bambine sembrano delle veline riassunte, hanno le zinne accennate ma fanno le dive (cit). Vengono educati alla modellizzazione per poi ritrovarsi a cercare la propria personalità nel cesso di qualche discoteca, aspettando un genitore rassegnato che li venga a prendere.
Papà - “Perché hai le pupille così dilatate?”
Figlia - “Ehmm perché nel locale è buio... e tu?”
Papà - “Mi sono fatto una canna mentre aspettavo”
Non c'è uguaglianza nella vita e nemmeno nella morte, non me ne vogliano Totò e la sua livella. Se vieni stuprata e uccisa nella periferia di qualche città periferica, è normale... è uguale. Se muori in un incidente nel Ciad, si mobilita il ministero, i telegiornali (in ordine inverso) e un popolo di telespettatori commossi. Noi abbiamo sempre avuto questa fissazione per le cose straniere, anche per la morte straniera. Qualche privilegiato nella morte ce l'abbiamo anche qui, devo ammetterlo, ma ci vuole una villetta, i RIS di Parma, l'avvocato Taormina e il plastico di una uguale morbosità.
Insomma siamo uguali, non vorremmo esserlo ma lo pretendiamo. Sembra un discorso di Veltroni. L'uomo, la democrazia, la politica. Probabilmente sono cose nate da tre fonti diverse. Che ora, se esistono, ridono dentro un bar.
Siamo all'alba di una nuova legislatura. Non credo che il buon giorno si veda dal mattino, altrimenti la mia vita sessuale sarebbe molto più soddisfacente. Ma tanto... è uguale.
Technorati Tags: Democrazia, Uguaglianza
8 commenti:
forse volevi scrivere transustanziazione ;)
Sto scherzando, io l'ho trovato su wikipedia, altrimenti per me sarebbe rimasta una parola ignota.
Ottimo pezzo come sempre, mi sfugge solo un pò il titolo..
ops hai ragione...correggo
il titolo è retaggio di nozioni di logica è il simbolismo per "uguale o diverso"
in realtà i simboli della logica sarebbero diversi ("o" non so come si fa con la tastiera e "diverso" è != )
ho riadattato la logica ai linguaggi informatici, un po' per contesto un po' per comodità.
Conosco personalmente il sindaco di Vetralla. Comincio a rabbrividire per la mia sorte.
Fully
tranquillo, è per questo che sei dotato di transustaziazione!
ottimo post,ciao Cruman.
grazie, ciao tu.
bello cru...ma proprio bello cazzarola!
grande
grazie zittino, è un piacere averti qui
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