giovedì 30 agosto 2007

Ducazzate


Non è mia abitudine leggere le riviste di motorette. Fondamentalmente per senso di compassione verso i tapini giornalisti del settore che imprecano a scoppio mentre zigzagano tra ciò che il mercato li obbliga a dire e ciò che la competenza di cui sono portatori, suggerirebbe loro. Comprendo il loro macerarsi mentre scrivono che la supersportiva di turno regala soddisfazioni adrenaliniche a qualunque regime, ricordandosi i sudori freddi patiti durante la prova in pista. Ad ogni curva il pensiero ricorrente “moriremo tutti” si accompagnava alla voglia di scrivere che a quella due ruote mancano solo le maniglie per somigliare ad una cassa da morto.
Per destino miope ho però acquistato una copia di “dueruote” di Agosto invece di “duevuote”, noto prodotto tipografico di suggerimenti topografici sulla localizzazione delle veline (cioè quali locali frequentano frequentemente). Considerato l'esborso inopinato di “solo 2 euro”, come strilla la copertina, ho deciso di onorare ste sole 3872,54 lire e leggere sto dueruote.
Mi sono così compiaciuto di scoprire che non serve essere esperti di motorette per scrivere su una rivista di motorette. Prova ne è che ho scorto tra le pagine gommate, un articolo di Guido Meda, infronzolito da una di lui fotografia che lo ritrae seduto al contrario su uno scooter, in una posa sprizzante simpatia e dubbi sull'adeguatezza del nome di battesimo del buon Meda.
L'articolo, titolato “Ducatismi”, vomita astio compresso ad ogni fonema, un po' come un qualsiasi mio pezzo, anzichenò. All'inizio l'autore mantiene il suo solito stile: quello di creare parole a caso nel tentativo di ottenere lo stesso risultato di un Benni in stato di grazia, finendo però per somigliare in modo imbarazzante al mio meccanico Giggi il visagista delle carburazioni, che le parole le inventa perché quelle buone non le sa. Per esempio, da quando Reggiani gli spiegò (a Meda non a Giggi) che cosa fosse un motore a distribuzione desmodronica, Meda cominciò ad usare il prefisso “desmo”, trovandolo particolarmente sexy, per qualsiasi locuzione verbale ed anche in questo pezzo si lascia sfuggire la possibilità di esibirsi in un dignitoso “velocità desmodata” per il più fine, ma non finissimo, “desmofigate”. A esibizione esaurita il “giornalista” riassume in due larghe colonne infami l'elaborato concetto secondo cui “il fatto che Rossi perda contro sto ragazzino australiano mi fa svalvolare le desmoballe”. Dapprima fa una disamina della tifoseria ducatista come se stesse parlando di una razza di volatili infestatori con la vermilaria, dopodiché getta il suo occhio clinico sul pilota Stoner, arrivando, per l'ennesima volta, a definire il leader del mondiale “carino”, un po' perché riuscire a definirlo “bravo” per lui è come per Fonzie dire “ho sbagliato” e un po' perché, secondo me, lo trova davvero carino con estremo disappunto della moglie (di Stoner, non di Meda).
Non si nega nemmeno il piacere di disegnarlo come un odioso arrogante “così bizzoso che se non fosse un vincente lo manderesti a quel paese in una settimana” (la frase è persino virgolettata in corpo 12 a centro pagina, come un aforisma di Fromm o di Brumm). Meda non fa nomi, ma siccome nessun telespettatore ha mai visto Stoner fare “bizze” e “buttare lì rispostacce” (sembra invero sempre così compassato da far pensare che di anni ne abbia sì 21, ma per arto), appare chiaro che l'autore abbia avuto informazioni dirette dal box Ducati, in cui i tecnici “accettano (il comportamento di Stoner ndb), perché sono brave persone e intelligenti, anche se a volte è dura da mandar giù il cazziatone di un ventunenne lunatico”. In pratica semina zizzania, all'interno della squadra rivale. Divide et impera (.com).
Per finire torna sui tifosi. Sostiene che il popolo ducatista sia ormai ammorbato da “frustrati tifosi perdenti dell'era moderna” che pensano solo a parlare male di Rossi. Un po' come un tifoso di Rossi che, scornato dalle recenti sconfitte, descrive il suo rivale come un ragazzino arrogante. Ah sì, Meda ha ragione da vendere, anzi, si direbbe che l'abbia venduta tutta. La ragione.
Decisamente poco efficace il tentativo di edulcorare la sua bile con un mal riuscito complimento al mondo delle rosse definendolo un “approdo culturale e non uno slogan curvaiolo” e detto da uno che ha fatto degli slogan curvaioli i suoi cavalli (motore) di battaglia, deve avere un certo significato... da qualche parte.
Nella chiusa Meda rivendica il diritto di essere un tifoso e svolgere il suo ruolo di giornalista esprimendo la sua passione viscerale. Sostiene che la sua parzialità si possa evincere solo da un salto di ottava acustica di cui si rende autore quando Valentino passa per primo sotto la bandiera a scacchi e non certo dal fatto che ripete fino alla nausea che Stoner vince grazie ai rettilinei e se ci sono le curve vince grazie alle gomme e se non ci sono le gomme vince perché lo Stato ingrato vuole dei soldi da questo “miracolo sportivo contemporaneo” senza tener conto che a Rossi “dobbiamo tutti molto più di quanto non si intenda”. Spero di non dovergli i soldi che il fisco reclama perché ho finito il carnet degli assegni.
Questo Emilio Fede delle due ruote dovrebbe capire che il giornalismo sportivo è un'altra cosa. Non pretendo certo di avere un Pizzul, un Bragagna o un Carosio, ma almeno, come succede su mediaset premium, sarebbe carino se si potesse scegliere tra il commento di un giornalista e quello di un tifoso.
Forse è vero che Stoner come pilota è solo “carino” e come uomo è un ragazzino arrogante, forse è vero, mi spiace Meda fattene una ragione, che al mondo possa esistere qualcuno a cui non piaccia Valentino, ma come diceva sempre mio nonno, e allora? A che scopo enfatizzare la prima notizia e considerare la seconda un reato di lesa maestà? Dobbiamo rassegnarci al fatto che l'informazione di massa (quindi non quella degli addetti ai lavori) sia ridotta a una scazzotata verbale tra tifosi? Allora chiamiamo anche Biscardi e Mughini e in poco tempo avremo i celerini negli autodromi. Non dimentichiamo che qualche vittoria fa il “collega” Cereghini ipotizzò con una certa dose di spocchia che la Ducati stesse imbrogliando. Moggi si aggira in fondo al cavatappi di Laguna Seca.
Chissà come sarebbe stato un pezzo di Meda su Ducati e Stoner con Rossi saldamente in testa al mondiale.


È indubbio che sarebbe cosa buona se tutti sapessero perdere e soprattutto se tutti sapessero vincere, ma un giornalista non vince e non perde, un giornalista racconta la sfida. Se proprio non ti riesce di farlo, caro Meda, fai come tutti gli altri: scavalca le recinzioni e goditi la gara dal prato.

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martedì 28 agosto 2007

Fecondazione avvilita


Non ci vuole un antropologo per capire che l'anello mancante tra l'homo abilis e l'homo erectus sia l'uomo vacanziero. Quindi io, che non sono un antropologo, l'ho capito. Potenza dei sillogismi.
Mentre mi godevo quel quarto d'ora che intercorre tra il momento in cui ho smesso di pensare con stupore al fatto che non stessi lavorando e il momento in cui ho cominciato a pensare con orrore a quel golgota coltivato a scartoffie che mi avrebbe accolto al ritorno, ho avuto modo di osservare con piglio da discovery channel i meccanismi alla base di una diffusissima tipologia di nucleo familiare. Trattasi di giovane coppia attempata di fresca proliferazione. Questi due esemplari formano un legame sentimentale nonostante abbiano profonde ed incolmabili divergenze congenite: uno è maschio e l'altra è femmina. Questa faglia attiva, prima o dopo, provoca lo sbigottimento in tutta la tettonica a zolle che compone la coppia e, nonostante la tettonica, i sentimenti virano dapprima verso presentimenti (in barba alla consecutio) poi verso i pentimenti ed infine sfociano nei patimenti. A questo punto, il dinamico duo sfrutta tutti i principi della termodinamica (pur sapendo a stento come funzioni un termosifone) e si riproduce, generando un veicolatore di negatività che dissipa in inutile calore il reciproco astio.
Il cucciolo provvede sin dai primi vagiti ad una serie di esigenze dei suoi genitori e lo fa principalmente divenendo un superconduttore di odio. Convenendo sul fatto che, per una giovane coppia con prole, insultarsi in pubblico e di fronte al pargolo sia poco consono, i due soggetti, divenuti tre moltiplicandosi e gettando qualche dubbio sull'algebra, utilizzano il prodotto del loro patrimonio genetico per soddisfare il loro bisogno di rivalsa sul consorte e sul destino baro che glielo consegnò. Classica scena: il ristorante.
Il maschio si guarda intorno come un tricheco inseguito. È talmente avvilito che trova sexy persino me. La femmina ha l'espressione incarognita di chi, costretta a sopportare un uomo piccolo che vomita e uno grosso che fa vomitare, pensa di meritare lo stipendio di Ronaldo (anche perché probabilmente gioca meglio a pallone) e invece è lì ad ordinare una pizza acciughe e pomodorini da zi' Antonio l'egiziano. Il bambino guarda con insistenza verso di me costringendo i genitori a pronunciare frasi tipo “hai visto che bambino grande” come se avessero una patata in bocca e con l'espressione di un cartone animato giapponese. In realtà io so che mi sta offrendo il suo latte in polvere d'oro pur di portarlo via da quella faida. Io, che ho paura dei bambini come quel pelosone di Monster & co., ma soprattutto per evitare di essere coinvolto in questo psicodramma, fingo di parlare con una capasanta che vaga nel mio piatto, talmente fresca che un buon veterinario potrebbe ancora salvarla. È l'ora della tenzone.
Il maschio, per denigrare il delirio nutrizionista della femmina, cerca di far mangiare al piccolo delle cozze chiuse col lambrusco, sostenendo che tutte quelle costosissime pappette non servono a nulla. Lei, simulando in malo modo divertimento, gliele leva dal piattino insultando il marito conto terzi:

F: (verso il pupo) “Ma è scemo il paparino a darti le cozze? Eh? Digli papà sei scemo?”
P: “ghghghghgnè”

Poi si alza e va in bagno. Da quando ha partorito non si accoppia più (col marito) e va in bagno ogni volta che il maschio le rivolge la parola. A questo punto interviene lui, più codardo ma più incisivo.

M: (verso il pupo) “Dai un goccetto di lambrusco adesso che non c'è la mammina che la dà via come se non fosse sua”
P: “ghghghghggnègnè”

Un'altra esigenza primaria che il bimbo soddisfa è quella dell'apprezzamento pubblico non più cercato all'interno della famiglia. Il piccolo viene così sovraesposto ed ogni suo gesto enfatizzato all'inverosimile nella speranza di ottenere gridolini di stupore da parte degli astanti. L'intento dei genitori è quello di potersi beare del successo della loro propaggine umana. All'uopo assemblata.
La coppia dimostra quindi disappunto perché, nonostante i rumorosi richiami, io non dispenso sbalordimento per il fatto che il loro figlioletto riesca a infilarsi tutto il pollice in una singola narice (almeno l'avesse infilato in due). Il mio disinteresse è considerato sintomo di un'anima insensibile e probabilmente criminale. C'è da dire che il loro livore è amplificato dalla mia esibizione atta a dimostrare che posso esprimermi nelle medesime evoluzioni del bambino.
L'acme della serata si raggiunge quando il pupo viene sguinzagliato per il locale senza controllo. Il piccolo, ormai caricato a bile oltre qualsiasi livello di sopportazione umana, si scarica infastidendo qualsiasi forma vivente che incontra. Osserva con cura una formichina laboriosa prima di spiaccicarla col pollice di cui sopra per poi rinfilarlo nell'apposita rinocustodia, sfodera acuti fuori scala alle spalle di anziani cardiopatici e soprattutto continua a fissarmi con quegli occhietti consapevoli di scuotermi fin nel midollo. I genitori persistono nella loro indifferenza corroborata da un distorto utilizzo della democrazia: siccome hanno fatto un figlio pensano che sia loro diritto lasciare che frantumi gli ammennicoli a chicchessia, tanto è solo un bambino e in più loro se lo sorbiscono tutti i giorni, per una sera è giusto che tocchi a qualcun altro. Fosse anche una maestra d'asilo sotto psicofarmaci.

Se vostro figlio continua ad affrontare le persone con “ghghghghggnè” è normale. Se ha trent'anni però, forse è il caso che vi poniate delle domande.
In definitiva non c'è da allarmarsi. Il bambino, con l'aiuto di un buon esorcista, può anche crescere sano ed equilibrato se non capirà mai di essere stato, prima che un essere umano, uno strumento in mano a persone convinte che la loro capacità biologica di riprodursi dimostri in qualche modo l'esistenza dei valori necessari per occuparsi di una persona.

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giovedì 16 agosto 2007

Ferragosto: traffico intenso, anche di macchine


Io ho passato un buon ferragosto. Era il 1979 se non ricordo male. A voi come è andata? Dignitosamente? Se non ha piovuto così forte che vi è sembrato di scorgere un vecchio barbuto che radunava animali a coppie e non avete fatto code talmente lunghe da dimenticarvi dove stavate andando, direi che non potete lamentarvi.
Il ferragosto è una festa antica. I romani celebravano la fine dei lavori nei campi e il meritato riposo (dal latino feriae augusti: riposo di agosto) e, anche loro, si sfrangevano gli zebedei tra mille festeggiamenti al punto da preferire un turno in catena alla Breda. Tra le caratteristiche manifestazioni in onore del riposino santo, i romani concedevano tregua agli animali da tiro che, per l'occasione, venivano agghindati a festa (talmente tanto che preferivano un turno al vomere). Questa tradizione è giunta fino ai nostri giorni: grazie agli usi e costumi tramandati nei secoli, possiamo godere anche noi di animali da tiro che si agghindano a festa, con la moderna variante del tiro festivo... stakanovisti indefessi.
Il ferragosto è anche associato ad una festività cristiana: l'Assunzione della Vergine Maria. Purtroppo in questo caso la tradizione ha perso significato adagiandosi sul tempo che scorre: i valori di assunzione e di verginità hanno ormai una connotazione precaria. Per essere assunti ci vuole un miracolo e le speranze di rimanere vergine si annidano nella fortuna di nascere tra agosto e settembre. In compenso “maria” è un po' sulla bocca di tutti.
In Italia il ferragosto è vissuto all'insegna del divertimento a tutti i costi e noi siamo dei professionisti in questo: ci divertiamo a costo di restarci secchi. Che non si dica che siamo morti tristi. Per esempio i telegiornali si divertono come matti a dare i numeri. Ieri, secondo l'esperto di riferimento, c'erano trenta milioni di italiani in viaggio (cioè più di uno su due) che, sommati ai quindici milioni partiti la settimana prima, i dieci milioni rimasti a casa, i diciotto milioni in viaggio all'estero, i ventiquattro milioni in villeggiatura sulle isole e i cinquantasette milioni sulla Salerno Reggio ci portano a pensare che gli italiani sono davvero tanti oppure fanno avanti e indietro per non sprecare il canone del telepass. E che giubilo quando qualche cadavere sulla strada si può ricondurre a bevute o pippate. Sono gli stessi morti che venivano snobbati gli anni scorsi, ma questa emergenza nazionale del fatto al volante ha creato un interesse tutto nuovo e soprattutto ha sopperito alla carenza di bulli e pedofili, in ferie fino alla riapertura delle scuole.
Ma quelli che si divertono come se piovesse sono i bagnanti. I vacanzieri che si prendono a secchiate d'acqua asservendo il sacro dovere della regressione infantile istituzionalizzata. Che non si parli di immaturità però: giunta sera i gavettonari interrompono i lanci reciproci salvaguardandosi dall'insorgere di reumi disdicevoli, vista l'età apparente. Così vanno in discoteca e invece di palloncini d'acqua si tirano dei pugni, nella “rinomata” rissa di ferragosto.
Il ferragosto è anche ostentazione di corpi e di potere. Ne è fulgido esempio la multa appioppata ad una cinquantottenne inglese che, sorpresa a dorare la propria epidermide in bikini in pieno centro a Verona, è stata fatta oggetto di verbale municipale per il reato di bivacco. I due urbani si sono avvicinati alla gaia desnuda con lo scopo di accertare l'infrazione:

U: “Scusi, lei bivacca?”
D: “That bicow of your sister” (quella bivacca de soreta)
U: “Guardi dobbiamo elevarle contravvenzione”
D: “Elevate what you want, but elevate from the balls” (elevate ciò che più vi aggrada, basta che vi elevate dalle balle)

Come non citare, tra le amenità ferragostane, i segretissimi e alternativissimi rave. Pare che durante questi party la gente si diverta davvero in maniera sbalorditiva, sebbene nessuno dei partecipanti sia mai stato in grado di raccontare una sola cosa che abbia fatto durante un rave. Quindi questa tradizione si ripete ed attira decine di migliaia di giovani solo perché un giorno un pinzoliano ebbe a dire passando nei pressi di uno di questi party: “vacca se si divertono questi”. Nessuno seppe mai che il tizio si riferiva a due vigili e un'inglese in bikini.
È ferragosto, fa caldo, siete probabilmente in un posto che avete desiderato per tutto l'anno e non vedete l'ora di lasciarlo, c'è così tanta gente che il sistema più diffuso di relazione sociale è la gomitata... non cercate di divertirvi per forza, rischiate di riuscirci davvero.

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venerdì 10 agosto 2007

La rassegna scampa


L'estate non esiste. Esiste il pensiero dell'estate e un vago ricordo reso confuso dal fatto di essere il ricordo di qualcosa che non è mai avvenuta. Nella mia vita ho sempre sentito parlare di “l'estate è alle porte” e, immediatamente dopo “ormai l'estate è finita”. Ci deve essere stato, da qualche parte nel tempo, un breve, intenso e affollatissimo istante in cui è stata estate (che esteta), ma io ero sempre altrove e soprattutto altroquando.
Questa stagione immaginaria ci offre regolarmente e senza soluzioni di continuità (ma soprattutto senza soluzioni) un catalogo di problemi a portar via. Le disfunzioni migratorie, il clima impazzito (come se noi fossimo normali), i settantadue milioni di italiani in coda tra Barberino del Mugello e Lastra a Signa e l'emergenza emergenze. A corredo di ciò, i politici sparano le cartucce più grosse nella speranza che dalla spiaggia non si sentano e la carenza di calcio sposta l'attenzione verso sport assurdi come l'atletica e la pallacanestro. Quindi venghino signori che più gente entra, più bestie si vedono.


Roma – Dopo un'attenta analisi di macroeconomia applicata in merito al costo della benzina più alto del 15% rispetto agli altri paesi europei, il Presidente del Consiglio si è espresso con la profondità a cui è avvezzo, dichiarando: “C'è un problema di prezzi”. Questa affermazione, solo all'apparenza superficiale e scontata (riguardando i prezzi), è in realtà un nobile gesto di democrazia sociale, avendo fatto sentire milioni di automobilisti degni di ricoprire il ruolo di premier, in quanto anch'essi giunti alla stessa conclusione con un discreto numero di mesi di anticipo. Le compagnie petrolifere, convocate d'urgenza (cioè in ritardo) hanno dichiarato che l'aumento è sì legato all'esodo estivo, ma solo perché il caldo, come voi ben sapete, provoca l'espansione del volume della benzina e quindi un vantaggio per il consumatore. Dopo circa cinque minuti di silenzio ed espressioni di mucche che guardano treni, i petrolieri non sono riusciti a trattenere le risate e hanno chiuso l'incontro con “va be' c'avemo provato”. Ora i prezzi sono di nuovo a livelli europei, dimostrando che l'elaborata strategia economica delle compagnie era riassumibile in “finché la ggente non se ne accorgheno...”.


Roma – Nonostante una carriera di tutto rispetto che parte dall'IRI e arriva all'IRAP, passando attreverso CIRIO, SME e altri detriti fumanti, dopo aver preteso una tassa una tantum sulle moto, una sull'euro, una sul medico di famiglia e dopo aver affrontato tutti i problemi sociali italiani aumentando le sanzioni e i balzelli (ah vi avverto, 1000 euro di multa a chi usa l'asciugamano per tenere il posto a qualcuno in spiaggia, e vi avverto anche che è vero), con tutto questo curriculum, al quale aggiungerei un noiosissimo semestre alla presidenza europea durante il quale ha redatto una simpatica legge che gli garantisce una pensione di soli 13mila euro, il nostro prode Presidente continua a dimostrare una spiccata tendenza a risolvere i problemi economici chiedendo dei soldi a qualcuno. Dopo la caccia al tesoretto e le occhiate bramose lanciate a BOT e CCT, Prodi si è presentato in Parlamento con un'antica mappa in pergamena che riportava una grossa X rossa proprio in corrispondenza delle riserve auree dello Stato. Dissuaso in extremis dai suoi intenti picareschi, il Presidente ha posato la pala ed è stato visto dirigersi verso la Zecca dello Stato.


Tavullia – È proprio vero che quando gli dei cadono, gli uomini li prendono a calci. Valentino Rossi ormai non è più irraggiungibile come una volta, tant'è che è stato raggiunto anche da un appuntato della Guardia di Finanza in scooter che gli ha contestato la mancata richiesta dello scontrino a un barista di Laguna Seca. La Fiamma Gialla ha poi aggiunto “ah già che sono qui, ci sarebbero anche questi sessanta milioncini di euro di tasse da saldare. Le preparo un bollettino o ha una postepay?”.
Per ragioni che sfuggono al buon senso, i campioni si ritrovano sempre in rogne giudiziarie nel momento peggiore della loro carriera. Fortunatamente Guido Meda sta già organizzando una colletta per sostenere lo sfortunato atleta a cui, tra motorette e bagni con la Canalis nuda, non si sa proprio come non dare tutto l'apporto morale e materiale.
Un giovane giornalista d'assalto ha posto agli italiani la seguente domanda provocatoria “se qualcuno vi desse 60 milioni di euro in 4 anni per fare quello che vi piace fare, ne dareste 25 in tasse?”. Il reporter d'assalto è stato percosso con degli utensili meccanici da un gruppo di operai dell'Ansaldo.


USA – Barry Bonds, campione di baseball quarantatreenne (età in cui la quasi totalità di noi è un miracolo se riesce ad essere campione di rubamazzetto), ha stabilito il nuovo record assoluto di fuoricampo, spedendo per ben 756 volte la palla al di fuori del diamante di gioco. Solo vaghi sospetti ha suscitato il fatto che Bonds fosse coinvolto con lo scandalo Balco: l'industria farmaceutica che creava sostanze dopanti per atleti di altissimo livello. Lo sportivo, ha glissato sull'argomento e ha, piuttosto e anzichenò, mosso vibrata protesta sull'esatto conteggio dei fuoricampo. Pare infatti che in almeno dieci occasioni la palla si sia smaterializzata a seguito della battuta e, infine, durante un match svoltosi a New York, Bonds spedì la palla nell'oceano Pacifico, dove un surfer la prese al volo, decretando così la sua eliminazione.
“Una cosa che vola così in alto dovrebbe avere delle hostess a bordo”


Kenya – Alcuni antropologi hanno rinvenuto, durante degli scavi archeologici, due teschi appartenuti rispettivamente ad un homo erectus e uno abilis. La cosa sorprendente, oltre al fatto di non essere stati usati da qualche attorucolo per dire essere o non essere, è che i due teschi sono coevi. Questo confuterebbe (voce del verbo confu) la tesi ormai consolidata che l'homo erectus sia discendente dell'homo abilis, dimostrando che si trattava di due famiglie distinte. L'associazione ricercatrici studiose e ginecologhe di tutto il mondo ha così commentato la notizia: “se è vero, come sembra, che erectus significa eretto e abilis abile, ci deve essere da qualche parte traccia di una terza famiglia da cui l'uomo discende”.

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martedì 7 agosto 2007

Un dì vano


È una giornata pigra, lenta e pigra. Per onestà e senso del dovere mi preme dire che la giornata si fa il suo bravo mazzo come sempre, alla velocità che gli è consona: circa trenta km al secondo, sparata nello spazio come una sparata qualsiasi. Sono piuttosto io che mi trovo statico (relativamente) nello spazio limitato del mio salotto. Questo lo dico per senso del dov'ero.
Il mio salotto è davvero esteso quando sono pigro. Talmente esteso che mi viene voglia di fare un salto all'ikea. Grazie all'accidia, però, non me ne curo. La televisione è accesa: lo si capisce dalla luce cangiante che riverbera sulla parete, senza la quale sarebbe difficile distinguerla da una televisione spenta. Del resto, in questo momento sarebbe difficile anche distinguere me dalla parete. Visti da qui, mi parete tutti strani.
La forma della televisione si è adeguata ai suoi contenuti: è piatta e si plasma perfettamente nello spazio tra il mio cervello e un muro bianco (elementi intercambiabili). Questa riduzione di volume è stata compensata dal volume delle utili informazioni che comunica: l'audio delle pubblicità è insopportabile, almeno quanto le immagini.
Il telecomando è fuori dal raggio di azione dei miei arti e delle mie arti medianiche. L'inventore del telecomando dimostrò che Edison aveva ragione: la pigrizia è l'intelligente e fantasiosa madre di molte invenzioni. Qualcuno però dovrebbe inventare un telecomando che azioni il telecomando quando è lontano e uno per quest'ultimo e via discorrendo, finché procedendo all'infinito, verrà confutata l'esistenza del moto. Se Zenone invece di perdere tempo con tartarughe dopate e pelidi Achilli, avesse buttato un occhio verso il mio essere metà uomo metà divano, non solo avrebbe confutato il moto, ma avrebbe postulato qualche dubbio sull'esistenza della vita stessa. Sarà colpa del divano che, di per sé, trasmette un senso di vano.
Fortunatamente il telefono è nei paraggi. Chiamo un mio amico introdotto (certi verbi fanno a meno del complemento) e mi faccio dare il numero dell'emittente televisiva che mi sta infastidendo con i suoi valori volumetrici.

C: “Buongiorno, gentilmente, il volume audiofonico a cui state trasmettendo mi procura un fastidio di cui farei volentieri a meno. Potreste abbassare un po'?
E: “Non ce l'ha il telecomando?”
C: “Sì è sul tavolo... non ci arrivo”
E: “Qualcosa le impedisce di alzarsi e impossessarsene?”
C: “Sì, se mi alzo e produco moto vanifico tutto il lavoro d'ingegno alla base del concetto stesso di telecomando”
E: “Non può chiamare qualcuno?”
C: “Sì, infatti ho chiamato lei”
E: “Mi spiace io non posso aiutarla”
C: “E se le dico che sono amico di Berlusconi?”
E: “Guardi che questa è la RAI”
C: “Appunto”
E: “clik”

Chiamo un mio vicino di casa, forse a lui fa più effetto che io sia amico di Berlusconi e poi il buon vicinato è uno stile di vita che mi sono imposto da anni:

C: “Ciao sono Cruman”
V: “Chi?”
C: “Il tuo vicino di casa”
V: “Ne ho uno?”
C: “Da dieci anni, sì. Senti mi faresti un favore? Sono partito e ho dimenticato di togliere la corrente, andresti giù a staccare il mio interruttore generale?”
V: “Secondo me hai anche lasciato la televisione accesa”
C: “Ehmm sì, lo faccio sempre, sai per l'indice”
V: “L'indice di ascolto?”
C: “No l'indice della mano: è un po' indolenzito e faccio fatica a pigiare i tasti”
V: “click”

Ha un fascino traverso il numero di cose che si fanno per evitare di fare qualcosa. Lo stesso Edison per non aver voglia di far niente, brevettò millenovantatre invenzioni. Certa gente proprio nasce sfaticata.
A portata di allungo ho anche un libro: Oblomov. Solo che adesso non è proprio il momento di leggere. Anche il libro non sembra aver molta voglia di stare a raccontare, a farsi sfogliare: dà l'impressione di star bene qui, sul divano... mica possono essere tutti Cime tempestose.
Fortunatamente sta cominciando un film da giornata pigra. Un bianco e nero che graziaddio nessuno ha colorato. I vecchi film sono belli. Primo perché sono vecchi, poi perché gli attori non fanno le facce come quelli di oggi, i dialoghi sono avvincenti senza prevedere nemmeno un vaffanculo e le storie ti coinvolgono senza essere lagne apocalittiche o festival di inseguimenti, sangue e copule (spesso contemporaneamente), ma soprattutto perché sono vecchi. Allora queste cose non si potevano fare e il cinema era affare di artisti geniali. Ora che tutto è lecito e anche oltre, la fantasia ne muore.
Buio... il mio vicino ha staccato la corrente. Mi è toccato in sorte l'unico vicino di casa zelante in tutta la storia del condominiato. Fortunello. Meglio così: in certi momenti privi di azione bisogna pensare. È la situazione ideale per ponderare sulla necessità di rassettare casa e sulle ingenti ragioni che mi spingono a considerare un altro giorno, quello più adatto per farlo. Devo anche lavarmi i capelli, senza contare che c'è la mia vita da riorganizzare completamente. Cosa che, in questo momento, mi pare meno gravosa del detergere il mio cuoio capelluto.
Cosa ancora più importante: devo assolutamente trovare una conclusione sensata a questo...

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giovedì 2 agosto 2007

La piatta forma dell'amore


Marino. Il mio nome è Marino. Se a qualcuno fu dato un nome e simultaneamente un destino, quello fu'io. A scuola lo coniugai con discreti risultati e una volta adulto, gli resi una dignità di aggettivo divenendo un amante del mare, delle onde, delle battigie, delle risacche, dei frangiflutti e del bagnasciuga (unico luogo ricorsivo). Per me amare significa a mare. Infatti sono addetto alla trivella su una piattaforma petrolifera.
La vita qui è dura: passo molti mesi lontano dalla mia famiglia. Ah non vi ho detto che sono sposato. Io e Elba abbiamo fatto le cose molto in fretta: ci siamo sposati per non correre il rischio di non farlo. Forse avrei dovuto pensarci meglio e il fatto che i suoi genitori accolsero la notizia delle nostre intenzioni coniugali con ventuno salve di cannone avrebbe dovuto rendermi garbatamente circospetto. Comunque le cose proseguono senza intoppi di rilievo, perché non è vero è che il matrimonio è la tomba dell'amore, è solo che il confine tra tre metri sopra il cielo e tre metri sotto terra è meno netto di quanto si pensi.
Sta di fatto che in un momento di grande riflessione introspettiva e, per essere precisi, quando Elba manifestò il proposito di farmi a pezzi e gettarne alcuni nel Po e altri nel Ticino nella speranza che si ricomponessero a Comacchio, ecco in quel profondo momento di simbiosi spirituale decisi di partire per la piattaforma.
Elba però mi manca perché le voglio davvero bene e lei mi completa come essere umano. Un po' anche perché qui siamo tutti uomini, ma non pensate che io sia un gretto insensibile, sarò orso, forse misantropo, sicuramente narcisista con le emozioni distorte, ma di certo non sono... non sono... che cosa avevo detto di non essere? Non importa, perché ora sono felice e tutto grazie all'onorevole Lorenzo Cesa. Costui si è erto in difesa di noi forzati della solitudine, di noi seguaci di Onan il miope. Cesa ha proposto di finanziare i deputati per consentire il ricongiungimento dei familiari e quindi impedire che gli stessi deputati sublimino la promessa d'amore suggellata con lo scambio anulare, sul raccordo omonimo. Ebbene io ho chiesto e ottenuto di godere dello stesso privilegio (non quello sul raccordo, il riavvicinamento). Perché anche io vivo lontano dalla mia compagna e perché anche il mio lavoro è importante: io faccio sì che le vostre auto siano mobili (tranne in prossimità dei lampioni), alimento le centrali elettriche (che accendono i lampioni) e un barile di altre cose. Così come i politici (anche loro pieni di piatteforme, da cui però non ho mai visto tirar fuori niente) ci consentono di... cioè loro fanno in modo che... i politici producono... servono per... insomma loro sono sicuramente più bravi di me, ma qui, in caso di estrema emergenza o crampi alle mani, non è che sia semplicissimo trovare una donna, nemmeno a pagamento. E pensare che mi chiamano er trivella.
L'idea è di quelle rivoluzionarie, tanto che ai concerti già vendono le magliette con la faccia di Cesa. D'accordo non lo conosce nessuno, ma tanto quelli che conoscono Che Guevara ai concerti non ci vanno più. Il concetto può trovare applicazioni inaspettate, per risolvere le questioni sociali più disparate e disperate. Si potrebbero dare dei soldi ai ladri per evitare che rubino, dare degli scudetti a Moggi per evitare che rinchiuda arbitri nei cessi, dare dell'intelligente a Cesa per evitare che cerchi di dimostrarlo. Secondo me le potenzialità sono enormi, ma io sono solo un trivellatore e, vi parrà strano, non sono un tipo molto profondo. Spesso faccio buchi nell'acqua, ma stavolta sono sicuro di non sbagliare: Cesa ce sa fa', non ci sono dubbi.
Ora sono felice. Elba è qui con me. Mi hanno dato una chiatta (chi ha detto un'altra?) e ora mia moglie vive ormeggiata a due miglia marine dalla mia piattaforma. Perché va bene il riavvicinamento, ma preferisco sia una cosa graduale. Il problema è che lei ora è depressa: le manca il suo circolo di maglia e cucito. Non le basta più tenersi in contatto attraverso il sito wwwpuntocroce. Quindi, per evitare che mi pianti in un occhio un ferro da calza, sto cercando di ottenere il riavvicinamento del suo circolo. La presidentessa del circolo però ha dichiarato che senza il suo terapista non può stare e lo stesso terapista si è detto contrariato di vederla partire prima di aver terminato il suo girocollo in gabardine.
Il nostro ingegnere ha calcolato che, continuando questo processo di avvicinamenti esponenziali, nel giro di pochi anni la piattaforma petrolifera potrà dichiararsi stato autonomo indipendente e dovrà importare petrolio per il suo fabbisogno energetico. A quel punto dovremmo mandare qualcuno sulla terraferma (ormai spopolata) per reperire materie prime. Questo qualcuno però si sentirà solo e chiederà il riavvicinamento dei suoi cari. Questa traslocazione ondivaga sarà la nascita di una nuova cultura sociale, che si affermerà nei secoli a venire, almeno finché, nel bel mezzo della transumanza, qualche uomo di buonsenso si fermerà un attimo e si accorgerà, come su un treno in partenza, di non essere fermo ma di muoversi insieme a tutti gli altri e, con un sintomatico ritardo esclamerà “ma che fuffolo stiamo facendo?”.

Confesso che queste sono tutte fantasie, perché la proposta di Cesa è stata respinta al termine di un confronto serio e pregno di senso civico e responsabilità. Purtroppo i sostenitori della tesi “se fate venire qui mia moglie me ne vado io” erano molto più numerosi dei “o fate venire qui mia moglie o vado a puttane... in ambulanza (sono per il sesso sicuro io)”. Sarà che si finisce sempre ad impegnarsi per ottenere qualcosa e poi a pentirsi di averla raggiunta, rimpiangendo i bei momenti in cui il desiderio di ciò che non si aveva era molto più avvincente del poterlo avere. Per questo sono qui in mezzo all'oceano: perché amo il mare e perché amo mia moglie.

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