Io sono un cittadino normale purtroppo. Nessuna attività di rilevanza mediatica, nessuna velina tra le lenzuola e soprattutto non ho ammazzato nessuno. Fedina penale tristemente candida (anche se, grazie a questo blogo, ancora per poco), il che mi preclude varie carriere accattivanti, come il docente universitario, lo scrittore, il politico.
Sì perché bisogna guardare avanti. Considerare gli incredibili risvolti nascosti tra le pieghe del tuo fascicolo in questura. Voglio dire, magari tu con la tua fedina penale ci puoi fare un poncho, ma invece di essere triste dovresti pensare in grande. Sì è vero, ti fai qualche anno di galera, durante i quali farai cose molto più interessanti di quelle che facevi fuori. Insegni in università, ti fai intervistare, fai il giornalista…. una pacchia. Poi arriva il governo giusto, una bella grazia o una riduzione di pena e ti ritrovi in parlamento, più ricco e potente di prima. E in tutto questo puoi anche fare la voce grossa, l’indignato, la vittima (tanto la vittima vera magari è due metri sotto terra e da lì non risulta semplicissimo esprimere disappunto).
Ora però non montatevi la testa. Questo discorso non vale per tutti. Tu sfigato in attesa di giudizio, magari (davvero) innocente, ti fai tutto il tuo calvario buonino buonino, in silenzio e senza nemmeno agitarti troppo. No, no, per andare in televisione a fare gli scocciati dovete già appartenere a una elitaria casta a cui non avrete mai accesso. Oppure dovete essere uno di quelli che ammazza a sangue freddo un uomo innocente e indifeso, in nome di un’ideologia, cosa che pare tramutarti di colpo da “bestia feroce senza dignità” a rivoluzionario, estremista, compagno che sbaglia (a sinistra), o persecutore di alti e puri ideali (a destra) o comunque uno che ha combattuto contro lo stato, come se fosse una sorta di eroe catturato dal nemico, per quanto possa essere eroe uno che spara alle spalle contro un uomo indifeso.
Ora anche Proietti vede la sua libertà. La sua pena per l’omicidio D’Antona passa da tutta la vita a 20 anni (D’Elia con 22 anni ne ha scontati 12….facendo due conti… tra un paio di legislature…). Sarebbe bello poter dire a D’Antona “ehi Massimo, hanno ridotto la pena, sarai morto solo una decina d’anni poi puoi tornare”. Solo che se tornando dovesse ritrovarsi con i suoi carnefici in parlamento, magari deciderà di restare dov’era, fosse anche una cava di scorpioni incazzati.
Che poi uno potrebbe anche interpretare male e pensare “hai visto questi, ammazza qua, gambizza là, alla fine ce l’hanno fatta”. Messaggio non esattamente educativo.
Non c’è niente da fare, la sensibilità verso la sofferenza dei carnefici ormai rende molto di più di quella verso le vittime. E si dà spazio a moggi in lacrime, a ex terroristi offesi, mentre delle persone che hanno calpestato non si sa nulla, ormai è un gioco trito. Molto più d’effetto capire l’irrequietezza viscerale o l’ideologia filosofica del carnefice di turno.
Sì perché bisogna guardare avanti. Considerare gli incredibili risvolti nascosti tra le pieghe del tuo fascicolo in questura. Voglio dire, magari tu con la tua fedina penale ci puoi fare un poncho, ma invece di essere triste dovresti pensare in grande. Sì è vero, ti fai qualche anno di galera, durante i quali farai cose molto più interessanti di quelle che facevi fuori. Insegni in università, ti fai intervistare, fai il giornalista…. una pacchia. Poi arriva il governo giusto, una bella grazia o una riduzione di pena e ti ritrovi in parlamento, più ricco e potente di prima. E in tutto questo puoi anche fare la voce grossa, l’indignato, la vittima (tanto la vittima vera magari è due metri sotto terra e da lì non risulta semplicissimo esprimere disappunto).
Ora però non montatevi la testa. Questo discorso non vale per tutti. Tu sfigato in attesa di giudizio, magari (davvero) innocente, ti fai tutto il tuo calvario buonino buonino, in silenzio e senza nemmeno agitarti troppo. No, no, per andare in televisione a fare gli scocciati dovete già appartenere a una elitaria casta a cui non avrete mai accesso. Oppure dovete essere uno di quelli che ammazza a sangue freddo un uomo innocente e indifeso, in nome di un’ideologia, cosa che pare tramutarti di colpo da “bestia feroce senza dignità” a rivoluzionario, estremista, compagno che sbaglia (a sinistra), o persecutore di alti e puri ideali (a destra) o comunque uno che ha combattuto contro lo stato, come se fosse una sorta di eroe catturato dal nemico, per quanto possa essere eroe uno che spara alle spalle contro un uomo indifeso.
Ora anche Proietti vede la sua libertà. La sua pena per l’omicidio D’Antona passa da tutta la vita a 20 anni (D’Elia con 22 anni ne ha scontati 12….facendo due conti… tra un paio di legislature…). Sarebbe bello poter dire a D’Antona “ehi Massimo, hanno ridotto la pena, sarai morto solo una decina d’anni poi puoi tornare”. Solo che se tornando dovesse ritrovarsi con i suoi carnefici in parlamento, magari deciderà di restare dov’era, fosse anche una cava di scorpioni incazzati.
Che poi uno potrebbe anche interpretare male e pensare “hai visto questi, ammazza qua, gambizza là, alla fine ce l’hanno fatta”. Messaggio non esattamente educativo.
Non c’è niente da fare, la sensibilità verso la sofferenza dei carnefici ormai rende molto di più di quella verso le vittime. E si dà spazio a moggi in lacrime, a ex terroristi offesi, mentre delle persone che hanno calpestato non si sa nulla, ormai è un gioco trito. Molto più d’effetto capire l’irrequietezza viscerale o l’ideologia filosofica del carnefice di turno.
In cina quando un amministratore o un dirigente fallisce gli appendono un cartello in fronte con scritto "non sono stato una personcina a modo, percuotetemi con dei fichi molli" e lo costringono a ricominciare da zero. In italia gli offriamo programmi in prima serata, contratti editoriali lauree e cattedre universitarie. Così tra politici, giornalisti e personaggi vari siamo pieni di vecchi "se succede questo me ne vado", tutti figli dell'adagio solo i fessi non cambiano mai idea.
A proposito di Moggi (padre del famoso procuratore) mi è capitato, ieri, di sbattere contro una toccante intervista, durante la quale la tigre Floris (abile conducente di ballarò), si è trasformata in agnellino, facendosi dare lezioni di rispetto (e a volte persino di italiano) dall’indignato ex dirigente che inveiva contro la cattiveria dei suoi persecutori e ha esatto (potenza del participio passato) rispetto per sé, la sua famiglia, la sua società. Nemmeno una parola sulle società, procuratori, giocatori, arbitri nani e ballerine di cui lui decideva la carriera o la fine, con ferocia, insultando, minacciando (parole prese dalle intercettazioni). Floris non ha posto questo stridore di rispetti al provato pluriscudettato. Per un attimo ho rivisto il saddam sotto processo: anche lui interdetto, sbigottito sinceramente dal fatto di dover essere giudicato. Anche lui convinto che niente potrebbe essere meglio senza di lui. E anche lui dava lezioni di giustizia e correttezza. Come Castro che puntava il dito verso i potenti europei in nome dei diritti civili. Così Floris ha ascoltato silente, il buon luciano affermare che il calcio andava bene grazie a lui, che combatteva contro i veri cattivi (da lui definiti diavoli) e che dopo di lui altri costituiranno altre lobby di potere (quel “altre” un po’ maldestro), cosa che è assolutamente condivisibile. Ora io non voglio paragonare Moggi a Saddam o a Castro (anche perché secondo me Castro un po’ si insolentisce), ma questa è una sincera, tipica, reazione di chi il potere lo ha avuto, amministrato e usato e poi si ritrova senza (non è il caso di Castro ovviamente, che è ancora con). Io posso anche capirla dal punto di vista psicologico e nessuno va giudicato sommariamente, ma come ho già detto, si dovrebbe partire dalla comprensione delle vittime, dal rispetto per loro. Diamo spazio a chi ha subito non a chi ha spadroneggiato per anni in barba a qualsiasi rispetto. Questa struttura civile è (purtroppo) basata sulla distinzione tra bene e male, ora stiamo confondendo le cose, rendendole fumose, ingannevoli, minando la base stessa del convivere sociale.
Prima sosteniamo chi ha subito, chi sta male, poi mi raccontate tutte le ragioni di chi ha ammazzato, di chi ha agito fregandosene della sofferenza degli altri, ed ora vuole ascolto per la propria. Responsabilità e dignità, sono parole astratte (come ha saggiamente detto Moggi apostrofando Floris sul concetto di potere) che non suggeriscono più niente a nessuno.
A proposito di Moggi (padre del famoso procuratore) mi è capitato, ieri, di sbattere contro una toccante intervista, durante la quale la tigre Floris (abile conducente di ballarò), si è trasformata in agnellino, facendosi dare lezioni di rispetto (e a volte persino di italiano) dall’indignato ex dirigente che inveiva contro la cattiveria dei suoi persecutori e ha esatto (potenza del participio passato) rispetto per sé, la sua famiglia, la sua società. Nemmeno una parola sulle società, procuratori, giocatori, arbitri nani e ballerine di cui lui decideva la carriera o la fine, con ferocia, insultando, minacciando (parole prese dalle intercettazioni). Floris non ha posto questo stridore di rispetti al provato pluriscudettato. Per un attimo ho rivisto il saddam sotto processo: anche lui interdetto, sbigottito sinceramente dal fatto di dover essere giudicato. Anche lui convinto che niente potrebbe essere meglio senza di lui. E anche lui dava lezioni di giustizia e correttezza. Come Castro che puntava il dito verso i potenti europei in nome dei diritti civili. Così Floris ha ascoltato silente, il buon luciano affermare che il calcio andava bene grazie a lui, che combatteva contro i veri cattivi (da lui definiti diavoli) e che dopo di lui altri costituiranno altre lobby di potere (quel “altre” un po’ maldestro), cosa che è assolutamente condivisibile. Ora io non voglio paragonare Moggi a Saddam o a Castro (anche perché secondo me Castro un po’ si insolentisce), ma questa è una sincera, tipica, reazione di chi il potere lo ha avuto, amministrato e usato e poi si ritrova senza (non è il caso di Castro ovviamente, che è ancora con). Io posso anche capirla dal punto di vista psicologico e nessuno va giudicato sommariamente, ma come ho già detto, si dovrebbe partire dalla comprensione delle vittime, dal rispetto per loro. Diamo spazio a chi ha subito non a chi ha spadroneggiato per anni in barba a qualsiasi rispetto. Questa struttura civile è (purtroppo) basata sulla distinzione tra bene e male, ora stiamo confondendo le cose, rendendole fumose, ingannevoli, minando la base stessa del convivere sociale.
Prima sosteniamo chi ha subito, chi sta male, poi mi raccontate tutte le ragioni di chi ha ammazzato, di chi ha agito fregandosene della sofferenza degli altri, ed ora vuole ascolto per la propria. Responsabilità e dignità, sono parole astratte (come ha saggiamente detto Moggi apostrofando Floris sul concetto di potere) che non suggeriscono più niente a nessuno.
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