giovedì 1 giugno 2006

Palla contesa, palla alla difesa


Una cosa è certa, in tutta la faccenda “grazia a Bompressi”, il clemente Mastella si muove come un cieco in un negozio di mine (non quelle per le matite). Come è antica usanza in Italia, un enorme polverone di chiacchiere inutili, vuote, mal supportate da precarie conoscenze di rimbalzo, finisce per insabbiare le questioni fondamentali, i fatti, le persone.
Tra le centinaia di commenti euforici o indignati sulla grazia a Bompressi, che la gente, i giornali, i politici, si sputano intorno come palline di carta bavose con la bic, non ho rintracciato un’analisi una, sui motivi, su cosa ci ha portati davvero a fischiare questo inevitabile fallo di confusione. Molti dei grilli parlanti che si cricriccano addosso in questi giorni ripetendo “un assassino in libertà” o “giustizia è stata fatta”, a seconda del loro manto, sanno poco o nulla di ciò che è successo negli ultimi 34 anni, dal giorno in cui, un tizio fece sfoggio di coraggio sparando alle spalle a un altro tizio per poi darsi alla fuga accennando così anche alla propria dignità. La fortuna di questi grilli è che spesso i pinocchi a cui parlano ne sanno meno di loro.
Partendo dal non facile presupposto che Bompressi, Sofri e Pietrostefani siano realmente mandanti e autori dell’omicidio Calabresi, si può provare a valutare le ragioni che possono portare lo stato a graziare un individuo riconosciuto come assassino e come “nemico dello stato”.
Si è parlato molto, per esempio, dei motivi di salute. Bompressi è caduto in una profonda depressione dopo il suo arresto (non che gli altri carcerati inscenino danze di giubilo chiusi nelle celle) e, tra scarcerazioni, breve latitanza, cure e arresti domiciliari, l’ex lc è parso in via di miglioramento. I periti, non solo di parte, certificano che un ritorno in carcere potrebbe essere pericoloso per la salute del condannato. Così rimane agli arresti domiciliari, con i familiari e le cure del caso. Problema salute risolto, anche in considerazione del fatto che nelle patrie galere soggiornano persone (magari anche in attesa di giudizio) in condizioni, se è possibile, peggiori, tra aids, droga e sindromi psicogene.
Non si può nemmeno dire che Bompressi abbia ormai pagato il debito che lo stato ha reclamato, avendo scontato pochissimi anni di prigione.
E infine la teoria politica. Gli ex leader di lotta continua sarebbero prigionieri di una guerra ormai persa e la clemenza col nemico sconfitto è atto di civiltà e simbolo di crescita sociale. Guerra…. È un discorso che danza tra filosofia e assurdo (cioè sta fermo). E’ già abbastanza acrobatico definire guerra, l’attacco armato e violento contro il sistema democratico in cui si vive, per la personale intenzione di farlo diventare qualcosa di più consono ai propri desideri. Ma questa guerra è davvero finita? Senza scomodare i delitti Biagi e D’Antona, senza soffermarsi troppo su Lioce e compagnia, nel sottobosco eversivo italiano prolificano e “agiscono” ancora estremismi di destra o sinistra (spesso anche ben organizzati e sostenuti), che mietono vittime e calpestano diritti senza alcun ritegno. Quindi non può essere nemmeno questo.
Allora ti viene da guardare indietro. L’omicidio Calabresi è avvenuto in un contesto storico e sociale impossibile da descrivere in uno stupido blog come questo. Comunque gli esponenti di lotta continua si sono sempre professati innocenti, anche se hanno ammesso di aver attuato nei confronti del commissario una vera e propria campagna di linciaggio in relazione alla morte dell’anarchico Pinelli. Un linciaggio, che a detta dello stesso Bompressi avrebbe potuto spingere qualcuno ad uccidere Calabresi. I processi iniziano molti anni dopo, basandosi essenzialmente sulla testimonianza del pentito Marino (poi messo in libertà) che accusa se stesso e lotta continua. Da questo momento comincia un can can processuale (comunque abbastanza tipico in Italia) fatto di assoluzioni, condanne, vizi di forma, sparizioni misteriose di cose e persone, pressioni politiche, ricchi premi e cotillon. Vengono alla luce anche piste alternative che sbandano paurosamente a destra, ma la conclusione è che gli imputati vengono riconosciuti colpevoli e condannati a circa 22 anni di carcere in un contesto che sbalordì molte persone e comunque in assenza di prove inconfutabili.
Non entro, per ovvi motivi, nel merito delle sentenze e nemmeno delle brutture che tutti i movimenti estremistici politici extraparlamentari hanno generato (con tutte le collusioni che vogliamo considerare) negli anni di piombo e continuano a generare anche oggi. Quello che è certo è che il caso lotta continua (8 processi) è stato un pasticciaccio brutto brutto che come spesso accade in Italia, aggiunge vittime a vittime e non lascia trapelare chi ne trae davvero giovamento. Ecco perché questa grazia è un altro pasticcio. Perché se Bompressi è davvero colpevole non si capisce perché un omicidio politico debba essere trattato diversamente da qualsiasi altro (è pur sempre un uomo che è stato vigliaccamente ucciso) e comunque diverso dagli altri omicidi politici. Quindi l’ingiustizia colpisce altri colpevoli e colpisce di nuovo la vittima e i suoi familiari, anche se più nei modi che nel gesto. La moglie e il figlio, che all’epoca aveva due anni, solo due anni, hanno già vissuto 34 anni di dolore e tristi giochi di prestigio, penso che il perdono dovrebbe venire anche da loro, ma non solo il perdono per i colpevoli.
Se invece Bompressi è innocente o comunque se è stato giudicato in modo approssimativo o politico (che spesso coincidono) allora questo ha il sapore di un colpo di spugna, crea l’immagine di uno stato che dice “va be’ forse avemo fatto ‘n casino, facciamo tutto a monte?”.
In questo caso le vittime siamo tutti noi.
Appare troppo facile mascherare questo gesto come atto di grande civiltà politica. Perché non si riprende piuttosto in mano tutta la questione in modo più chiaro? E se non si può perché non viene spiegato il motivo? I motivi della distruzione della macchina usata per l’omicidio (mandata allo sfasciacarrozze perché priva di bollo), delle sparizioni di reperti (perché non c’era posto dove metterli), di improvvisati circhi giudiziari….
Così non ci liberiamo dei problemi, li nascondiamo, forse Bompressi è davvero colpevole, ma una grazia non significa altro che “sei stato tu, ma ho motivi per perdonarti”. Questo non rende giustizia a nessuno, nemmeno a Bompressi. Non è un gesto umano e nemmeno politico, solo il vecchio intramontabile tarallucci e vino, dell’italian style.

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