Un inaspettato eccesso di spazio attorno a me mi ha consentito non solo di respirare per una buona mezz'ora, ma anche di sfogliare il mio settimanale. Mentre un ciclista in salita ci sorpassava, mi sono letto un articolo di Joe R. Lansdale. Per uno così deve essere difficile scrivere un pezzo all'altezza del proprio nome. Perché, siamo onesti, quella “R.” è veramente sexy. Magari sta per Rosamunda, ma io il pezzo me lo sono letto quindi uno a zero per Rosamunda. L'articolo affronta la drammatica vicenda della strage al Virginia Tech azzardando l'ipotesi che magari non è proprio tutta colpa del fatto che negli Stati Uniti è molto facile trovare una pistola e ancora più facile esserlo. Sono d'accordo con Joe. E pure con R. Capirei se l'enorme diffusione delle armi avesse semplificato le pratiche della constatazione amichevole dopo gli incidenti, ma folli gesti come quello del ragazzo che per trovare la sua fidanzata, ammazza trenta persone, hanno poco a che fare con l'industria delle armi. Al limite con quella dei cercapersone.
A Londra un polacco è entrato in un ristorante, ha afferrato un coltello da cucina e si è evirato davanti ai clienti che peraltro stavano mangiando dei wurstel. Secondo la logica corrente potrei affermare che i coltelli da cucina sono una minaccia alla virilità maschile, quasi come delle deliziose tendine. Per la cronaca il giovane esibizionista estremo sta bene e potrà sopperire al deficit sessuale con una Porsche Cayenne.
Il vecchio Joe prosegue alla grande. Se la prende con un eccesso di aspettative e l'incapacità a gestire le relative insoddisfazioni. Punta il dito (regolarmente registrato) contro la mentalità dell'avere diritto a tutto e la conseguente tendenza ad incolpare qualcuno in caso di negazione. Un po' come le persone che ritengono l'avere un compagno e una famiglia, un diritto acquisito per nascita e non un desiderio personale. Diritto che rende quindi lecito il continuo lamentarsi o per un periodo di solitudine (senza nemmeno provare a viverlo) o perché il compagno che si è scelto (o su cui si è ripiegato) non è esattamente la perfezione o, più propriamente, è un culo che spunta dal frigorifero. Oppure come chi ora pretende che la società paghi per i propri disagi interiori. Perché le disastrate casse della sanità dovrebbero passare l'abbellimento del pomo d'adamo e degli zigomi per chi cambia sesso. Mentre la gente muore in attesa di una scintigrafia. Così non c'è più bisogno nemmeno di fare lo sforzo di accettarsi, di trovare un equilibrio, come sono costretti a fare i grassi i bassi i brutti, chi è nato con menomazioni o chi semplicemente è un disadattato. In un mondo di giustificazioni, in cui si pretende da altri la soluzione ai propri problemi, quale spinta ci rimane per lavorare su noi stessi e su le persone che abbiamo intorno? Ha più senso accettare e insegnare a farlo o modificare la realtà con un trucco per non aver bisogno di accettazione? E chi decide quale disagio deve pesare sulla società e quale no? Perché io ne avrei tre o quattro belli tosti se ci fosse un modulo da riempire.
Ma proprio all'acme dell'intreccio, il buon Joe inciampa in una buca concettuale: “in una certa qual misura è colpa della società”. L'autore è in parte giustificato dalle sue buone intenzioni e dal mio infame estrapolare una frase dal contesto. Però questo concetto è l'espressione stessa di uno dei più grandi vuoti filosofici della società moderna, a metà tra l'ipocrisia e l'ingenuità. È abbastanza semplice immaginare che altre persone abbiano vissuto le esperienze di vita dell'assassino del Virginia Tech, ma abbiano sintetizzato la situazione in maniera diversa, magari limitandosi a sputare in qualche occhio o addirittura risolvendola. Indi per cui le persone non sono tutte uguali e di conseguenza non possono essere trattate tutte allo stesso modo e pretendere reazioni simili. Ma nessuna civiltà moderna accetterà mai il concetto di trattamenti differenti che includerebbero necessariamente piani diversi, valutazioni e discriminazioni. Ecco il nodo: le infrastrutture dell'evoluzione civile sono basate su un presupposto poco solido e cioè il fatto che tutti gli uomini siano uguali. Ed ecco che il leviatano “società” arriva a prendersi colpe come fosse un'entità attiva, che possa cioè esprimere volontà e azione. Per essere un'entità che non esiste fa già molto di più di una velina.
Così mi capita di sentire commenti tipo “è uno schifo” a riguardo della stupidità e della brutalità umana. Ma l'uso dell'impersonale di solito nasconde una timidezza espressiva. Allora è la gente a fare schifo? Forse. Quello che mi ha venduto i tergicristalli che non tergono, sicuramente. Io però mi permetto di andare un po' più un là. Già che sto treno non ha intenzione di farlo.
Il concetto di schifo, non associato ai sensi, è un parametro di valutazione, quindi è necessariamente correlato a una “misura” di riferimento, che potrebbe essere l'onestà, il rispetto o semplicemente la normalità. Secondo me i valori di riferimento sono troppo alti. Ci stimiamo troppo insomma. L'immagine di civiltà che vogliamo far trasparire ha ben poco a che fare con l'animo umano, con il livello medio di evoluzione. Questa immagine è giustamente plasmata sul migliore dei mondi, delle società, degli uomini possibile. Perché serve un obiettivo, un modello a cui ispirarsi. Ma spesso ci si dimentica (a volte si vuole dimenticare) che è solo un'immagine e la realtà è molto diversa. Il problema è che dimenticandoselo, ci si dimentica di lavorare sull'unica risorsa disponibile: sull'uomo, sul singolo uomo. E la maggior parte del tempo lo si passa a cercare giustificazioni e capri espiatori.
In questa carrozza (che ha ben ragione di avere un nome così antico) ad alta densità di popolazione, mi chiedo quante persone, a me adese, potrebbero entrare in una scuola armati, persone a cui magari manca solo il coraggio o quell'evento che manda in corto la volontà e l'istinto.
“Mi scusi potrebbe togliere il suo gomito dal mio costato?”
“E perché non si sposta lei?”
“Perché non mi posso muovere visto che mi è anche salito sui piedi”
“È colpa della società”
“Civile?”
“No, Trenitalia”
“E che cosa potremmo fare per migliorare la situazione?”
“Mi potrebbe prestare il giornale, così la smetto di appoggiarmi per leggerlo da dietro”
“Che lei sappia, ci sono armerie a Lodi?”
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