Prendete la casa più bella del mondo, piena di marmi sotto i piedi, ma non i marmi normali, quelli più bianchi e marmosi di qualsiasi altro, estratti con cura da una cava a cinque stelle. Nelle stanze, quadri dipinti da qualche artista maledetto morto tossico, osservano etnomobili in perfetta armonia con sedie luigi e le corbousier a manciate. Questa casa non ha nulla di simile alla mia e probabilmente nemmeno alla vostra. E’ stata progettata apposta per non avere nulla che possa ricordare seppur vagamente la mia dimora. Ad essere sinceri, una cosa c’è: il cesso. D’accordo a casa mia lo snodo dello scarico del lavandino non è ispirato a un disegno di Alvar Aalto e la mia vasca da bagno non è omologata per il nuoto pinnato, ma là in un angolo c’è una bianca seduta proprio come nella bella casa. Non è in ceramica ming della seconda dinastia, ma quando sei lì a cercare di far uscire dal tuo corpo un essere demoniaco metà abbacchio e metà impepata di cozze, non ci fai molto caso.
Il cesso ci unisce tutti più o meno come la morte e i piedi freddi. Ci unisce fisiologicamente, ma ci divide costringendoci ad identificarci in categorie o, peggio ancora, in buffe sagome stilizzate. Quando una ritirata non si trova in una magione, presenta sull’uscio una dicitura atta ad indicare a quale genere di essere umano è consentito l’utilizzo dei sanitari ivi contenuti. Solitamente la distinzione è di tipo sessuale, ma ci si può imbattere anche in discriminazioni professionali (dirigenti, operai, clienti ecc.) o addirittura di abilità fisica.
Utilizzare un bagno pubblico è già di per sé una tortura psicofisica. L’olfatto è messo a dura prova da mefitici olezzi che abbattono di prepotenza un labile deodorante per ambienti al pino silvestre. I quadricipiti femorali si sfilacciano nel tentativo di espletare i bisogni senza entrare in contatto con alcuna superficie e contemporaneamente tenere chiusa la porta con un piede. Alla fine occorre combattere con la nausea per pulire le nefandezze di qualche precedente avventore onde evitare che qualcuno, vedendovi uscire, pensi sia opera vostra e si faccia idee bislacche su di voi. Infine ci si lava le mani e le si asciuga con l’aria calda che ustiona la cute, ma ti consente di eliminare ogni traccia di umidità…tramite strofinamento sui pantaloni. Come se non bastasse questa avventura fisiologica, bisogna scontrarsi anche con le definizioni appese alle porte. Capita così che in parlamento, Luxuria (famoso drag queen) utilizzi la ritirata delle donne, mentre Gardini (famosa conduttrice televisiva) si inalberi ritenendo ingiusto che un qualsiasi pinco pallino possa godere dei diritti conquistati dalle donne in secoli di lotte di emancipazione, facendosi semplicemente installare delle mammelle, truccandosi a modo e sostenendo di sentirsi donna.
Ora, io non so se Luxuria si accomodi sul wc o se, gambe un po’ aperte, mano sinistra sulla chiappa, mano destra a sostenere le proprie opinioni, emetta mugugni di soddisfazione accompagnati da vigorose scrollatine. Non so nemmeno se lasci schizzetti in giro, se alzi la tavoletta e via discorrendo, però ammettiamolo, siamo socialmente e idrosanitariamente impreparati all’evolversi dei generi sessuali. Io detengo la soluzione: i bagni misti.
Avete presente Ally Mc Beal? Quel telefilm ambientato in un improbabile studio avvocatizio che per dispetto della sorte, finiva sempre ad affrontare casi talmente assurdi che ti veniva da pensare che gli americani sono tutti matti o, peggio ancora, che era solo un telefilm quindi solo frutto della mente di sceneggiatori americani…che sono tutti matti.
Lo studio era dislocato in un ufficio modernissimo e impostato su canoni di vivibilità ed ergonomia che farebbero impallidire qualsiasi legge 626. Tutti gli impiegati e i dirigenti erano giovani, belli, sessualmente instabili e in cura da uno psicoterapeuta con cui copulavano selvaggiamente. La cosa curiosa è che una buona parte delle vicende interpersonali dei protagonisti si svolgeva all’interno di una bellissima sala servizi mista. Naturalmente questa situazione creava innumerevoli spunti di sceneggiatura, ma aveva anche un non so che di sensato.
La convivenza coatta spostata al livello più vulnerabile, genera un crollo di una serie di ipocrisie e di schemi uomo/donna (e varie ed eventuali) che alla fine risulta socialmente e professionalmente positivo per l’ambiente di lavoro.
In una situazione del genere gli uomini, non più sostenuti dalla solidarietà maschile su una certa ignoranza della minzione, tenderebbero ad un diverso rispetto dell’arredo idrosanitario e ad un comportamento generale meno orientato a quello del gibbone culo rosso. Le donne, di contro, sarebbero costrette a far cadere questo velo di mistero che ha avvolto la ritirata con l’amica sin da quando esistono i ristoranti. Senza contare che anche le loro piccole nefandezze (su cui persiste una cappa di omertà) getterebbero una nuova luce sulla teoria che vuole l’uomo proveniente da Marte e la donna da Venere.
Mi rendo perfettamente conto che tale ipotesi è inapplicabile ai cessi della stazione centrale o a quelli del carcere di Forte Boccea, ma in un luogo civile e di alto valore sociale, deputato alla democratica guida del paese, come è il parlamento, si potrebbe provare a dare un segno di intelligente evoluzione cominciando a far cadere qualche tabù. Almeno quelli non più al passo con i tempi.
In fondo Luxuria è un uomo e se è vero che l’abito non fa il monaco (e credo nemmeno il silicone lo faccia), non dovrebbe bastare dire “io mi sento donna” per accedere alle strutture adibite al sesso femminile, perché a questa stregua ci sarebbero college di sole ragazze, infestati di giocatori di football con la parrucca e i tacchi a spillo. Di conseguenza o si creano strutture nuove per ogni genere che la bizzarria umana e la tecnologia inventeranno da qui fino alla fine del mondo (quindi non tantissimo) o si comincia a far cadere delle barriere culturali e sociali.
Bene, ora devo andare, me la sto facendo addosso e non riesco a trovare un cesso con scritto fuori “servizi per soli cruman”.
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