Per destino miope ho però acquistato una copia di “dueruote” di Agosto invece di “duevuote”, noto prodotto tipografico di suggerimenti topografici sulla localizzazione delle veline (cioè quali locali frequentano frequentemente). Considerato l'esborso inopinato di “solo 2 euro”, come strilla la copertina, ho deciso di onorare ste sole 3872,54 lire e leggere sto dueruote.
Mi sono così compiaciuto di scoprire che non serve essere esperti di motorette per scrivere su una rivista di motorette. Prova ne è che ho scorto tra le pagine gommate, un articolo di Guido Meda, infronzolito da una di lui fotografia che lo ritrae seduto al contrario su uno scooter, in una posa sprizzante simpatia e dubbi sull'adeguatezza del nome di battesimo del buon Meda.
L'articolo, titolato “Ducatismi”, vomita astio compresso ad ogni fonema, un po' come un qualsiasi mio pezzo, anzichenò. All'inizio l'autore mantiene il suo solito stile: quello di creare parole a caso nel tentativo di ottenere lo stesso risultato di un Benni in stato di grazia, finendo però per somigliare in modo imbarazzante al mio meccanico Giggi il visagista delle carburazioni, che le parole le inventa perché quelle buone non le sa. Per esempio, da quando Reggiani gli spiegò (a Meda non a Giggi) che cosa fosse un motore a distribuzione desmodronica, Meda cominciò ad usare il prefisso “desmo”, trovandolo particolarmente sexy, per qualsiasi locuzione verbale ed anche in questo pezzo si lascia sfuggire la possibilità di esibirsi in un dignitoso “velocità desmodata” per il più fine, ma non finissimo, “desmofigate”. A esibizione esaurita il “giornalista” riassume in due larghe colonne infami l'elaborato concetto secondo cui “il fatto che Rossi perda contro sto ragazzino australiano mi fa svalvolare le desmoballe”. Dapprima fa una disamina della tifoseria ducatista come se stesse parlando di una razza di volatili infestatori con la vermilaria, dopodiché getta il suo occhio clinico sul pilota Stoner, arrivando, per l'ennesima volta, a definire il leader del mondiale “carino”, un po' perché riuscire a definirlo “bravo” per lui è come per Fonzie dire “ho sbagliato” e un po' perché, secondo me, lo trova davvero carino con estremo disappunto della moglie (di Stoner, non di Meda).
Non si nega nemmeno il piacere di disegnarlo come un odioso arrogante “così bizzoso che se non fosse un vincente lo manderesti a quel paese in una settimana” (la frase è persino virgolettata in corpo 12 a centro pagina, come un aforisma di Fromm o di Brumm). Meda non fa nomi, ma siccome nessun telespettatore ha mai visto Stoner fare “bizze” e “buttare lì rispostacce” (sembra invero sempre così compassato da far pensare che di anni ne abbia sì 21, ma per arto), appare chiaro che l'autore abbia avuto informazioni dirette dal box Ducati, in cui i tecnici “accettano (il comportamento di Stoner ndb), perché sono brave persone e intelligenti, anche se a volte è dura da mandar giù il cazziatone di un ventunenne lunatico”. In pratica semina zizzania, all'interno della squadra rivale. Divide et impera (.com).
Per finire torna sui tifosi. Sostiene che il popolo ducatista sia ormai ammorbato da “frustrati tifosi perdenti dell'era moderna” che pensano solo a parlare male di Rossi. Un po' come un tifoso di Rossi che, scornato dalle recenti sconfitte, descrive il suo rivale come un ragazzino arrogante. Ah sì, Meda ha ragione da vendere, anzi, si direbbe che l'abbia venduta tutta. La ragione.
Decisamente poco efficace il tentativo di edulcorare la sua bile con un mal riuscito complimento al mondo delle rosse definendolo un “approdo culturale e non uno slogan curvaiolo” e detto da uno che ha fatto degli slogan curvaioli i suoi cavalli (motore) di battaglia, deve avere un certo significato... da qualche parte.
Nella chiusa Meda rivendica il diritto di essere un tifoso e svolgere il suo ruolo di giornalista esprimendo la sua passione viscerale. Sostiene che la sua parzialità si possa evincere solo da un salto di ottava acustica di cui si rende autore quando Valentino passa per primo sotto la bandiera a scacchi e non certo dal fatto che ripete fino alla nausea che Stoner vince grazie ai rettilinei e se ci sono le curve vince grazie alle gomme e se non ci sono le gomme vince perché lo Stato ingrato vuole dei soldi da questo “miracolo sportivo contemporaneo” senza tener conto che a Rossi “dobbiamo tutti molto più di quanto non si intenda”. Spero di non dovergli i soldi che il fisco reclama perché ho finito il carnet degli assegni.
Questo Emilio Fede delle due ruote dovrebbe capire che il giornalismo sportivo è un'altra cosa. Non pretendo certo di avere un Pizzul, un Bragagna o un Carosio, ma almeno, come succede su mediaset premium, sarebbe carino se si potesse scegliere tra il commento di un giornalista e quello di un tifoso.
Forse è vero che Stoner come pilota è solo “carino” e come uomo è un ragazzino arrogante, forse è vero, mi spiace Meda fattene una ragione, che al mondo possa esistere qualcuno a cui non piaccia Valentino, ma come diceva sempre mio nonno, e allora? A che scopo enfatizzare la prima notizia e considerare la seconda un reato di lesa maestà? Dobbiamo rassegnarci al fatto che l'informazione di massa (quindi non quella degli addetti ai lavori) sia ridotta a una scazzotata verbale tra tifosi? Allora chiamiamo anche Biscardi e Mughini e in poco tempo avremo i celerini negli autodromi. Non dimentichiamo che qualche vittoria fa il “collega” Cereghini ipotizzò con una certa dose di spocchia che la Ducati stesse imbrogliando. Moggi si aggira in fondo al cavatappi di Laguna Seca.
Chissà come sarebbe stato un pezzo di Meda su Ducati e Stoner con Rossi saldamente in testa al mondiale.
È indubbio che sarebbe cosa buona se tutti sapessero perdere e soprattutto se tutti sapessero vincere, ma un giornalista non vince e non perde, un giornalista racconta la sfida. Se proprio non ti riesce di farlo, caro Meda, fai come tutti gli altri: scavalca le recinzioni e goditi la gara dal prato.
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