Personaggi principali: un ometto che stereotipizza il suo essere milanese con una cadenza a biscione e una aspirante alla professione medica che stereotipizza la sua napolità con so pazza 'e gelosia.
A margine: un Ordine dei Medici impettito, Ippocrate e una pugnetta.
I fatti: la dottoressa al Grande Fratello, segue il suo copione trash anni '70 prescrivendo e somministrando una terapia attuabile grazie alla cosiddetta “sega da chirurgo”. Il signor Ordine dei Medici si insolentisce, pretende da Mediaset la videocassetta dell'accaduto, prende un rotolo di scottex, si siede sul divano, la osserva e decide di aprire un fascicolo o fasciare un testicolo, non è ben chiaro. A questo punto il signor Ordine scomoda Ippocrate che stava strigliando il cavallo e gli fa giurare che la dottoressa non è degna di chiamarsi tale.
Critica: lungi da me l'idea di difendere un partecipante del Grande Fratello, devo però fare due sincere considerazioni. Considerazione sincera numero A: l'universo maschile riconosce all'unanimità per alzata di mano (perlopiù sinistra), i benefici psicofisici dell'onanismo sia esso passivo che attivo a patto di non eccedere nelle dosi pena il transgenderismo per consunzione. Riconosce anche come pure leggende, la condanna all'ipovedenza (detta anche maledizione di Moshe Dayan) e la cacciata dal paradiso per dispersione di semenze. Visto e considerato che nessuno è in grado di arrestare una polluzione notturna, bisognerebbe meglio concentrarsi sulla dispersione di scemenze.
Considerazione sincera numero B: provo una certa invidia (questo sì, peccato romano) se penso che la mia dottoressa, bene che mi vada, mi prescrive due supposte e non si infila certo nel mio letto per praticare l'operazione.
Per questi due fattori ho deciso di stilare un bugiardino per la gentile dottoressa (quella con una certa manualità, non la mia) in modo da avere buoni argomenti da opporre ai suoi detrattori. Per fare ciò utilizzerò proprio il giuramento di Ippocrate che le è stato così spocchiosamente sbattuto sul muso, riferendomi ad alcuni precetti sia dell'antico giuramento che del nuovo.
Nell'antico si legge “non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale”. Sebbene sia di uso corrente la locuzione “ammazzarsi di seghe”, non risulta ancora nell'antologia clinica, un caso di morte riconducibile al diletto narcisistico. Che nulla ha a che vedere con la rigidità da rigor mortis.
“Non opererò coloro che soffrono del male della pietra”. Con tale nome venivano identificati i calcoli vescicali (spesso confusi con la prostata) rimossi da ex norcini, infilando due dita nell'ano del paziente e praticando manovre che mi disturbano la seduta solo a pensarle. Ora non sappiamo se la dottoressa abbia applicato queste tecniche contestualmente alla somministrazione della terapia, ma dalla scioltezza di movimenti dimostrata dal baldo milanese la mattina seguente, è presumibile che si sia astenuta dal farlo.
“In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati”. La casa c'era, il malato anche (sfido chiunque a dire che fosse sano) e il sollievo senza alcun dubbio.
Dal nuovo giuramento: “curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica”. Anche questo precetto è stato rispettato in pieno visto che ella, napoletana, si è presa cura del polentone, probabilmente leghista, senza frapporre questioni di etnia.
“Astenermi dall'"accanimento" diagnostico e terapeutico”. La dottoressa si è limitata ad una somministrazione ben sapendo che la terapia può dare assuefazione e persistenza di espressione ebete.
Le si contesterà invero una sorta di violazione dell'integrità morale della categoria medica. E qui chiamo a raccolta voi pazienti (e) lettrici che avete conosciuto l'imbarazzante mondo di freddi strumenti e mani ispezionanti. A quante di voi è successo di dover subire indagini eccessivamente accurate? Quante sono state fatte spogliare nude per un mal di testa? Quante, vinte dalla paura del male, sono finite in mani morbose? E quante si sono tenute il dubbio e la vergogna?
Alcuni esempi. Visita medico sportiva, entra una avvenente donzella che viene fatta spogliare nuda (per chi non fosse sportivo, non è affatto necessario), immediatamente dopo entra esemplare di amica non baciata da veneree doti:
“Cosa mi devo togliere?”
“Niente”
“Ma nemmeno la sciarpa e il cappotto?”
“No no, si infili in tasca questi elettrodi”
La ragazza estiticamente biasimabile esce e viene a sapere dall'avvenente amica di come è andata la sua visita e rientra dal medico:
“Adesso lei fa tirare fuori le tette anche a me o la denuncio”
Oppure. Mammografia, giovane donna procace e preoccupata entra non facendo caso a vaghi cenni che le sfrecciano intorno. Casualmente, durante l'esame, un numero impressionante di uomini entra nella stanza simulando indifferenza con le scuse più diverse:
Altro medico con mani insanguinate “avete visto un'arteria femorale”
Infermiere “è passato di qui uno sfigmomanometro?”
Patologo “ho lasciato qui un cadavere per caso?”
Inserviente “scusate devo vuotare i cestini”
A riprova di questo potrei portare le ricerche fatte su google. Vi stupirebbe il numero impressionante di frasi di questo genere “mi hanno fatto spogliare nuda alla visita”. Questo ovviamente non significa che tutti i medici siano maiali che approfittano della condizione di grande vulnerabilità che ha un malato, ma sicuramente significa che non è sufficiente essere un medico per certificarsi come persona seria e rispettosa. Dimostra che leggere frasi scritte da un tizio 2400 anni fa, non sancisce in alcun modo la propria rettitudine morale. Così come compilare un modulo sugli aerei per gli USA in cui si dichiara di non essere un terrorista stupratore ha una valenza più folcloristica che etica.
La Dottoressa Lina Carcuro probabilmente non diventerà un nuovo Barnard e nemmeno Madre Teresa di Calcutta, ma le si dovrà pur rendere atto che quello che ha fatto lo ha consapevolmente fatto di fronte a tutti e non di nascosto, protetta da muri, sistemi e sovrastrutture psicologiche.
Si potrebbe anche aprire, invece di un fascicolo, una disquisizione filosofica sul perché fare una cosa che fanno tutti è normale, ma se si sa che la fai è immorale.
Dottore' non mi sento mica tanto bene.
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