Incidentalmente (ora che è morta la Fallaci, li comincio io i pezzi con un avverbio, altrochenò), anche io ho frequentato l'università. Ho assistito a corsi, ho rincorso assistenti, dato esami, talvolta ho financo studiato. Poi l'università se n'è accorta. Si vede che io non lo sono stato (accorto). Ora lei è andata al cepu dove finti studenti si fanno bocciare e simulano disperazione.
Eppure è facile mimetizzarsi in un'università. Se vedi qualcuno girare spesso per l'ateneo, sicuramente non è un professore. Se ti capita di incontrare uno indaffarato nel suo lavoro è possibile che lo vedrete guardarsi intorno e dire “ma che posto è questo?”.
La mia era un'università di quelle avvenenti, con un sacco di cattedre e mica prese all'ikea. Professoroni, come si diceva una volta. Tutti nomi altisonanti. Li ho visti tutti scritti sul depliant....solo lì li ho visti. Per questo ce li scrivono, perché incontrarli è faccenda al di là delle capacità di uno studente. Loro sono sempre da un'altra parte, per motivi molto più sexy di te, anche se hai la minigonna, le calze a rete e ti sei fatto la barba. Una volta ho parlato per un'ora con uno di questi docentoni, poi mi sono accorto che era da un'altra parte.
In università però non ci si annoia mai. Ci sono corsi per tutti i palati. Materie a palate. E non è come alle superiori, dove le lezioni riguardavano un argomento preciso, breve. Chiaro. Oggi faccio latino, domani greco poi passo alla storia (a forza di studiare lingue morte si finisce come loro). In università no. Puoi scegliere corsi con nomi acrobatici creati mica per te, lurido studente, ma per il professorone. Io per esempio mi sono iscritto a semantica della geografia storica della matematica applicata alla fisica moderna e suoi influssi sull'hip hop. All'esame, come argomento, ho portato il titolo.
Come se non fosse assai, a zonzo per gli atenei puoi incontrare gente di varia umanità. Assistenti che non assistono, papi che non papano, terroristi che hanno terrorato sì, ma che ora sono fighi.
E così ci risiamo (word mi dice che risiamo non esiste e mi suggerisce ridiamo, ma non mi viene). Questa volta è il caro compagno che ha sbagliato Morucci ad essere invitato a tenere una lezione alla Sapienza e lui è uno che di belle lezioni ne ha date. Fin da quando faceva il fomentatore nelle scuole o quando giocava alla roulette russa (con la testa degli altri) per ottenere risposte. O come quando in Via Fani, insieme ad esimi colleghi, bocciò cinque uomini della scorta di Moro.
Morucci prese una manciata di ergastoli. Poi, visto che erano proprio tanti, ebbe un profondo ravvedimento dell'anima e decise di dissociarsi. Non perché venne a sapere che grazie alla legge sulla dissociazione, i suoi ergastoli sarebbero diventati uno sputo d'anni. No, no, no.
Poi, condono di qua, sono bravo di là, scrivo un libro di su, ho amici in parlamento di giù, di anni se ne farà si e no una decina.
E qui io mi perdo. Come ci si dissocia da ciò che si è fatto? Cioè se un tizio uccide il suo vicino di casa perché fa cadere le briciole di soppressata sul suo balcone, può dire “ok ragazzi sono un uomo che ha sbagliato, mi dissocio da me stesso”?. Schizofrenia evasiva.
D'accordo, Morucci si è dissociato dalle BR, ma le persone le ha ammazzate uguale. O no? Perché se no io fondo le brigate condominiali e faccio una strage.
E questo è il punto: l'esempio.
L'organizzatore delle lezioni alla Sapienza si è così spiegato: “un poliziotto mi ha detto che può servire ai giovani”. Sorvolo sull'evidente insicurezza di questa affermazione conto terzi e mi faccio venire due dubbi:
dubbio numero A: io giovane virgulto desideroso di succhiare il midollo stesso della vita (che mi fa un po' schifo, ma fa molto poeta in via di estinzione), preferirei apprendere da uno a cui le cose sono venute bene, uno che i problemi li ha risolti, non gli ha sparato. Poi fuori di qui mi interesso a tutto quello che volete, ma in termini di insegnamento gradirei un compagno che non ha sbagliato. Se no da chi copio.
È come se il mio allenatore di basket, portasse a un allenamento un ex giocatore che non ne ha fatta una giusta, che ha una media da tre di uno su settecentocinquantasei e ogni partita esce per cinque falli dopo ventisette secondi e mi dicesse “guarda questo è un cestista fallito, da lui puoi imparare molto”. Sicuramente mi insegnerà ad accettare la sconfitta e che al mondo esiste un giocatore peggiore di me, ma non mi sarà utile per migliorare il mio pickandroll (lo so che non sapete che fuffolo sia, ma non lo sa nemmeno il mio allenatore che ne parla sempre).
dubbio numero B: anche se il signor Morucci (signor è eufemistico ma anche Morucci lo è) fosse la persona più redenta del mondo, che persino il Redentore lo guarda e dice “porca paletta quanto è redento questo”, anche se fosse talmente commovente e profondo da far sciogliere in lacrime gli studenti, il magnifico e chiarissimo rettore, i magnifici bidelli e i magnifici quattro, rimarrebbe una controindicazione che con tutta la buona volontà né lui né nessun altro potrebbe evitare:
nel momento stesso della sua apparizione, Morucci incarnerà l'esempio di chi si è arrogato il diritto di imporre i suoi ideali dando la morte a chi non li condivideva e che ha ottenuto da ciò spiccioli di carcere e poi notorietà, appoggi politici, lavoro, case editrici a disposizione e cattedre per cui qualsiasi altro mortale dovrebbe spaccarsi la schiena tutta la vita o essere magnifico parente di qualcuno.
Questo inghippo non è facilmente risolvibile. Magari sarebbe gentile far tenere delle lezioni a quei giudici (quelli ancora vivi) che hanno onestamente lottato contro chi si credeva talmente nel giusto da poter uccidere gli ingiusti. Magari proprio insieme agli ex terroristi. Oppure qualche vittima, tanto per capire prima la sofferenza dei deboli.
Ed è proprio a loro, alle vittime, che voglio chiedere scusa. Per i vari Morucci sì, ma anche perché non si fa mai abbastanza (includendomi in questo impersonale) e soprattutto perché ho usato due parole che loro odiano: ex terrorista, perché come i morti non diventano ex morti, gli assassini restano assassini. E deboli, perché chi affronta la realtà e il destino con dignità e rispetto e finisce per soccombere ai violenti, non è un debole. Debole è chi deve sparare alle spalle per imporsi o per colmare carenze mentali e sessuali (che spesso sono la stessa cosa).
La debolezza non è quella che impariamo dai film americani, altrimenti Gandhi sarebbe una mozzarella.
Eppure è facile mimetizzarsi in un'università. Se vedi qualcuno girare spesso per l'ateneo, sicuramente non è un professore. Se ti capita di incontrare uno indaffarato nel suo lavoro è possibile che lo vedrete guardarsi intorno e dire “ma che posto è questo?”.
La mia era un'università di quelle avvenenti, con un sacco di cattedre e mica prese all'ikea. Professoroni, come si diceva una volta. Tutti nomi altisonanti. Li ho visti tutti scritti sul depliant....solo lì li ho visti. Per questo ce li scrivono, perché incontrarli è faccenda al di là delle capacità di uno studente. Loro sono sempre da un'altra parte, per motivi molto più sexy di te, anche se hai la minigonna, le calze a rete e ti sei fatto la barba. Una volta ho parlato per un'ora con uno di questi docentoni, poi mi sono accorto che era da un'altra parte.
In università però non ci si annoia mai. Ci sono corsi per tutti i palati. Materie a palate. E non è come alle superiori, dove le lezioni riguardavano un argomento preciso, breve. Chiaro. Oggi faccio latino, domani greco poi passo alla storia (a forza di studiare lingue morte si finisce come loro). In università no. Puoi scegliere corsi con nomi acrobatici creati mica per te, lurido studente, ma per il professorone. Io per esempio mi sono iscritto a semantica della geografia storica della matematica applicata alla fisica moderna e suoi influssi sull'hip hop. All'esame, come argomento, ho portato il titolo.
Come se non fosse assai, a zonzo per gli atenei puoi incontrare gente di varia umanità. Assistenti che non assistono, papi che non papano, terroristi che hanno terrorato sì, ma che ora sono fighi.
E così ci risiamo (word mi dice che risiamo non esiste e mi suggerisce ridiamo, ma non mi viene). Questa volta è il caro compagno che ha sbagliato Morucci ad essere invitato a tenere una lezione alla Sapienza e lui è uno che di belle lezioni ne ha date. Fin da quando faceva il fomentatore nelle scuole o quando giocava alla roulette russa (con la testa degli altri) per ottenere risposte. O come quando in Via Fani, insieme ad esimi colleghi, bocciò cinque uomini della scorta di Moro.
Morucci prese una manciata di ergastoli. Poi, visto che erano proprio tanti, ebbe un profondo ravvedimento dell'anima e decise di dissociarsi. Non perché venne a sapere che grazie alla legge sulla dissociazione, i suoi ergastoli sarebbero diventati uno sputo d'anni. No, no, no.
Poi, condono di qua, sono bravo di là, scrivo un libro di su, ho amici in parlamento di giù, di anni se ne farà si e no una decina.
E qui io mi perdo. Come ci si dissocia da ciò che si è fatto? Cioè se un tizio uccide il suo vicino di casa perché fa cadere le briciole di soppressata sul suo balcone, può dire “ok ragazzi sono un uomo che ha sbagliato, mi dissocio da me stesso”?. Schizofrenia evasiva.
D'accordo, Morucci si è dissociato dalle BR, ma le persone le ha ammazzate uguale. O no? Perché se no io fondo le brigate condominiali e faccio una strage.
E questo è il punto: l'esempio.
L'organizzatore delle lezioni alla Sapienza si è così spiegato: “un poliziotto mi ha detto che può servire ai giovani”. Sorvolo sull'evidente insicurezza di questa affermazione conto terzi e mi faccio venire due dubbi:
dubbio numero A: io giovane virgulto desideroso di succhiare il midollo stesso della vita (che mi fa un po' schifo, ma fa molto poeta in via di estinzione), preferirei apprendere da uno a cui le cose sono venute bene, uno che i problemi li ha risolti, non gli ha sparato. Poi fuori di qui mi interesso a tutto quello che volete, ma in termini di insegnamento gradirei un compagno che non ha sbagliato. Se no da chi copio.
È come se il mio allenatore di basket, portasse a un allenamento un ex giocatore che non ne ha fatta una giusta, che ha una media da tre di uno su settecentocinquantasei e ogni partita esce per cinque falli dopo ventisette secondi e mi dicesse “guarda questo è un cestista fallito, da lui puoi imparare molto”. Sicuramente mi insegnerà ad accettare la sconfitta e che al mondo esiste un giocatore peggiore di me, ma non mi sarà utile per migliorare il mio pickandroll (lo so che non sapete che fuffolo sia, ma non lo sa nemmeno il mio allenatore che ne parla sempre).
dubbio numero B: anche se il signor Morucci (signor è eufemistico ma anche Morucci lo è) fosse la persona più redenta del mondo, che persino il Redentore lo guarda e dice “porca paletta quanto è redento questo”, anche se fosse talmente commovente e profondo da far sciogliere in lacrime gli studenti, il magnifico e chiarissimo rettore, i magnifici bidelli e i magnifici quattro, rimarrebbe una controindicazione che con tutta la buona volontà né lui né nessun altro potrebbe evitare:
nel momento stesso della sua apparizione, Morucci incarnerà l'esempio di chi si è arrogato il diritto di imporre i suoi ideali dando la morte a chi non li condivideva e che ha ottenuto da ciò spiccioli di carcere e poi notorietà, appoggi politici, lavoro, case editrici a disposizione e cattedre per cui qualsiasi altro mortale dovrebbe spaccarsi la schiena tutta la vita o essere magnifico parente di qualcuno.
Questo inghippo non è facilmente risolvibile. Magari sarebbe gentile far tenere delle lezioni a quei giudici (quelli ancora vivi) che hanno onestamente lottato contro chi si credeva talmente nel giusto da poter uccidere gli ingiusti. Magari proprio insieme agli ex terroristi. Oppure qualche vittima, tanto per capire prima la sofferenza dei deboli.
Ed è proprio a loro, alle vittime, che voglio chiedere scusa. Per i vari Morucci sì, ma anche perché non si fa mai abbastanza (includendomi in questo impersonale) e soprattutto perché ho usato due parole che loro odiano: ex terrorista, perché come i morti non diventano ex morti, gli assassini restano assassini. E deboli, perché chi affronta la realtà e il destino con dignità e rispetto e finisce per soccombere ai violenti, non è un debole. Debole è chi deve sparare alle spalle per imporsi o per colmare carenze mentali e sessuali (che spesso sono la stessa cosa).
La debolezza non è quella che impariamo dai film americani, altrimenti Gandhi sarebbe una mozzarella.
Posto Scritto:
Proprio al termine del mio sudato articolo ho appreso della rinuncia da parte dell'organizzatore dell'evento: Giorgio Mariani, ordinario di lettratura angloamericana. Ora Morucci e il Papa possono fondare un club molto esclusivo dal nome "La vita senza Sapienza, dalle crociate alle brigate".
Vorrei trattenermi, ma se qualcuno non mi dice perché un docente di letteratura angloamericana, nei giorni in cui ricorre il 90esimo compleanno di Salinger e il centenario della nascita di Edgar Allan Poe, fa fare una lezione sul terrorismo in Italia, credo mi verranno delle convulsioni spastiche.
Technorati Tags: Morucci, Sapienza
14 commenti:
certo che a La Sapienza si stanno specializzando nell'invitare la persona sbagliata al momento peggiore eh! Magari ne faranno un corso di laurea, hai visto mai.
Nessuno ti risponderà sull'opportunità di invitare un ex terrorista a parlare agli studenti. Dai retta Cru: prendi un buscopan.
simona_rm
non credo di aver capito l'ultima parte.
anzi sono sicuro. non ho capito.
il buscopan è un antispastico. Nel caso qualche altro fatto di cronaca dovesse procurarti una colica ;-) (avvertenze:non può nulla contro le convulsioni)
simona
Salinger non si fa intervistare e Poe puzza.
Io lo so cos'è un pickandroll!
Torno a lurkare
@simona
ora che ho svegliato con una bicchierata d'acqua i miei neuroni ho capito che cosa intendevi. però io posso anche concepire i motivi per cui viene invitato un ex terrorista, non capisco solo che ortaggio c'entri con la letteratura anglicana.
@neo
più che altro salnger spara e poe è un poe morto e quindi puzza, ma da vivo puzzava di alcol.
@mezza
i grandi interrogativi dell'uomo: il terzo mistero di fatima e il pickandroll, almeno il primo l'hanno risolto.
ovviamente d'accordo.
Pure io con l'università ho avuto un contatto fugace. Poi mi sono accorto che non mi meritava (e non mi serviva) e ho lasciato perdere. PS : i soloni dell'economia (ora magari consulenti finanziari in banca) sono usciti da università tipo quella. Non è necessario invitare un ex (?) terrorista per avere un disastro di università. Bobby
all'università si sono dimenticati che,per un vero dibattito,serve anche la controparte e così avrebbero dovuto invitare qualche familiare delle vittime, persone che però non fanno molta audience in quanto prive di forti ideologie che spingono all'omicidio o di una interessante vita spericolata. Mi chiedo perchè il docente di letteratura angloamericana non vada in angloamerica ad organizzare certi eventi e forse so già la risposta.
Credo poi che il pentimento non cancelli la colpa e che se non hai chiesto ed ottenuto il perdono, ti conviene continuare a pentirti, ma in privato, ciò che più temono queste persone è l'indifferenza, l'oblio è quello che si meritano.Ovviamente il pezzo mi ha fatto venire gli spasmi anche a me, ma era molto ben fatto e senza retorica.ciao
bentornato...ronzo. ;)
Bentornato caro Cruman
Finalmente torni a rimetterci sotto gli occhi qualcosa da leggere che in questo caso ritorna assai opportuno per porre rimedio ai bruciori di stomaco sia postnatalizi che di altro genere.
E non prendertela a male se mi permetto di augurarti siceramente:
Buon Anno !!!
PIPPOOOOO sei proprio tu???
non sai quanto mi sei mancato.
sono proprio felice che tu non sia mancato!! stavo in pena.
permettimi questo piccolo aggiornamento da la Repubblica:
Alemanno: "La Sapienza ostaggio di 300 piccoli criminali. Invitano i terroristi e dicono no al Papa".
Brunello Tirozzi, docente presso la Sapienza, chiede che "sia riconosciuta la possibilità di un contraddittorio con tutti gli ospiti dell'ateneo". "Al Papa", dice, "vorrei poter chiedere: perché il Vaticano incassa 120 milioni per le scuole religiose mentre quelle pubbliche sono disastrate?".
Attendo con ansia la risposta... del Papa ovviamente :)
una cara amica mi ha girato questo commento del magnifico rettore frati:
se morucci vuole parlare inizi a farlo a via fani, prenderò la sedia e mi fermerò ad ascoltarlo, ma solo se lo fa lì e davanti ai parenti delle vittime
Per Rollingstronz
Da un pezzo ci siamo resi conto che buona parte della scuola pubblica nazionale, a tutti i liveli, ama elargire una "Sapienza" "ad usum delphini".
"La Repubblica", velleitario surrogato della sorella "Unità", si è addossata volonterosamente il compito di tenere in vita quella ricettiva corrente "intellettuale" che può essere definita "delphinismo di massa".
Per arricchire, si fa per dire, il monotono sapore del brodo che la alimenta, assieme alla solita paccottiglia, tentano di farci bollire dentro ogni tanto qualche Sofri o qualche Morucci.
Vanno compresi: non hanno di meglio.
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