martedì 6 giugno 2006

Giù le mani da Caino, ma datene una a Abele


Il caso D’Elia sta rimbalzando nei blog come la palla pazza che strumpallazza e quasi ovunque viene citato l’articolo apparso su il giornale (certo non potevate sperare di trovarlo su repubblica) che riassume efficacemente i fatti e una certa quantità di sdegno. In due parole, per chi non è blogrimbalzato: Berardi, figlio di maresciallo sparato da brigatisti alla schiena (per non smentirsi), si insolentisce per presenza in parlamento di ex prima linea condannato a 25 annetti (scontanti 12) in processo omicidio Dionisi. Gesto simbolico: copertura ceppo funebre con epitaffio “Se non ci sono più gli assassini allora non ci sono più neanche le vittime” (massima sintesi, se volete sapere di più informatevi, mica posso dirvi tutto io che diamine).
Tanto per andare controcorrente come salmone che insulta la natura capovolta, invece di segnalare lo sbigottimento dei familiari dei caduti o l’esposto di Giovanardi, sbatto in prima pagina alcune frasi di una lettera aperta del neoparlamentarebrigatistapentito:
“Se qualcuno, ancora oggi, dopo trenta anni, vuole cristallizzare la mia vita nell'atto criminale di allora (che non ho materialmente commesso) e non tener conto della semplice verità che l'uomo della pena può divenire un uomo diverso da quello del delitto, rischia di non cogliere il senso profondo della giustizia, del carcere e della pena descritto dalla nostra Costituzione. Ho pagato con 12 anni di carcere il conto che lo Stato e la legge italiana mi hanno presentato per ciò che ho fatto o non fatto”. Come non concordare. Sono anni che cerchiamo di far diventare le carceri un luogo di redenzione e reinserimento, una volta che succede ci lamentiamo? Chi di noi non vorrebbe una seconda possibilità nella vita, poter ricominciare da capo? Un uomo dovrebbe averne ragionevolmente diritto. Del resto la Tamaro ha potuto scrivere più di un libro e Muccino continua a fare film. Insomma se vogliamo far valere il teorema errore pentimento redenzione e ricostruzione, direi che potrebbe anche essere preso ad esempio un uomo che ha combattuto lo stato e ora prova a ricominciare lavorando per lo stato. Allora dov’è l’inghippo….perché sapete (se leggete il blog) che prima o poi ne tiro fuori uno. L’inghippo sta nel fatto che a forza di preoccuparci di Caino stiamo lasciando crepare come un cane il povero Abele. Alle vittime di guerre assurde non viene tributata la giusta attenzione, ma se vogliamo dire cinicamente che è meglio preoccuparsi dei vivi che dei morti, diciamo pure che i parenti delle vittime sono letteralmente abbandonati a se stessi. Se arriva qualche risarcimento, medaglietta o lapide è grasso che cola. Ma non si tratta solo di questo (fosse così chi se ne frega delle parole e dei soldi). Si tratta del fatto che spesso i parenti di chi è caduto combattendo contro i terrorismi rossi e neri, vivono nel terrore. Qualcuno viene minacciato, vengono profanate le tombe dei loro cari e non vengono protetti e degnati di attenzione da nessuno.
C’è una cosa che non si può non considerare. I carnefici e i membri delle loro organizzazioni terroristiche sono comunque persone in grado di uccidere. Persone che hanno quel qualcosa dentro che gli fa credere di poter decidere della vita e della morte di loro simili. Mentre i magistrati i politici uccisi e i loro parenti, sono persone che non possono difendersi da questa violenza e questa guerra non è finita. Chi pensa a loro? Quasi nessuno ve lo garantisco. Tant’è che si sono dovuti riunire in associazioni per sentirsi un po’ più forti. Tant’è che in parlamento ci sono 15 progetti di legge a favore di amnistie, indulti, grazie, graziella….con la firma di 47 deputati, mentre per le vittime del terrorismo ce ne sono tre dico tre, con la firma di 5 deputati.
Allora qui il problema non è se sia giusto dare o meno una seconda possibilità a chi ha sbagliato e si è pentito, la questione è che le vittime dovrebbero avere quantomeno la stessa attenzione, lo stesso riguardo che si sta dando ai carnefici pentiti. Almeno la stessa, ma credo ne meritino un po’ di più. Perché comunque molte di queste vittime sono ancora in attesa che venga fatta non dico giustizia ma almeno luce sulle loro vicende. Come si fa a ricostruire il futuro senza conoscere il passato, senza sapere quali sono stati gli errori e gli erranti?. Sulla strada dell’evoluzione politica e civile c’è sicuramente la riabilitazione di chi ha sbagliato, ma ci deve essere il sostegno totale per chi ha subito, per chi ha sofferto, per chi continua a vivere ingiustamente nella paura e nella mancanza dei propri cari.
Chissà, sarebbe bello se proprio D’Elia facesse qualcosa per le vittime del terrorismo ora che ha del potere politico. Sarebbe bello se fosse proprio lui a far capire agli Italiani, oltre al suo stato d’animo, quello di chi non ha avuto scelta, quello di chi è costretto a combattere, non avendo le risorse per farlo. Io Caino non lo voglio toccare (mi sta antipatico solo a guardarlo), ma nessuno vede che c’è ancora molto da fare per Abele?

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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao,
bellissimo post, complimenti. E la speranza che il terrorista pentito sia colui che esercita il potere a favore dei famigliari delle vittime è un augurio troppo bello per lasciarlo cadere nel vuoto

Federico ha detto...

Ottimo post.E' vero: se le famiglie delle vittime ricevessero un'attenzione maggiore da parte dello Stato, la mano tesa verso Caino non suciterebbe tanta indignazione. Tuttavia mi chiedo: la piena redenzione di queste persone sarebbe limitata se si evitasse di farli arrivare ad incarichi istituzionali così alti? E quand'anche lo fosse in parte, non sarebbe più importante tenere alta la memoria di chi ha sacrificato la propria vita per difendere la nostra democrazia?

Anonimo ha detto...

condivido appieno.

p.s. ti ho linkato, con ritardo ma l'ho fatto :-)

Chris ha detto...

Sono parole sante. Il problema non è tanto di d'Elia. Ma di chi lo ha messo in quel posto che trovo esagerato. Avrebbero potuto dargli tranquillamente un altro incarico sempre nelgoverno ma in qualche dicastero sotto la louce dei riflettori. Sarebbe stato più giusto per la famiglia delle vittime. Abele è sempre stato sfigato.

Anonimo ha detto...

molto bello questa volta non ho niente da aggiungere o obbiettare se non ke ,per i miei gusti,è un pò troppo morbido.
a noi delle ragioni di chi fa del male non ce ne frega un accidente,c siamo rotti d ki ,poverino,era giovane,era depresso,era povero o troppo ricco e via con le indagini psicologiche sul rapporto morboso con la madre.
tutti hanno la loro motivazione più o meno discutibile,ma il peggio è ke trovano sempre qualcuno disposto a dar loro spazio e credibilità,alla fine non so ki sia peggio.ciao vai così

Anonimo ha detto...

Per fare un concorso pubblico di qualunque livello, anche il più basso, è richiesto il casellario giudiziario pulito e incensurato. E' così evidente che quello di d'Elia è un doppio abuso e sopruso.
Lorenza.

Abr ha detto...

anch'io ti ho linkato, e te lo dico in ritardo. Ho aggiunto altre cosniderazioni alla tua ottima sintesi, per dire che certe cose anche se corrette non sono sempre opportune.
ciao, Abr