martedì 28 novembre 2006

La vita non è un (micro)film


Avete presente i film di James Bond? Quelli dove tutti sono spie o controspie o amici di spie. Non ci sono persone normali, poliziotti normali o politici onesti se non per morire per mano di qualche psicotico megalomane che vuole sterminare il genere umano in un millisecondo, ma quando ha per le mani James Bond escogita un modo per ucciderlo lento e colmo di possibilità di fuga. Quei film dove una stilografica è un microfilm, un cappello è una centrale a fusione, un’automobile è all’occorrenza un aereo, un motoscafo o un capo di abbigliamento e il cattivo che si ravvede ha sempre uno stacco di coscia letale. Ecco, quei film hanno una caratteristica tautologica: sono dei film. Sticazzi!!!
Alle volte giungo a conclusioni sorprendenti lo so, ma non fatevi distrarre dal mio naso aquilino (nel senso di fiuto non di profilo). In questi giorni ascoltando i telegiornali con attenzione ci si accorge che tra il pallone d’oro a un giocatore di serie B e la moviola dello svenimento di Berlusconi, si staglia gagliarda una spy story alla Le Carrè: la morte dell’ex agente dei servizi segreti russi Litvinenko, avvelenato con il polonio 210. Ora voi non ci crederete, ma questa storia è vera, cioè questo tizio è morto davvero e dal fatto che non abbia abbandonato il mondo dei meno partecipando, novantenne, a un festino di cheerleader, si può dedurre che qualche altro tizio lo abbia tolto di mezzo per uno di quei motivi che nei telefilm del tenente Colombo vengono definiti “movente” con un tecnicismo di alta scuola.
Che ai media prema solo la parte romanzesca della vicenda è dimostrato dal completo disinteresse nei confronti degli elementi determinanti che renderebbero la storia dannatamente reale e preoccupante, perdendo quel fascino che ci fa addormentare con un libro di Fleming sulla faccia. I riferimenti alla commissione Mitrokhin, all’omicidio della giornalista russa, alle vicende di Cecenia, al fallimento della Yucos e a Paolo Guzzanti, sono solo accennati speditamente per non rendere troppo noioso l’intreccio. Però una cosa lascia veramente inebetiti. Non ho trovato scarabocchiato in qualche tabloid da un euro o sussurrato da una tgrotocalco, nemmeno una parola sull’arma del delitto. Dico, qualsiasi investigatore da strapazzo sa quanti elementi (in questo caso chimici) può fornire l’analisi dell’arma utilizzata… persino Derrik. Per Cogne si piange miseria da anni perché non si è trovata e qui che c’è viene snobbata come una maglietta fuori moda.
L’arma usata per un omicidio suggerisce spesso alcuni dettagli sul colpevole (se è uomo o donna per esempio) e sulle circostanze in cui si è svolto l’atto criminoso (se premeditato o frutto di raptus).
Io non ho scritto nemmeno un libro giallo eppure la prima cosa che mi sono chiesto è stata “perché il polonio?”. Quanti modi ci sono per uccidere un uomo? Molti di più di quelli per tenerlo in vita. Allora perché un sistema così plateale? Perché utilizzare un veleno che dice così tanto dei colpevoli quando si poteva simulare un incidente, un infarto, un aggressione di un balordo e altre trovate a cui si è già fatto ricorso? L’omicidio è anche un messaggio. Per forza.
Il polonio non è certo un veleno che passa inosservato e chi l’ha usato doveva conoscerlo bene o adesso sarebbe molto in ansia. Teoria supportata dall’utilizzo dell’isotopo con minor tempo di dimezzamento (emivita per dirla in maniera più sexy) e comunque anche il più “economico” da produrre. E’ un metalloide rarissimo: in natura se ne trova nei minerali dell’uranio in concentrazione di 100 microgrammi per tonnellata. Roba che non si trova dal pizzicagnolo insomma o come direbbero nei telefilm “il cerchio si restringe molto”. Altrimenti è possibile ottenerlo sfruttando i neutroni prodotti nei reattori nucleari, altra risorsa che non puoi certo comprare a rate da mediaworld. Queste le deduzioni più ovvie, ma si potrebbe andare ulteriormente a fondo. Gli assassini non hanno certo voluto fare un “lavoretto pulito”, anzi. La tollerabilità del polonio da parte dell’organismo umano è di 6,8 miliardesimi di grammo. Avete presente un miliardesimo di grammo? Io no e credo nemmeno gli autori dell’avvelenamento visto che hanno praticamente contaminato mezza Londra. Perché tanta grazia, tanta voglia di “far vedere”? E di nuovo, perché un veleno così particolare, così raro eppure così identificabile? Perché non il radio o un veleno da nonnina stile arsenico e vecchi merletti?
Il polonio è stato scoperto dai Curie nel 1902 e fu così chiamato in onore del paese di nascita di Marie Curie, ma anche per porre l’accento sulla situazione della Polonia, in lotta per rendersi indipendente… dalla Russia. Esattamente come la Cecenia, su cui stava indagando la Politkovskaya di cui Litvinenko era informatore (uccisa con delle banalissime revolverate). Il polonio fu il primo elemento chimico con una valenza geopolitica. Questo potrebbe far pensare con un buon margine di sicumera, che i mandanti vadano cercati verso est. Eh, si vede proprio che non leggete i gialli. Se la mano insanguinata provenisse da lì, non avrebbe lasciato così tante tracce (pure radioattive), quindi è possibile che qualcuno voglia far credere che il killer provenga dal freddo. Eh, si vede che leggete pochi gialli. Forse sono state lasciate così tante tracce proprio per far ritenere assurdo che i servizi segreti russi si siano mossi con tanta goffaggine e quindi depistare.
Bella storia vero? E io so solo quello che qualsiasi persona normale (cioè quelli che muoiono tranquillamente nei film di spionaggio) può sapere.
Ma qui nessuno vuole scrivere libri. Forse sarebbe il caso di ascoltare e proteggere le persone che sanno più di me e che stanno rischiando la vita in nome di verità che vengono nascoste facilmente grazie al fatto che pochissimi le vogliono ascoltare. Forse è il caso di dar peso a ciò che dice Paolo Guzzanti, invece di pettinare bambole sulla sua tendenza politica, perché qui le persone muoiono davvero e quel mondo che ci sembra lontano e romanzesco, fatto di controspionaggi, intrighi internazionali e complotti occulti esiste davvero e il terrore dei londinesi è una delle tante conseguenze. Solo dando voce alle verità che fa comodo nascondere, si potrà indebolirlo.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è anche da dire che non ha molto senso uccidere qualcuno con un veleno che lascia alla vittima la possibilità di rilasciare dichiarazioni per le due settimane successive alla contaminazione...

Anonimo ha detto...

Che peccato ... eri partito cosi' bene , ma poi quello scivolone finale sul viscido inqunatore guzzanti ... che peccato...