Valentino Rossi è qualcosa di più di un motociclista. Almeno almeno è un motociclismo e questo nonostante si chiami... Rossi. Allo stesso modo Vittorio Gassman era l'attore. Non c'era scampo: dimmi il nome di un attore? Gassman. Destino infame per i suoi colleghi, che non essendo Gassman, non potevano certo essere dei gran attori.
“Che cosa fai nella vita?”
“L'attore”
“Ma non sei Gassman”
“Evidentemente”
“E come ti guadagni da vivere?”
La gente era così convinta della sovrapposizione tra il concetto di attore e il concetto di Vittorio Gassman, nonostante la gran parte di essa non avrebbe distinto le abilità recitative di Alvaro Vitali da quelle di Dustin Hoffman, che lo stesso Gassman cominciò ad enfatizzare le sue opinioni sulla settima arte con la formula “io sono Vittorio Gassman”, simulando perfettamente di malcelare stupore e solennità. I bravi attori a volte peccano di ricorsività.
Anche Vale Rossi ha la spocchia del numero uno. Di quello che fa sì che non essendo lui, non si possa essere un bravo pilota. Non che per essere un numero uno sia necessario sottintenderlo ad ogni piè sospinto, ma “avere la spocchia del numero uno” ha un significato ombra che consiste in “è uno solo, possiamo sopportarlo”. Anche il grande Cassius Clay, per fare un grosso esempio, non si è mai distinto per modestia e simpatia, ma quando il pugnace Foreman a Kinshasa cercò di argomentare il suo disappunto, fu percosso come un tamburo. Da quel giorno chiunque si trovasse a portata di mano (chiusa) del pugile, trovò che l'immodestia fosse elemento distintivo di un animo nobile. Clay sosteneva di essere talmente veloce da riuscire ad alzarsi dal letto, premere l'interruttore della luce e tornare sotto le coperte prima che la lampadina si accendesse. Io solo per alzarmi dal letto ho bisogno di un carro ponte e di almeno 30 minuti di terapia motivazionale. Una volta in piedi poi, non ho speranze di rintracciare l'interruttore senza un dispositivo GPS.
Ma torniamo al dott. Rossi. Di un pluricampione del mondo di motoretta c'è poco da dire. Sarebbe anche stupido parlare di simpatia o antipatia, tanto lui ha il talento (Valentino... talento... mah) e io mica. Io e lui non abbiamo niente in comune a parte la passione per la motoretta e delle incomprensibili voci su un'ipotetica confusione negli orientamenti sessuali. Per il resto, personalmente, non condivido certi suoi atteggiamenti, come probabilmente lui non condividerebbe i miei, se solo gliene fregasse qualcosa. In definitiva è un bravo giovine con un insano polso destro e tanto basta. Non c'è molto da dire nemmeno sulla sua tifoseria che in quanto tale fa il proprio mestiere tifosando.
Due parole mi sgorgano invece su quell'ambiente che si intitola con aria snob “addetti ai lavori”. Epitaffio molto utile per accedere a quelle aree vip al cui ingresso troneggia un cartello che consente ai suddetti di entrare e fa defluire il popolo bue verso luoghi più proletari. Questi “esperti del settore” si guadagnano da vivere giocando a chi è più amico di Valentino Rossi e per primeggiare in questa tenzone si prostrano a sbaciucchiare la terra dove cammina, anche se tempestata di ricordi canini e ad esaltare qualsiasi suo movimento, che sia la tecnica di appallottolamento dei reperti nasali o il mostrare le pudenda in mondovisione.
Io sono un poveraccio e non posso permettermi Sky come invece fa Lucy coi diamanti. Così devo seguire le corse delle motorette su Italia1 ed ascoltare Guido Meda (quello che si occupa delle corse motoristiche si chiama Guido? E quello che si occupa di canottaggio? Remo?). Codesto personaggio in costante lotta con il suo barbiere, si rivolge a qualche milione di telespettatori sparsi in tutta Italia, come se stesse parlando con un amico suo al bar sport di fronte a un bianchino. La sua telecronaca persegue due scopi principali: il primo è riuscire a creare delle formule verbali da tormentone. Quando gli esce qualcosa che lo soddisfa, continua a ripeterlo fino alla nausea e poi si bea nel sentire altre persone che per condizionamento ipnotico, ripetono la stessa locuzione. Come quando intonacò gli ammennicoli a tutta Italia per settimane affibbiando all'iberico Lorenzo il soprannome di “para fuera” che trovava davvero geniale. Finché un giorno uno spagnolo gli disse “guardas che in spagnolos para fuera non significas un cazzos” e smise. L'altro suo intento predominante è onorare la sua tessera del fan club di Valentino Rossi. In poche parole è un po' come seguire un derby commentato da Sandrino 'o mazzolatore. Purtroppo, ad esclusione del competente e obiettivo Loris Reggiani, il vecchio Meda è in ottima compagnia. Se Rossi urta qualcuno in pista è perché “non è uno sport per signorine” se Rossi viene urtato è perché certi criminali dovrebbero stare a Guantanamo invece di correre nel motogp. Se Rossi cade è sfortuna, se cade un altro pilota è un povero imbranato che sta più steso di un tappeto.
Nelle ultime nove gare, Rossi ha vinto 2 volte. Le altre sette volte non è mai stato battuto da qualcuno, ma dalla sfortuna, da assassini prezzolati scesi in pista per farlo fuori, congiunture astrali, il terremoto, le cavallette. Non esistono altri piloti. Non esistono altre moto. Durante l'ultimo GP il giovane e roccioso Stoner ha vinto, secondo Meda, perché la pista prevedeva un rettilineo. Mi sembra abbastanza ovvio che in uno sport come il motociclismo, le motorette contino qualcosa, altrimenti si correrebbe a piedi (che con quelle tute sarebbe uno spettacolo imperdibile). Se un mezzo è più adatto a certi percorsi lo sarà meno su altri eppure non ho mai sentito dire che Rossi abbia vinto perché c'erano le curve. Giustamente. Poco importava, tra l'altro che piloti con la stessa velocità di punta di Stoner siano arrivati a decine di secondi dietro. Non è bravo Stoner, è solo perché lunga e dritta correva la strada. Sarebbe come dire che Pantani vinceva perché c'erano le salite. Ma non basta.
Nico Cereghini, noto all'ambiente delle due ruote per i suoi suggerimenti “luci accese anche di giorno, casco ben allacciato e prudenza, sempre” dispensati mentre sgasava in monoruota con una mano sola, si esibisce nel miglior pezzo di repertorio all'italiana: abbiamo perso? Significa che gli altri hanno barato. Nessuno scrupolo quindi a darsi un tono accennando, neanche troppo velatamente, alla possibilità che la Ducati abbia imbrogliato.
Credo che tutto il motociclismo non abbia che da perderci se queste sono le persone che hanno il compito di raccontarlo al grande pubblico. Credo che i tifosi, quelli alè buuu arbitro cornuto, dovrebbero stare sugli spalti, non nei salotti a fare gli opinionisti. Credo anche che un campione di quelli che nascono una volta ogni secolo come è Valentino Rossi, non abbia bisogno di questo manipolo di lacchè. A lui basta quell'insano polso e proprio per quello ha il diritto di imbufalirsi se, abituato ad arrivare davanti, gli capita di stare a ruota.
Prova dovrebbe esserne il fatto che Valentino Rossi, da anni, si è trasferito a Londra perché, a suo dire, con gli italiani proprio non si riesce a stare. Eppure (o proprio perché) qui sono tutti a suoi piedi.
“Che cosa fai nella vita?”
“L'attore”
“Ma non sei Gassman”
“Evidentemente”
“E come ti guadagni da vivere?”
La gente era così convinta della sovrapposizione tra il concetto di attore e il concetto di Vittorio Gassman, nonostante la gran parte di essa non avrebbe distinto le abilità recitative di Alvaro Vitali da quelle di Dustin Hoffman, che lo stesso Gassman cominciò ad enfatizzare le sue opinioni sulla settima arte con la formula “io sono Vittorio Gassman”, simulando perfettamente di malcelare stupore e solennità. I bravi attori a volte peccano di ricorsività.
Anche Vale Rossi ha la spocchia del numero uno. Di quello che fa sì che non essendo lui, non si possa essere un bravo pilota. Non che per essere un numero uno sia necessario sottintenderlo ad ogni piè sospinto, ma “avere la spocchia del numero uno” ha un significato ombra che consiste in “è uno solo, possiamo sopportarlo”. Anche il grande Cassius Clay, per fare un grosso esempio, non si è mai distinto per modestia e simpatia, ma quando il pugnace Foreman a Kinshasa cercò di argomentare il suo disappunto, fu percosso come un tamburo. Da quel giorno chiunque si trovasse a portata di mano (chiusa) del pugile, trovò che l'immodestia fosse elemento distintivo di un animo nobile. Clay sosteneva di essere talmente veloce da riuscire ad alzarsi dal letto, premere l'interruttore della luce e tornare sotto le coperte prima che la lampadina si accendesse. Io solo per alzarmi dal letto ho bisogno di un carro ponte e di almeno 30 minuti di terapia motivazionale. Una volta in piedi poi, non ho speranze di rintracciare l'interruttore senza un dispositivo GPS.
Ma torniamo al dott. Rossi. Di un pluricampione del mondo di motoretta c'è poco da dire. Sarebbe anche stupido parlare di simpatia o antipatia, tanto lui ha il talento (Valentino... talento... mah) e io mica. Io e lui non abbiamo niente in comune a parte la passione per la motoretta e delle incomprensibili voci su un'ipotetica confusione negli orientamenti sessuali. Per il resto, personalmente, non condivido certi suoi atteggiamenti, come probabilmente lui non condividerebbe i miei, se solo gliene fregasse qualcosa. In definitiva è un bravo giovine con un insano polso destro e tanto basta. Non c'è molto da dire nemmeno sulla sua tifoseria che in quanto tale fa il proprio mestiere tifosando.
Due parole mi sgorgano invece su quell'ambiente che si intitola con aria snob “addetti ai lavori”. Epitaffio molto utile per accedere a quelle aree vip al cui ingresso troneggia un cartello che consente ai suddetti di entrare e fa defluire il popolo bue verso luoghi più proletari. Questi “esperti del settore” si guadagnano da vivere giocando a chi è più amico di Valentino Rossi e per primeggiare in questa tenzone si prostrano a sbaciucchiare la terra dove cammina, anche se tempestata di ricordi canini e ad esaltare qualsiasi suo movimento, che sia la tecnica di appallottolamento dei reperti nasali o il mostrare le pudenda in mondovisione.
Io sono un poveraccio e non posso permettermi Sky come invece fa Lucy coi diamanti. Così devo seguire le corse delle motorette su Italia1 ed ascoltare Guido Meda (quello che si occupa delle corse motoristiche si chiama Guido? E quello che si occupa di canottaggio? Remo?). Codesto personaggio in costante lotta con il suo barbiere, si rivolge a qualche milione di telespettatori sparsi in tutta Italia, come se stesse parlando con un amico suo al bar sport di fronte a un bianchino. La sua telecronaca persegue due scopi principali: il primo è riuscire a creare delle formule verbali da tormentone. Quando gli esce qualcosa che lo soddisfa, continua a ripeterlo fino alla nausea e poi si bea nel sentire altre persone che per condizionamento ipnotico, ripetono la stessa locuzione. Come quando intonacò gli ammennicoli a tutta Italia per settimane affibbiando all'iberico Lorenzo il soprannome di “para fuera” che trovava davvero geniale. Finché un giorno uno spagnolo gli disse “guardas che in spagnolos para fuera non significas un cazzos” e smise. L'altro suo intento predominante è onorare la sua tessera del fan club di Valentino Rossi. In poche parole è un po' come seguire un derby commentato da Sandrino 'o mazzolatore. Purtroppo, ad esclusione del competente e obiettivo Loris Reggiani, il vecchio Meda è in ottima compagnia. Se Rossi urta qualcuno in pista è perché “non è uno sport per signorine” se Rossi viene urtato è perché certi criminali dovrebbero stare a Guantanamo invece di correre nel motogp. Se Rossi cade è sfortuna, se cade un altro pilota è un povero imbranato che sta più steso di un tappeto.
Nelle ultime nove gare, Rossi ha vinto 2 volte. Le altre sette volte non è mai stato battuto da qualcuno, ma dalla sfortuna, da assassini prezzolati scesi in pista per farlo fuori, congiunture astrali, il terremoto, le cavallette. Non esistono altri piloti. Non esistono altre moto. Durante l'ultimo GP il giovane e roccioso Stoner ha vinto, secondo Meda, perché la pista prevedeva un rettilineo. Mi sembra abbastanza ovvio che in uno sport come il motociclismo, le motorette contino qualcosa, altrimenti si correrebbe a piedi (che con quelle tute sarebbe uno spettacolo imperdibile). Se un mezzo è più adatto a certi percorsi lo sarà meno su altri eppure non ho mai sentito dire che Rossi abbia vinto perché c'erano le curve. Giustamente. Poco importava, tra l'altro che piloti con la stessa velocità di punta di Stoner siano arrivati a decine di secondi dietro. Non è bravo Stoner, è solo perché lunga e dritta correva la strada. Sarebbe come dire che Pantani vinceva perché c'erano le salite. Ma non basta.
Nico Cereghini, noto all'ambiente delle due ruote per i suoi suggerimenti “luci accese anche di giorno, casco ben allacciato e prudenza, sempre” dispensati mentre sgasava in monoruota con una mano sola, si esibisce nel miglior pezzo di repertorio all'italiana: abbiamo perso? Significa che gli altri hanno barato. Nessuno scrupolo quindi a darsi un tono accennando, neanche troppo velatamente, alla possibilità che la Ducati abbia imbrogliato.
Credo che tutto il motociclismo non abbia che da perderci se queste sono le persone che hanno il compito di raccontarlo al grande pubblico. Credo che i tifosi, quelli alè buuu arbitro cornuto, dovrebbero stare sugli spalti, non nei salotti a fare gli opinionisti. Credo anche che un campione di quelli che nascono una volta ogni secolo come è Valentino Rossi, non abbia bisogno di questo manipolo di lacchè. A lui basta quell'insano polso e proprio per quello ha il diritto di imbufalirsi se, abituato ad arrivare davanti, gli capita di stare a ruota.
Prova dovrebbe esserne il fatto che Valentino Rossi, da anni, si è trasferito a Londra perché, a suo dire, con gli italiani proprio non si riesce a stare. Eppure (o proprio perché) qui sono tutti a suoi piedi.
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10 commenti:
Se fossi il classista qualunquista antidemocratico che aspiro a divenire, direi che si stava meglio quando si stava peggio e il motociclismo era uno sport da delinquenti scippatori come quelli dei film poliziotteschi, sicché non lo vedevi passare in TV manco se ti facevi di Lucy in the Sky with Diamonds.
Oggi invece il motociclismo è uno sport di massa, tanto che anche Massa potrebbe essere tentato di permutare la sua F1 con la motoretta Fiat di Valentino senza rischiare di rimetterci dei soldi.
Stanotte ho sognato che tu scrivevi questo post, i contatti aumentavano a dismisura, CLDH diventava un blog di massa e io, te e Spaggio ci trovavamo da un giorno all’altro con l’assetto tricologico di Meda. Che incubo. Meno male che non so guidare la motoretta.
Non avrai Sky, ma ti posso assicurare che anche se un pelino meglio rispetto a Italia1, anche i loro commentatori non brillano per obbiettività, fortunatamente arrivare ai livelli da sit-com di Meda non è ancora ipotizzabile per nessuno. Quello che più mi dispiace è che durante un qualsiasi gran premio i commenti tecnici siano vere rarità, d'accordo le battute, ma un tantinello più di professionalità e un po' meno tifoseria, come hai detto tu, non guasterebbe, e questa finora l' ho trovata per lo più nelle telecronache della Superbike di Vignando e Chili, non ci sarà un doctor Rossi, ma vedere Bayliss affrontare una curva o un sorpasso per quanto mi riguarda è un piacere di cui non privarsi.
eh sì postatore, meno male che non sai guidare la moteretta perchè è pericolosa, può capitare che cadi e ti fai male.
essenza dillo a me che mi godevo quello scippatore delinquente di Haga!!
poscritto
secondo me guido meda è un nome d'arte che deriva da guido e dalla milano-meda molto conosciuta tra i motociclisti lombardi
in effetti quando le moto della massima serie andavano ancora a miscela c'era meno confusione. E alle strette bastava dire "io guardo la superbike" e già si entrava in un club ristretto (non foss'altro che ricevere La7 non era cosa per tutti). Poi i tempi son cambiati (nel senso che son diventati quattro) creando una grande confusione. Soprattutto mediatica. Adesso che parlare di moto (gippì o essebikappa poco cambia) è diventato banale come disquisire di fuorigioco in effetti mi sento demodè a parteggiare per Valentino. Mi tocca addirittura tirare in ballo il TT per non essere omologato al tifoso da bar (o da sala stampa). Indiragionpercui, capisco se a Vale stan sulle balle i suoi tifosi, li sopporto sempre meno anch'io!
Quanto all'abitare a Londra, è stato per necessità (me l'ha detto Meda): Vale voleva andare ad abitare a Montecarlo, ma l'unico attico rimasto era di fronte a quello di Biaggi...
valentino rossi fa ca...beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeep!!
scusate ma 1 più scorretto nun c'era?
bellissimo post come tutti i tuoi, adesso ho imparato anche io che non so gnente di sport, io credevo che Rossi era il sopranome di uno perchè correva per la ferari :|
Non tutti i giornalisti sono come Gianni Clerici e Rino Tommasi, purtroppo.
parole sante!
Non volendo entrare nel merito delle capacità di Mede è pur vero che molti si sono avvicinati a questo sport anche grazie alla sue telecronache appassionate. Probabilmente qualcuno si è anche allontanato a causa sua...
di questo non sono convintissimo. il "grosso" dell'avvicinamento al motociclismo l'ha fatto la sbk secondo me.
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