giovedì 8 febbraio 2007

Il miracolo di S.Remo


Io non sono molto religioso, perciò di Sanremo so poche cose. Quelle che bisogna saperle per forza però le so. Per esempio so che è il santo patrono dei cantanti, i quali gli hanno dedicato un festival dove si trovano tutti insieme, solo che cantano uno per volta, cioè, uno per volta se sono cantanti single, in due se sono paola&chiara, in gruppo se sono un gruppo eccetera. Però mi pare che certe volte al festival di Sanremo c’è pure un’orchestra che suona e quindi, volendo, uno può andare lì a cantare e basta, senza portarsi dietro i musicanti. Se si fida, ovvio. Una volta Sanremo invece cantava in playback. Trattandosi di un santo, non oso immaginare chi fosse il doppiatore.
Uno di questi giorni discettavo con la mia amica, quella con cui devo andare in vacanza, esplorando il margine delle nostre specchiate intelligenze nel tentativo di valutare l’ordine di grandezza della misura in cui Sanremo ha in qualche modo scalfito il derma delle nostre rispettive esistenze. Lei ha sostenuto che Sanremo si pronuncia S. Remo, ma io le ho detto che no, che quella è una città della Liguria e non c’entra niente col festival. Lei ha insistito e allora ho capito che la mia amica è ancora meno religiosa di me. Comunque entrambi ci siamo confessati abbastanza confusi.
Lei, per esempio, di Sanremo ricordava di quando, ai tempi della scuola dell’obbligo, era a casa a studiare (lei, non S. Remo) e le canzoni dei cantanti uscivano dal televisore (le canzoni, non i cantanti) coprendo le distanze. Questo perché, dice lei, i suoi genitori seguivano il festival in TV, e quand’è così davvero non ti puoi salvare, le canzoni ti inseguono ovunque. Una cosa per me inspiegabile è come mai, visto che tutte le strofette di Sanremo fanno rima, alcune facciano più rima di altre e ti si mettano in testa a rompere le palle, visto che neanche sono belle. Boh. Però questo non vuol dire che le canzoni di Sanremo siano tutte brutte o i partecipanti tutti cani latranti. Per dire, tantissimi anni fa a Sanremo ci andò Vasco Rossi, uno che a vederlo adesso non te lo saresti mai aspettato: a quell’epoca aveva un sacco di capelli anche sopra la testa, non solo ai lati e dietro.
Sanremo, a modo suo, è ovunque. Come il Budda, ha detto la mia amica. Per esempio se giri nei serpentoni della casbah che c’è dentro qualsiasi autogrill dell’autostrada, di sicuro ti imbatti in un ciddì con qualche Sanremo di qualche anno qualsiasi. Somewhere in time.
Tra un po’ arriverà il festival di Sanremo 2007, quello nuovo, con su tutte canzoni inedite compresa qualcuna che però ricorda una vecchia canzone e allora dàje al plagiatore, e gli ambulanti che vendono i ciddì pirata di Sanremo avranno come al solito il ciddì di Sanremo 2007 in anteprima rispetto agli autogrill e rispetto alla conclusione del festival, anche.
Almeno credo, perché se così non sarà, allora vorrà dire che Sanremo è stato vietato come le partite di pallone e questo farebbe precipitare l’italica nazione nella dissolutezza derivante dalla mancanza di un qualsiasi punto di riferimento.
Quando Sanremo nuovo sta per arrivare, tutti i media si concentrano sull’argomento e sui presentatori, sulle vallette, sugli ospiti stranieri. Cose fondamentali, che rimangono. Io e la mia amica, per esempio, pur non avendo mai seguito il festival di Sanremo in maniera cosciente (lei, quella volta che le capitò, stava studiando nell’altra stanza) ci siamo messi lì a ricordarci i presentatori e abbiamo elencato Pippo Baudo, Pippo Baudo, Pippo Baudo eccetera. Poi ci siamo ricordati pure di quel comico toscano, come si chiama… Quello lì che lo hanno fatto incazzare e alla fine non s’è capito se aveva fatto bene a fare il presentatore invece di limitarsi all’imitazione di Renato Zero. Quanto alle vallette, io mi sono ricordato di quando c’erano Sabrina Ferilli ed Eva Herzigova, però questa cosa mi è stata contestata dalla mia amica: non era la Herzigova, era un’altra, tipo la Henger, che pure Eva si chiama. O era un altro anno. Non ci siamo saltati fuori. Anche perché in effetti scegliere una valletta bruna (Sabri) e una bionda (Eva, quale che fosse delle due) sarebbe stata veramente una trovata becera. Impossibile che sia successo davvero. Sugli ospiti stranieri, infine, abbiamo lasciato stare, perché si ha sempre l’impressione che siano gli unici pagati, tra tutti quanti lì.
Un’altra cosa che io so di Sanremo, e che forse dovevo scrivere all’inizio (ma ero confuso) è che è un concorso, cioè alla conclusione c’è un cantante (o un essere bino come paola&chiara, o una banda) che arriva primo, uno che arriva secondo eccetera, e certe volte per far vincere più gente includono categorie protette tipo cantanti esordienti o cantanti pensionati e diventa come la tombola, con ambo, terno, quaterna e tombolino. La mia amica di vacanza invece ha detto che è noto che Sanremo è truccato e chi vince si sa sempre prima che il festival incominci, insomma che è tutto un magna magna e che presto o tardi qualcuno andrà in galera, a meno che non li facciano chiudere anzitempo per scarsità di òdienz o di scèr. Quasi stremati, ci siamo interrogati a lungo sul perché chi vince Sanremo vende pochi dischi e chi perde ne vende tanti, e di ciò abbiamo provato condivisa meraviglia (strano, la meraviglia è figlia dell’ignoranza). A seguito di tutto ciò, oltre a meditare sulla digeribilità dei cannelloni di Angie, abbiamo dovuto inesorabilmente concludere che per essere gente che non caga Sanremo, ne sappiamo veramente troppo. Sicuramente molto di più di quel che sappiamo del concerto di capodanno, che pure seguiamo con regolarità.
Proprio quando stavamo per lasciar perdere abbiamo capito perché: il festival di Sanremo è una tappa molto importante e la si aspetta come un rito di passaggio. Il suo segreto è di durare un numero imprecisato di giorni durante i quali l’uomo, e a volte anche la donna (come nel caso della mia amica) si rende conto che l’inverno e finito, che i pomeriggi sono un po’ più luminosi e che in certi momenti ti sembra di scorgere il profumo verde della primavera. Ecco, questo è il miracolo di Sanremo. È da novembre che lo aspetto, quasi non ne posso più.

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