Mio cugino mi ha detto di uno che col passaporto in mano era andato in aeroporto per prendere l’aeroplanino mi pare per Richmond, Virginia, e manco gli avevano fatto fare il check-in perché ci voleva un passaporto speciale. E di un altro sbarcato mi pare a Denver, Colorado, e rimbalzato al mittente come un cane arrabbiato perché ci voleva un passaporto speciale. Mio cugino mi ha detto che coi passaporti per gli states è cambiato qualcosa, e siccome in america voglio andar mi sono allungato sino all’ufficio passaporti della questura a chiedere se è vera ‘sta storia che gli yankee ti rimbalzano se non ci hai ‘sto benedetto passaporto speciale e poi speciale in cosa, di grazia?
Un signore molto garbato e disponibile ed esauriente nell’esporre i fatti si è rivolto a me dandomi del lei, come si fa coi dottori, e mi ha detto che sì, ora per l’ingresso negli USA serve il passaporto a lettura ottica, mentre il mio non lo era (come pure non lo era quello dei rimbalzati in dogana di cui narrano i cantastorie).
Dentro di me s’è aperto un interrogativo: tutti leggiamo con gli occhi e la lettura è quindi necessariamente ottica, no? Vabbè, no, date le circostanze facciamo che sia oculare. Ma allora, come me la posso sbrigare?
Il signore dell’ufficio passaporti intanto ci aveva le sue belle gatte da pelare perché erano giorni di rinnovo del permesso di soggiorno e così c’era una fanfara di cittadini che attendevano non si sa bene cosa e per qual motivo e imprecavano in idiomi incomprensibili e non sempre eufonici e poi ogni tanto vedevi qualcuno che era felice. A questi cittadini il signore dell’ufficio passaporti dava cortesemente del tu.
Che il signore dell’ufficio passaporti, a modo suo, volesse indurmi a desiderare con maggior determinazione il documento necessario a espatriare? Non si sa. Resta il fatto che i cittadini apostrofati con il tu evidenziavano un assetto elettronico esterno molto meno stabile del mio che ero apostrofato con il lei. Uno di loro mi ha pure acciaccato un piede e manco mi ha chiesto scusa (o scusi). Io non lo so se ce l’aveva con me, ma nel caso non ne vedrei il motivo.
Comunque il garbato signore che dava del tu a quei caciaroni e del lei a me silenzioso e compunto nel mio ruolo di utente, in pratica ha riassunto ed esemplificato: lei, caro cittadino, col passaporto che ci ha adesso ci va dovunque ma non negli stati uniti. Se proprio vuole andare, mettiamo, a nuova york, lei deve chiedere il visto in ambasciata e ci vogliono cento euri e due mesi d’attesa perché c’è la coda. In alternativa, lei, caro cittadino italiano libero e gaudente dei diritti civili, può richiedere ‘sto moderno passaporto a lettura ottica, e in tal caso spende meno d’una cinquantina di euri e attende solo una quarantina di giorni.
Mi sono ricordato che questa necessità del visto per gli USA c’è sempre stata, per chi viaggiava per motivi di lavoro e non per turismo. Perciò era frequente incontrare in dogana qualche cameraman con tutto l’armamentario che dichiarava bellamente di essere un videoamatore cazzone in vacanza; questo però al gentile signore non l’ho detto per non urtarlo.
Esclusa la strampalata ipotesi del visto, mi sono lasciato sedurre dall’allettante proposta da 50 euro/40 giorni. All’uopo la Burocrazia mi ha domandato la fornitura di varie cose fra cui una marca da bollo da 40,29 euri (ho pagato con 41 euri e il tabaccaio, nell’impaccio del darmi il resto, s’è mostrato schifato della mia persona), la ricevuta di versamento di 5,92 euri all’ufficio postale (ho pagato con 6 euri e l’impiegato, nell’impaccio del darmi il resto, s’è mostrato schifato della mia persona), l’esecuzione di due foto tessera (quando ho visto com’ero venuto, mi sono schifato della mia persona).
Con ciò, assodato che nulla c’entra l’italico volere con le decisioni della immigration agency americana, mi sono purtuttavia domandato perché la Burocrazia non abbia previsto la possibilità di “conversione” del mio vecchio passaporto (valido) facendomi pagare solo il nuovo libretto e le foto invece di estorcere ulteriori bolli. Infine ho molto sofferto ancorché presentando la domanda per il nuovo passaporto, ho dovuto restituire il vecchio (di tre anni), tuttora valido e pagato per buono. Ma non potevo tenerlo durante questa quaresima d’attesa del nuovo yankee-allied passport, e magari usarlo per andare, che so, a Kutna Ora, Repubblica Ceca, ove m’avrebbero accolto, anziché a Big Tuna, Texas, ove m’avrebbero rimbalzato?
No, non potevo, perché in realtà io sono talmente figo che la Nazione non vuole rinunciare alla mia augusta presenza sul suo territorio. Il Paese, senza di me, è perduto, per cui è bene che io sia dissuaso in tutti i modi possibili dal recarmi all’estero. Quindi si favorisce innanzitutto la mia amicizia col tabaccaio (che ho poche occasioni di frequentare da quando ho smesso di fumare) e con l’impiegato delle Poste (versamento per il passaporto? Si parte, eh?) che di solito frequento solo per pagare le bollette e la rata condominiale. In sostanza il Sistema preferisce evitarmi di recitare la scomoda particina dell’italo figliuolo sperso nel Nuovo Mondo, dove tutti mi irriderebbero cianciando italiano pizza spaghetti mandolino e dandomi per giunta del tu (anche se “you” vuol dire “voi”, per la verità) come se fossi un caciarone qualsiasi, mentre qui mi danno del lei e io cosa faccio, invece? Ingrato, parto.
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